situazione?»

La guardai negli occhi e accarezzai l’ipotesi di mentire.

«No,» dissi. «Io sto benissimo. Ma lui ha veramente qualcosa che non va.»

La lasciai seduta dietro la scrivania e ripercorsi il lungo corridoio verso il mondo esterno, dove potevo fumare e respirare» aria di prima mano e dove i miei problemi erano solo parte di cio che io ero.

«E adesso che si fa, Bobby?»

Silenzio. Era di nuovo scomparso. Da qualche parte nel mondo degli spiriti con una birra e un ghigno, a mandare fuori di testa gli altri fantasmi.

Il pomeriggio volgeva al termine; stavo sorseggiando una birra standomene seduto a un tavolo all’aperto dell’Espresso, un bar proprio all’angolo della strada dell’albergo. I miei piedi erano affaticati e doloranti. San Francisco e senz’altro un bel posto, ma francamente ha troppe colline.

Alla faccia del fallimento totale della mattina, avevo fatto l’unica altra cosa a cui ero riuscito a pensare. Forse, pensai, forse non era nemmeno entrato nel sistema. Forse era stato semplicemente raccolto da qualcuno per la strada, che so, dalla moglie di qualche negoziante. Sapevo che questa era una fantasia scaturita dai discorsi di Mrs. Dupree sui treni di bambini nel Midwest, ma realmente non vedevo nessuna altra via percorribile e dovevo fare qualcosa per trovarlo. Ero andato alla deriva per troppo tempo. Questo era un compito che spettava solo a me, a nessuno altro.

In assenza di una qualche prova visiva utile, tentai con un altro approccio. Sapevo che i miei genitori non erano persone da gettare un bambino in pasto ai lupi. Probabilmente avevano lasciato il piccolo da qualche parte che reputavano non apertamente pericolosa e dove sarebbe potuto transitare un discreto numero di passanti. Erano a piedi e c’e un limite alla distanza che puoi percorrere con dei bambini di due anni. Percio era probabile, o almeno possibile, che l’obiettivo della mia ricerca potesse limitarsi a un quartiere trafficato a pochi passi da Union Square. Nel peggiore dei casi sarebbe stato comunque un luogo rispondente a quelle caratteristiche, ma situato lungo una linea del tram.

Cosi comprai una mappa della citta e cominciai a camminare. Non trovai nulla, il che significava che non avevo nessun altro posto dove andare. Un paio di mesi prima ci avevo provato, rispondendo a un’e-mail di Paul. Il mio messaggio ritorno indietro nel giro di un’ora, indirizzo inesistente, sconosciuto, impossibile da trovare. I suoi messaggi non erano tentativi di dialogo, ma enunciazioni. Anche da li non era venuta nessuna traccia.

Terminai la mia birra e percorsi a piedi la breve distanza che mi separava dall’hotel. Mentre attraversavo la reception sentii qualcuno che chiamava il mio nome. Mi voltai lentamente.

Il giovane che era dietro al bancone aveva in mano un pezzo di carta. «C’e un messaggio per lei.»

La cosa suonava strana. Nessuno sapeva dove mi trovavo. Le poche persone che avrei avuto piacere di sentire mi avrebbero chiamato sul cellulare. Mi avvicinai al bancone sentendomi come se avessi un bersaglio disegnato sulla schiena.

Presi il foglio, ringraziai il ragazzo e mi allontanai. Quando aprii il messaggio vidi questa frase:

«Questa donna puo aiutarla. Se vuole.»

C’era il numero di telefono di una sconosciuta e il nome della persona che aveva lasciato il messaggio per me: era Muriel Dupree.

Dopo una telefonata, un breve giro in Internet e una doccia veloce tornai nuovamente di sotto e presi un taxi fuori dall’hotel. Ci volle un po’ di tempo prima di trovare qualcuno disposto a portarmi nel posto dove dovevo andare, ovvero dall’altra parte della baia e poi ancora un bel po’ piu lontano. Il tassista che riuscii a convincere esigette un extra che consisteva nel prestare orecchio a una lunga serie di diatribe. Fortunatamente l’uomo era troppo preso dalla sua dialettica per lasciarmi un ruolo recitante. Io grugnivo e ogni tanto dicevo: «Giusto,» continuando a guardare fuori dal finestrino mentre la citta prima e i sobborghi poi scorrevano davanti ai miei occhi.

Avevo fatto una telefonata ai Servizi Sociali, sperando di parlare con Mrs. Dupree, ma senza successo. Avrei fatto meglio a tornare indietro nel tempo. Dunque, non avevo la minima idea di chi stessi andando a incontrare, ma la ricerca su Internet mi aveva informato che il numero apparteneva a una certa Mrs. Campbell e mi aveva rivelato dove viveva. E una delle poche cose che so fare. Certo, l’intenzione di Muriel era ovviamente quella che io chiamassi, chiedessi un appuntamento, dichiarassi di cosa mi occupavo e, piu in generale, facessi le cose come andavano fatte. Naturalmente, me ne ero infischiato. Non sapevo assolutamente chi fosse questa persona o che cosa Muriel pensasse che la donna potesse dirmi, ma la mia limitata esperienza in questo genere di cose mi diceva che ti avvicini maggiormente alla verita se non informi in anticipo che stai venendo a cercarla. E so di cosa sto parlando. Bobby e io ci eravamo conosciuti quando lavoravamo entrambi per la CIA.

Alla fine il tizio alla guida smise di parlare e comincio a consultare una mappa. Ci allontanammo sempre di piu dalle arterie principali e alla fine ci ritrovammo in un groviglio di strade residenziali. Il quartiere era bianco, mezzo malandato, sicuramente non il sogno di un agente immobiliare. Lo percorremmo avanti e indietro per un po’ prima che mi impadronissi della mappa per dare le indicazioni del caso al tassista. Ci fermammo a meta di una strada costellata da piccole abitazioni in legno, ognuna fornita di un piccolo pezzo di terreno.

Scesi dalla macchina e pagai. Intorno non c’era nessuno.

«Se stai cercando del divertimento sei venuto nel posto sbagliato,» disse il conducente e poi riparti.

Attesi fino a quando non fu fuori dalla visuale e poi tornai indietro di una cinquantina di metri lungo la strada dalla quale eravamo arrivati, in quanto avevo deliberatamente dato un indirizzo non esatto. La via che cercavo era in realta a due strade di distanza e dopo aver camminato per un paio di minuti trovai la casa che dovevo visitare.

Percorsi un piccolo sentiero e salii due gradini che immettevano in una veranda. Era stata dipinta di bianco solo pochi anni prima, e presto ce ne sarebbe stato di nuovo bisogno. Cercai un campanello, ma non ne trovai, cosi bussai. Non avevo il minimo dubbio sul fatto che la donna fosse in casa.

Dopo qualche minuto sentii un rumore provenire da dietro la porta, e poi qualcuno apri. Nell’ombra si stagliava una figura minuta.

«Mrs. Campbell?» domandai.

Lei non disse nulla, ma si sporse lentamente verso la porta intermedia e la apri leggermente. Attraverso la fessura vidi una donna intorno ai settanta, con i capelli ancora curati, ma con un viso grigio e gonfio; c’era anche un’espressione di profonda sorpresa su quel volto. Mi guardo negli occhi, poi dall’alto in basso e poi di nuovo negli occhi.

«Mio Dio,» disse alla fine, continuando a fissarmi. «Allora era vero.»

Capitolo sei

Quando il telefono squillo Nina era sulla sua cosiddetta sdraio. «Cosiddetta» perche il termine «sdraio» suggerisce un grado di rilassamento e confort che lei semplicemente non poteva permettersi. In teoria era li fuori per pensare; ma a dire il vero stava dormendo. In ufficio non riusciva a seguire il filo dei suoi pensieri per via del rumore degli uomini che andavano avanti e indietro, che urlavano al telefono, che erano sempre attivi e ostentavano un atteggiamento professionale. Aveva gia notato che una delle principali implicazioni dell’essere uomo consisteva nel fatto che dimostrarsi all’altezza, compiere il proprio dovere, non era abbastanza. Doveva essere ben presente agli occhi di tutti che tu eri li, e che stavi facendo bene il tuo lavoro. Nina trovava che la sua terrazza fosse un posto ideale per pensare, molto meglio del resto della casa. Doveva andarsene, lo sapeva; soprattutto dopo che le cose non avevano funzionato con John, sentiva che quella casa era come infastidita e stanca di lei, e lasciava a desiderare da qualsiasi punto di vista. Era sulle colline di Malibu, il che era fantastico, ma lei poteva permettersi l’affitto solo perche l’edificio cadeva a pezzi. Il pavimento in cemento del soggiorno era spaccato al centro e la fessura era abbastanza larga da infilarci dentro tre dita. La piscina era stata distrutta in un incendio molto tempo prima che lei si trasferisse li. Una bella scossa di terremoto, e la veranda sarebbe finita nel Pacifico; altre due scosse, e la casa l’avrebbe seguita. Per qualche motivo, la prospettiva non l’aveva mai inquietata eccessivamente. Alcuni fumavano. Nina invece se ne stava seduta in veranda.

Aveva passato il resto della giornata per strada e negli uffici, al telefono, esaminando accuratamente

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