Richard Laymon

Melodia in nero

Anche le taccole e gli sciacalli tremavano e avevano paura quando strani allarmi, creando caos, si propagavano nella notte.

HENRY LOVEWORTH, The Portent

Ai miei genitori Kathleen e Kelly Laymon che mi hanno messo al mondo, mi hanno allevato con amore e mi sono stati sempre vicini. Con amore.

1

Bodie si dimeno sulla sedia alla ricerca di una posizione piu comoda. Impossibile. La sedia era stata progettata da un sadico.

Anche la musica.

Avrebbe potuto essere al cinema. O a casa, sdraiato in poltrona a leggere un libro. Invece eccolo li, nella Wesley Hall, su una sedia che gli bucava le ossa ad ascoltare un quartetto per archi.

La musica continuava.

Noiosa da morire. Doug Kershaw o Charlie Daniels, loro si che sapevano come si suona un violino.

Melanie, naturalmente, non avrebbe battuto il piede ne si sarebbe agitata al ritmo della musica.

Infatti sedeva statica come una morta, la schiena rigida e suonava cio che sembrava lo sfondo musicale di Quattro rammolliti all’ora del te.

Malinconica Melanie.

Ricordava un poeta che medita il suicidio. Magra, quasi spettrale. Capelli neri lucenti che le raggiungevano le spalle. Grandi occhi tristi in un viso cosi bianco da sembrare trasparente. Un lungo collo pallido e vulnerabile. E il collarino, naturalmente, una di quelle strisce di velluto attorno al collo.

Bodie trovava quei nastrini molto erotici. Specialmente quando lei non indossava altro.

«Se lo slaccio la testa si stacca?» le aveva chiesto una volta.

«Forse.»

A cavalcioni su Melanie, lui aveva allungato la mano per levare il nastro di velluto.

Lei aveva sussurrato: «Non ancora». Poi aveva aggiunto: «Ora».

Sensibile e paurosa, ma non priva di senso dell’umorismo.

Bodie cambio posizione sulla sedia. Si senti un po’ meglio dopo aver accavallato le gambe. Stavolta era stato abbastanza furbo da scegliere un posto in prima fila. All’ultimo concerto era cosi compresso da non riuscire neppure ad accavallare le gambe. Guardo l’orologio: dieci minuti alle nove. Erano gia trascorsi cinquanta minuti, ne mancavano ancora settanta. Si chiese se sarebbe sopravvissuto cosi a lungo.

La fine del pezzo fu sottolineata da un tranquillo applauso, e Bodie batte le mani piu forte di tutti.

Penseranno che ho apprezzato il pezzo. Proprio cosi, apprezzo il fatto che sia finito.

Melanie lo guardo. La sua espressione non cambio. Distaccata, solenne e altera. Bodie le strizzo l’occhio.

Lei si affretto a distogliere lo sguardo, ma arrossi. Un po’ di colore apparve su collo e faccia. Si mosse leggermente, poi irrigidi la schiena piu di prima e appoggio fermamente il mento contro il violino nell’attesa di riprendere a suonare.

La nuova melodia risuono identica a quella precedente.

Ci risiamo.

Bodie guardo di nuovo l’orologio. Erano trascorsi soltanto due minuti.

Non preoccuparti, si disse. Finira. Alla fine. Poi la liberta. Potrai stirarti, rilassarti. Una lunga passeggiata fino a Sparkey’s. Una pizza al salame e un boccale di birra. Sollievo.

Basta resistere fino alle dieci.

Ma c’e qualcuno a cui piace realmente questa musica? La sala era abbastanza affollata. Non era possibile che i presenti fossero tutti fidanzati, parenti o amici dei suonatori. Be’, molti erano studenti e insegnanti della scuola di musica. Probabilmente si bevevano il concerto, allo stesso modo in cui Melanie…

Lei si piego come se le avessero sferrato un calcio nella schiena, anche se dietro di lei non c’era nessuno. Si porto le mani al viso. Il violino cadde sul pavimento. Il violoncellista alla sua sinistra fece appena in tempo a evitare l’archetto. La ragazza emetteva strani suoni soffocati, un tremito le scuoteva il corpo.

Bodie balzo in piedi e corse verso di lei.

Un infarto?

Un colpo apoplettico? Epilessia?

Bodie si fermo davanti a Melanie, facendo attenzione a non calpestare il violino, e le afferro i polsi. Le braccia rigide della ragazza si contorsero nella stretta come pervase da una scarica elettrica.

«Melanie!» La voce di lui non ebbe nessun effetto.

Bodie le immobilizzo le braccia ai lati del corpo. Il viso della ragazza era a pochi centimetri dal suo, grigio e contorto, gli occhi rovesciati, la lingua penzoloni. La saliva le colava sul mento. Il suo respiro sibilante alitava caldo sulla faccia di Bodie.

Qualcuno inciampo su di lui. Si accorse che erano circondati da una folla. Le persone mormoravano, alcune facevano domande, altre pronunciavano consigli.

«Indietro!» grido Bodie.

Era spaventato. Non era mai stato cosi spaventato. Era come se Melanie fosse stata colpita da una scossa elettrica.

«Un medico», disse una voce dietro di lui. «Chiamate un medico o un’ambulanza.»

«Si, fate presto!» grido Bodie.

La sedia di Melanie s’inclino di colpo mentre lei puntava i piedi sul pavimento. La sedia cadde e si abbatte su di lui. Bodie che stava tirando le braccia di Melanie perse l’equilibrio e barcollo all’indietro. Qualcuno cerco di afferrarlo, inutilmente. Cadde a terra, con sopra la ragazza la cui fronte gli picchio sul naso.

A un tratto il tremito cesso e la rigidita del corpo di Melanie si attenuo. Giaceva immobile. Bodie senti il sapore del sangue che dal labbro superiore gli gocciolava in gola. «Stai bene?» domando.

Melanie scosse la testa. «Devo andare a casa», mormoro. Guardo la folla raccolta attorno a loro. «Mi dispiace», aggiunse, e scoppio in lacrime.

Assicurarono a tutti che entrambi stavano bene. L’ambulanza non era ancora stata chiamata. Bodie declino l’offerta di essere accompagnato all’ospedale. Con il fazzoletto premuto sul naso, spiego che lui stesso avrebbe accompagnato Melanie all’ospedale per un controllo. Lei annui con un cenno del capo, ma non piangeva piu. «Non e niente», disse. «Grazie. Grazie a tutti.»

Una componente del quartetto le porto la custodia del violino. «C’e tutto», disse la ragazza. «Il violino e intatto.»

Alcuni del gruppo rimasero con loro mentre lasciavano la sala, offrendo simpatia e frasi d’incoraggiamento, pronti ad aiutare in caso di ricaduta. Il professor Trueblood, capo del settore musicale, li precedette e apri le porte. «Ho la macchina qui dietro», disse. «Vi accompagno al Pronto Soccorso. Insisto.»

«Davvero, sto bene», replico Melanie. «Grazie, comunque.»

«A lei ci penso io», lo rassicuro Bodie attraverso il fazzoletto inzuppato.

«Anche lei ha bisogno di cure, giovanotto.»

«Io sto bene.»

Il professor Trueblood li guardo allontanarsi dalla porta della Wesley Hall mentre i due giovani si

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