Lei scosse il capo. — Non e cosi facile, Chet. Non e cosi sem­plice.

— Perche no? Siamo insieme qui… cosa c'e di tanto compli­cato?

— Ma non c'e niente che ti turba? Stai galleggiando in un so­gno. Sei circondato da macchine belliche, vivi ogni minuto in mezzo al pericolo. Se una pompa si ferma o se un meteorite ci colpisce…

— Pensi di essere piu al sicuro, laggiu?

— Ma la vita e complessa, Chet. E l'amore… be', e molto di piu che puro divertimento.

— Certo che e di piu. Ma e fatto anche per essere goduto. Che cosa c'e di sbagliato nell'afferrare un'opportunita quando ti si presenta? Che cosa c'e di cosi maledettamente complicato o importante? Siamo al di sopra delle preoccupazioni e dei guai della Terra. Forse solo per poche ore, ma cio che conta e il mo­mento e il luogo, cio che conta siamo noi. Loro non possono toc­carci, non possono obbligarci a fare niente o impedirci di fare cio che vogliamo. Dipendiamo solo da noi stessi, capisci? Completa­mente.

Lei annui, gli occhi ancora spalancati con l'espressione di un animale spaventato. Ma le sue mani scivolarono intorno al corpo di lui e insieme galleggiarono verso il banco di controllo. Senza parlare, Kinsman spense tutte le luci, e l'unico chiarore era quello emanato dal pannello di controllo e dalle luci lampeggianti del computer con il suo incessante mormorio.

Ora erano nel loro mondo, nel loro cosmo privato, fluttuava­no liberamente e dolcemente nell'oscurita. Sfiorandosi, allonta­nandosi, accoppiandosi, cercando nuovi mari e nuovi continenti, essi esplorarono il loro mondo.

Jill rimase nell'amaca finche Linda non entro piano per vede­re se era gia sveglia. Kinsman sedeva al banco di controllo; non era stanco, ma stranamente intorpidito.

Il resto del volo fu semplice routine. Jill e Kinsman si occupa­rono delle rispettive mansioni, parlando solo lo stretto necessa­rio. Linda fece un breve sonnellino, poi torno a scattare le ultime fotografie. Finalmente ritornarono a carponi nel veicolo spaziale, si staccarono dal laboratorio e iniziarono la lunga parabola che li avrebbe riportati sulla Terra.

Kinsman diede un ultimo sguardo alla maestosa bellezza del pianeta, sereno e immoto tra le stelle, prima di premere il bottone che avrebbe fatto scivolare lo scudo termico davanti al suo oblo. Poi sentirono la spinta dei razzi, e si tuffarono nell'atmosfera, sapendo che un calore inimmaginabile li circondava in una stretta morsa e trasformava il piccolo velivolo in una fiammeggiante stella cadente. Schiacciato contro il sedile a causa della fortissima accelerazione, Kinsman lascio che il controllo automatico guidasse il rientro, attraverso il calore e le turbolenze, fino ad un'altez­za in cui il veicolo, munito di ali, avrebbe potuto volare come un aereo a reazione.

Riprese i controlli e punto il razzo verso la base aeronautica di Patrick, nel mondo degli uomini, del brutto tempo, delle citta, della gerarchia e delle regole. Lo fece da solo, in silenzio. Non aveva bisogno dell'aiuto di Jill ne di nessun'altro. Guido il veli­volo dall'interno della sua tuta pressurizzata, con lo sguardo puntato sul pannello attraverso il visore del casco.

Automaticamente, si mise in contatto con il controllo a terra e ottenne l'autorizzazione a sollevare lo scudo termico.

L'oblo gli mostro uno strato di nubi nere che si stendevano dal mare alla spiaggia, fino alla terraferma. Nei suoi auricolari si udivano le voci di molti altri uomini, ora: condizioni del vento, altitudine, velocita stimata. Sapeva, anche se non poteva vederli, che due aerei lo stavano seguendo, con le cineprese puntate sul velivolo in fase di rientro. Per avere delle prove se mi sfracello.

Si tuffarono nelle nubi e un'ondata di nebbiolina grigia li av­volse oscurando l'oblo. Gli occhi di Kinsman passarono allo schermo radar che si trovava alla sua destra. Il velivolo tremo, poi uscirono dalla coltre di nubi e videro il lungo e nero rettilineo della pista a breve distanza davanti a loro. Rilascio leggermente gli strumenti di guida, mentre le mani ed i piedi si muovevano istintivamente, sorvolo la rada vegetazione e porto il velivolo sul­la pista. Il carrello sfioro il terreno una prima volta, li fece rim­balzare leggermente e poi tocco di nuovo con un tremendo stri­dio. Corsero per piu di un miglio prima di fermarsi.

Si appoggio all'indietro sul sedile e senti il corpo ricoperto di sudore.

— Bell'atterraggio — disse Jill.

— Grazie — spense tutti gli strumenti, con gesti sicuri ed au­tomatici dovuti ad un lungo addestramento. Poi sollevo il visore del casco, si sporse verso l'alto e apri il portello.

— Capolinea — disse in tono stanco. — Tutti a terra.

Si arrampico attraverso il portello, sentendo di nuovo il pro­prio peso con un vago risentimento, poi aiuto Linda e Jill ad uscire dall'apparecchio. Saltarono sulla pista nera. Due furgoni, un'ambulanza e due autocarri dei pompieri si dirigevano verso di loro dai parcheggi all'estremita della pista, circa mezzo miglio piu avanti.

Kinsman si tolse lentamente il casco. Il caldo e l'umidita della Florida gli davano fastidio, ora. Jill camminava alcuni passi da­vanti a lui, verso i veicoli che si stavano avvicinando.

Si affianco a Linda. Lei si era tolta il casco ed aveva una bor­sa piena di pellicole.

— Ho riflettuto — le disse. — Sul fatto di condurre una vita solitaria… lo sai, non sei la sola. E non deve essere cosi. Posso venire a New York tutte le volte…

— Adesso chi sta prendendo le cose seriamente? — Il suo vi­so era di nuovo calmo, freddo, nonostante il caldo soffocante.

— Ma voglio dire…

— Ascolta, Chet. Ci siamo divertiti. Ora tu puoi raccontarlo ai tuoi amici, ed io ai miei. Ne ricaveremo un sacco di pubblicita. Sara utile per la nostra carriera.

— Non ho mai pensato… io non…

Ma lei aveva gia distolto lo sguardo, camminando in direzio­ne degli uomini che stavano accorrendo verso di loro dai camion. Uno di essi, un civile, aveva una macchina fotografica tra le ma­ni. Appoggio un ginocchio a terra e scatto una fotografia di Lin­da che teneva in mano la pellicola, sfoderando un largo sorriso.

Kinsman rimase li a bocca aperta.

Jill ritorno verso di lui. — Be'? Hai ottenuto quello che stavi cercando?

— No — disse lui adagio, — credo di no.

Lei gli tese la mano. — Non lo otteniamo mai, vero?

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