morte sotto le foglie, non sarebbe una gran perdita per lei, Dio sa che non lo sarebbe. Ma la zecca, testarda, ostinata e ripugnante, sta rannicchiata e vive e aspetta. Aspetta, finche il caso estremamente improbabile le porta il sangue sotto forma di un animale direttamente sotto l’albero. E soltanto allora abbandona il suo ritegno, si lascia cadere, e si aggrappa e scava e si attacca con unghie e denti alla carne altrui…

Una simile zecca era il bambino Grenouille. Viveva come incapsulato in se e aspettava tempi migliori. Al mondo non dava nulla se non i suoi escrementi; non un sorriso, non un grido, non un guizzo degli occhi, neppure un proprio odore. Qualsiasi altra donna avrebbe scacciato questo bambino mostruoso. Non cosi Madame Gaillard. Infatti non sentiva che lui non aveva odore, e non si aspettava da lui nessun moto dell’anima, perche la sua stessa anima era sigillata.

Gli altri bambini invece avvertirono subito che in Grenouille c’era qualcosa che non andava. Fin dal primo giorno il nuovo arrivato sembro loro sospetto. Evitarono la cesta in cui giaceva e accostarono l’uno all’altro i telai dei loro letti, come se la stanza fosse diventata piu fredda. La notte, talvolta, i piu piccoli strillavano: avevano l’impressione che una corrente d’aria fosse passata per la camera. Altri sognavano che qualcosa togliesse loro il respiro. Una volta i piu grandi si riunirono e cercarono di soffocarlo. Ammucchiarono vestiti, coperte e paglia sulla sua faccia e caricarono il tutto con mattoni. La mattina seguente, quando Madame Gaillard lo libero, lui era pesto, malconcio e blu, ma non morto. Ci provarono ancora un paio di volte, ma inutilmente. Strozzarlo addirittura, stringendolo al collo con le loro stesse mani, o tappargli la bocca o il naso, sarebbe stato un metodo piu sicuro, ma non osarono. Non volevano toccarlo. Provavano ripugnanza di fronte a lui come di fronte a un grosso ragno, che non si ha il coraggio di schiacciare con le proprie mani.

Quando fu piu grande, rinunciarono ai tentati omicidi. Si erano convinti che non c’era modo di eliminarlo. Si limitarono a sfuggirlo, a stargli lontani, a evitare qualsiasi contatto con lui. Non lo odiavano. Non erano neppure gelosi o invidiosi del suo cibo. In casa Gaillard non ci sarebbe stata la minima ragione per coltivare sentimenti simili. Semplicemente li disturbava il fatto che lui esistesse. Non riuscivano a sentire il suo odore. Avevano paura di lui.

5

Cio nonostante, da un punto di vista obiettivo, in lui non c’era proprio nulla che suscitasse paura. Quando crebbe, non era particolarmente alto, non forte, brutto si, tuttavia non cosi brutto da doverne provare spavento. Non era aggressivo, non falso, non subdolo, non provocava. Preferiva stare per conto proprio. Anche la sua intelligenza sembrava essere tutt’altro che temibile. Soltanto a tre anni comincio a reggersi su tutte e due le gambe, a quattro disse la sua prima parola, era la parola «pesci», che in un momento di eccitazione improvvisa gli usci fuori come l’eco di un ricordo, mentre da lontano un venditore di pesci risaliva Rue de Charonne e annunciava gridando la sua merce. Le parole che mise fuori in seguito furono «pelargonio», «caprile», «cavolo verzotto» e «Jacqueslorreur», quest’ultima il nome di un aiuto-giardiniere della vicina opera pia Filles de la Croix, il quale all’occasione sbrigava i lavori piu rozzi e piu pesanti per Madame Gaillard e si distingueva per non essersi mai lavato una volta in vita sua. Con i verbi, gli aggettivi e le particelle espletive aveva qualche difficolta. Eccetto «si» e «no» — che del resto pronuncio molto tardi — cacciava fuori soltanto sostantivi, anzi in verita soltanto nomi propri di oggetti concreti, piante, animali e persone, e anche allora solo quando questi oggetti, piante, animali o persone lo sconvolgevano all’improvviso con il loro odore.

Nel sole di marzo, mentre era seduto su una catasta di ceppi di faggio che scricchiolavano per il caldo, avvenne che egli pronunciasse per la prima volta la parola «legno». Aveva gia visto il legno centinaia di volte, aveva sentito la parola centinaia di volte. La capiva anche, infatti d’inverno era stato mandato fuori spesso a prendere legna. Ma il legno come oggetto non gli era mai sembrato cosi interessante da darsi la pena di pronunciarne il nome. Cio avvenne soltanto quel giorno di marzo, mentre era seduto sulla catasta. La catasta era ammucchiata a strati, come una panca, sul lato sud del capannone di Madame Gaillard, sotto un tetto sporgente. I ceppi piu alti emanavano un odore dolce di bruciaticcio, dal fondo della catasta saliva un profumo di muschio, e dalla parete d’abete del capannone si diffondeva nel tepore un profumo di resina sbriciolata.

Grenouille era seduto sulla catasta con le gambe allungate, la schiena appoggiata contro la parete del capannone, aveva chiuso gli occhi e non si muoveva. Non vedeva nulla, non sentiva e non provava nulla. Si limitava soltanto ad annusare il profumo del legno che saliva attorno a lui e stagnava sotto il tetto come sotto una cappa. Bevve questo profumo, vi annego dentro, se ne impregno fino all’ultimo e al piu interno dei pori, divenne legno lui stesso, giacque sulla catasta come un pupazzo di legno, come un Pinocchio, come morto, finche dopo lungo tempo, forse non prima di una mezz’ora, pronuncio a fatica la parola «legno». Come se si fosse riempito di legno fin sopra le orecchie, come se il legno gli arrivasse gia fino al collo, come se avesse il ventre, la gola, il naso traboccanti di legno, cosi vomito fuori la parola. E questa lo riporto in se, lo salvo, poco prima che la presenza schiacciante del legno, con il suo profumo, potesse soffocarlo. Si alzo a fatica, scivolo giu dalla catasta, e si allontano vacillando come su gambe di legno. Per giorni e giorni fu preso totalmente dall’intensa esperienza olfattiva, e quando il ricordo saliva in lui con troppa prepotenza, borbottava fra se e se «legno, legno», a mo’ di scongiuro.

Cosi imparo a parlare. Con le parole che non indicavano un oggetto dotato di odore, quindi con concetti astratti, soprattutto di natura etica e morale, aveva le difficolta maggiori. Non riusciva a ritenerle, le scambiava tra loro, persino da adulto le uso malvolentieri e spesso in modo sbagliato: diritto, coscienza, Dio, gioia, responsabilita, umilta, gratitudine ecc, tutto cio che queste parole dovevano esprimere per lui era e resto oscuro.

D’altro canto la lingua corrente ben presto non sarebbe piu bastata a definire tutto cio che aveva immagazzinato sotto forma di concetti olfattori. Presto riconobbe all’odore non soltanto il legno, bensi diverse specie di legno, legno d’acero, legno di quercia, legno di pino, legno d’olmo, legno di pero, legno vecchio, giovane, putrido, marcio, muscoso, persino singoli ceppi di legno, frammenti e schegge di legno: e all’odore ne percepiva le diversita con una chiarezza che altri non sarebbero mai riusciti ad avere con gli occhi. Similmente avveniva con altre cose. Che quella bevanda bianca che Madame Gaillard somministrava ogni mattina ai suoi pupilli venisse comunque chiamata latte, quando per la sensibilita di Grenouille ogni mattina aveva un odore e un sapore del tutto diversi, a seconda che fosse piu o meno calda, a seconda della mucca da cui proveniva, di quello che la mucca aveva mangiato, della crema che vi era stata lasciata e cosi via… che il fumo, una struttura olfattiva in cui si riflettevano centinaia di singoli aromi, che di minuto in minuto, anzi di secondo in secondo si trasformava in un miscuglio nuovo, come il fumo del fuoco, possedesse appunto soltanto quell’unico nome «fumo»… che la terra, il paese, l’aria, che a ogni passo e a ogni respiro erano colmi di un odore diverso e quindi animati da un’identita diversa, potessero essere definiti soltanto da quelle tre grossolane parole… tutte queste disparita grottesche tra la ricchezza del mondo percepito con l’olfatto e la poverta del linguaggio facevano si che il ragazzo Grenouille dubitasse del senso del linguaggio in genere, e si rassegnasse a farne uso soltanto quando i rapporti con altri esseri umani lo rendevano indispensabile.

A sei anni aveva gia una percezione totale del suo ambiente dal punto di vista olfattivo. In casa di Madame Gaillard non c’era oggetto, a nord di Rue de Charonne non c’era luogo, ne persona, ne pietra, albero, cespuglio o steccato, ne pezzo di terra cosi piccolo che non conoscesse e riconoscesse all’olfatto e che non custodisse per sempre nella memoria con la sua particolare unicita. Aveva collezionato diecimila, centomila odori peculiari e specifici, e li teneva a sua disposizione, con tale chiarezza, quando lo desiderava, che non soltanto li ricordava quando li percepiva di nuovo, ma li sentiva concretamente ogni volta che li ricordava; anzi, piu ancora, sapeva persino combinarli tra loro soltanto con la fantasia, e in tal modo creava dentro di se odori che nel mondo reale non esistevano. Era come se possedesse un gigantesco vocabolario di odori appresi automaticamente che lo metteva in grado di formare, quasi a suo piacere, una quantita di proposizioni olfattive nuove; e questo a un’eta in cui altri bambini, con le parole inculcate in loro a fatica, balbettavano le prime frasi convenzionali, del tutto inadeguate a descrivere il mondo. Tutt’al piu il suo talento si poteva paragonare a quello di un bambino-prodigio in fatto di musica, che avesse carpito alle melodie e alle armonie l’alfabeto dei singoli toni e ora componesse da se melodie e armonie del tutto nuove… naturalmente con la differenza che l’alfabeto degli odori era di gran lunga piu vasto e piu differenziato di quello dei toni, e inoltre con la differenza che l’attivita creativa del bambino-prodigio Grenouille si svolgeva soltanto dentro di lui e non poteva essere percepita da altri che da lui stesso.

Nei confronti del mondo esterno divenne sempre piu chiuso. Di preferenza andava a passeggiare da solo

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