Pomodoro e talmente arrabbiato che non si ricorda piu dell'effetto che gli fece quella tiratina di capelli e tira di nuovo, con tanta forza, che va a finire allo stesso modo: una ciocca gli resta in mano e subito Pomodoro sente quel terribile pizzicorino agli occhi e le lacrime gli cadono dalle palpebre, grosse come noci e sul pavimento fanno tac, tac…

Questa volta pero Pomodoro non piangeva solo per effetto dei capelli. Piangeva anche di rabbia, perche aveva compreso tutto.

— E' la fine! E' la fine! — pensava amaramente il Cavaliere, annegando nelle proprie lagrime.

E noi lo lasceremmo annegare volentieri ma Cipollino e generoso e lo salva, cosi Pomodoro puo scappare giu per la torre e andare a chiudersi nella sua stanza a piangere.

Che babilonia, allora, ragazzi.

Si sveglia il Principe, corre fuori, vede la bandiera e senza dire ne uno ne due infila un viale e va a gettarsi di nuovo a capofitto in un letamaio, nella speranza che non lo trovino.

Si sveglia il Barone e chiama Fagiolone, Fagiolone non si sveglia, ma comincia a tirare la carriola ad occhi chiusi. Quando pero arrivano nel cortile del Castello, la luce del sole lo sveglia. Ma si vede un'altra luce, oltre quella del sole. Che cos'e? Fagiolone alza gli occhi e vede la bandiera, e appena la vede e come se avesse ricevuto la scossa elettrica.

— Tieni la carriola! Tieni la carriola! — urla il Barone spaventato.

Ma Fagiolone non tiene la carriola, e il Barone rotola vergognosamente giu per la china, come quella volta che schiaccio una ventina di generali, e va a finire nella vasca dei pesci rossi, e ci vuoi del bello e del buono per ripescarlo.

Si sveglia il Duchino Mandarino, corre alla vasca, balza sulle ali dell'angelino che getta acqua dalla bocca e grida:

— Togliete subito la bandiera altrimenti mi affogo!

— Vediamo se e vero! — dice Fagiolone, e gli da una spinta.

Poco dopo ripescano il Duchino con un pesce rosso in bocca.

Povero pesce rosso, credeva di andare a esplorare qualche nuova caverna: e l'unico che ci rimette la vita. Pace alle sue pinne gloriose.

Da questo momento gli avvenimenti precipitano e noi li lasciamo precipitare: i giorni cadono uno sull'altro come i foglietti di un calendario, passano le settimane a sette a sette e noi non facciamo a tempo a vedere niente, come quando al cinema la macchina impazzisce, e appena torna a girare abbastanza piano perche noi si possa finalmente vedere che cosa succede, tutto e cambiato.

Il Principe e le Contesse sono andati in esilio! Per il Principe, la cosa e chiara, ma le Contesse perche se ne sono andate? Nessuno voleva far loro del male. In fin dei conti, pero, se sono andate in esilio, buon pro gli faccia.

Il Barone e diventato magro come uno stecco.

I primi tempi della Repubblica, siccome non trovava nessuno che gli portasse la carriola, non poteva andare in giro a procurarsi da mangiare e gli tocco di vivere sulle sue riserve di grasso, consumandole rapidamente. In due settimane perse quasi meta del suo peso, ossia alcuni quintali.

Quando fu in grado di camminare comincio a chiedere l'elemosina agli angoli delle strade, ma gli sputavano nella mano e non gli davano niente.

— Tu non sei un povero, sei un finto povero: va piuttosto a lavorare.

— Non trovo un impiego!

— Va alla stazione a portare le valigie.

Cosi fece il Barone, e a forza di portare valigie divenne affilato come un coltellino da tasca. Di un vestito solo ne ha fatto fuori una mezza dozzina. Un vestito pero lo ha conservato allo stato naturale: quando lo andate a trovare, ve lo mostra in gran segreto.

— Guardate! — dice. — Guardate com'ero grasso una volta!

— Non e possibile! — dite voi stupiti.

— Non ci credete, eh? — sogghigna il Barone, trionfante. — Informatevi, informatevi! Ah, quelli erano tempi! Mangiavo in un giorno quello che adesso mi basta per tre mesi. Guardate che pancia, che schiena, che sedere!

Il Duchino? Ah, lui non muove un dito, e campa alle spalle del Barone. Ogni volta che il Barone gli nega qualcosa, sale in cima ai pali della luce e minaccia di uccidersi, se non sara soddisfatto. E il Barone, che di quando era grasso ha conservato soltanto il cuore, lo accontenta sospirando.

Il sor Zucchina non sospira piu, invece: e diventato giardiniere capo del Castello, e Pomodoro e ai suoi ordini. Vi dispiace che Pomodoro sia ancora in circolazione? Hanno perdonato anche a lui. Adesso pensa solo a piantar cavoli e a falciare l'erba. Qualche volta si lamenta, e vero, ma solo di nascosto, quando incontra don Prezzemolo, che e diventato il bidello del Castello.

Un Castello col bidello? Vi sembrera strano, ma e cosi. Il Castello non e piu un castello, ma una casa da gioco. Per ragazzi, si capisce: c'e la sala del ping-pong, la sala del disegno, la sala dei burattini, quella del cinema, eccetera eccetera. Naturalmente c'e anche il gioco piu bello, ossia la scuola: Cipollino e Ciliegino siedono uno accanto all'altro, nello stesso banco, e studiano l'aritmetica, la lingua, la storia e tutte le altre materie che bisogna conoscere bene per difendersi dai birbanti e tenerli lontani.

— Perche, — dice sempre Cipollone a suo figlio, — i birbanti al mondo sono molti. E quelli che abbiamo cacciato potrebbero tornare.

Ma io sono sicuro che non torneranno. Non tornera nemmeno il sor Pisello, che e scappato senza farsi vedere, perche aveva troppi peccati sulla coscienza.

Dicono che faccia l'avvocato in un paese straniero, ma a me non me ne importa. Sono contento che sia uscito dalla nostra storia prima che la storia sia finita. Mi sarebbe seccato trascinarmelo dietro proprio fino in fondo. Dimenticavo di dirvi che il Sindaco del villaggio e Mastro Uvetta, il quale, per essere all'altezza della sua nuova posizione, ha completamente perso il vizio di grattarsi la testa con la lesina. Solo nei casi piu gravi si da una grattatina con la matita, ma roba da poco.

Una mattina si sono trovati i muri del villaggio tappezzati di grosse parole che dicevano:

— Viva il Sindaco.

La sora Zucca ha sparso la voce che gli evviva siano stati scritti proprio da Mastro Uvetta.

— Bel sindaco, — dice la comare, — che va in giro di notte a scrivere sui muri.

Ma questa e una bugia. Le scritte sono di mano di Pirro Porro. Anzi, non di mano, ma di baffo. Pirro Porro, infatti, ha scritto sui muri coi baffi, dopo averli intinti nell'inchiostro. Questo ve lo posso dire perche siccome non avete ancora i baffi non vi verra in mente di imitare Pirro Porro, e non potrete fare disastri.

Adesso la storia e proprio finita. E' vero che ci sono altri castelli e altri birbanti al mondo, oltre i Limoni. Ma uno per volta se ne andranno e nei loro parchi ci andranno i bambini a giocare. E cosi sia, amen.

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