— Sara una missione a tre!

— Due uomini e la pollastra.

Tenny li ammoni: — Adesso non cominciate a fare i buffoni; Murdock vuole uno chaperon, non un assistente violentatore.

Fu Kinsman ad arrivarci per primo. Accasciandosi sulla se­dia, e appoggiando il mento sul petto, mormoro: — Figlio di put­tana… ci manda dietro Jill.

Un mormorio collettivo di disapprovazione.

— Murdock ha preso la decisione un'ora fa — disse Tenny. — Era obbligato a mandare te, Chet, cosi ha avuto l'idea di uno chaperon. Ti assegnera anche qualche lavoretto domestico per te­nerti occupato. Come ad esempio collegare il modulo del genera­tore.

— Jill Meyers — disse uno degli ufficiali con aria disgustata.

— Ha le carte in regola, ed e stata lei a seguire la ragazza del Photo Day durante tutto l'addestramento. Scommetto che ne sa piu lei su questa missione di tutti voi ragazzi.

— Non mi stupirebbe.

— Infatti — aggiunse malizioso Tenny, — penso che lei sia il capitano anziano tra tutti voi pivellini.

Kinsman fece un solo commento: — Merda.

Il rumore e le fortissime vibrazioni del decollo cessarono al­l'improvviso. Sprofondato nel sedile anatomico, e occupato a controllare file di quadranti e indicatori a pochi centimetri dai suoi occhi, Kinsman senti la tensione e la pressione allentarsi. Tuttavia non stava ritornando al livello normale, ma a zero. Non era piu schiacciato contro il sedile, ma ora lo sfiorava appena, quasi galleggiando sopra di esso, trattenuto solo dalle cinture.

Era la quarta volta che si trovava in assenza di peso. E nono­stante tutto si lascio sfuggire un sorriso dentro il casco ingom­brante.

Senza pensarci, sfioro il bottone di controllo sul bracciolo del sedile. Un razzo di manovra si accese per un attimo e la massa lu­minosa e imponente della Terra apparve lentamente nell'oblo di fronte a Kinsman. Scivolava maestosa e serena, per lo piu di un azzurro intenso, ma qua e la avvolta dal bianco puro ed accecan­te delle nuvole, bella, pacifica, splendente.

Kinsman avrebbe potuto restare per sempre a guardarla, ma nella sua cuffia udi alcuni suoni di movimento. Le due ragazze si erano sedute, fianco a fianco, dietro di lui. La cabina del veicolo spaziale faceva sembrare spazioso un sottomarino: i tre sedili erano incassati in mezzo a montagne di strumenti e vario equipag­ giamento.

Jill Meyers, che era arrivata al programma astronautico dalla divisione medica aerospaziale, aveva ufficialmente le mansioni di secondo pilota e di ufficiale biomedico. E chaperon,come ben sapeva Kinsman. La fotografa, Linda Symmes, era semplicemen­te una passeggera.

Gli auricolari di Kinsman gracchiarono quando entro in con­tatto con la Terra. — AF-9, qui e il contatto a terra. Confermia­mo l'entrata in orbita. Traiettoria nominale. Tutti i sistemi in or­dine.

— Ricevuto — disse Kinsman nel microfono del casco.

La voce, che cominciava a svanire, passo ad un tono meno formale. — Sembra che siate proprio dritti sull'obbiettivo, Chet. Abbiamo messo i parametri orbitali nel computer e saranno pronti per quanto passerete su Ascension. Probabilmente non dovrete ricorrere a manovre troppo complicate per effettuare il rendez-vous con il laboratorio.

— Bene. Sul mio pannello le luci sono tutte verdi.

— Okay. Controllo a terra chiude. — Sempre piu debole. — E… Buona fortuna, Padre Fondatore.

Kinsman fece una smorfia. Alzo la visiera del casco, slaccio la cintura e si volto. — Okay, ragazze, ora potete togliervi il casco, se volete.

Jill Meyers apri la visiera e comincio ad allentare la chiusura posteriore del casco.

— Comincio io — disse, — cosi poi posso aiutare Linda.

— Sicura che non ti serve aiuto? — si offri Kinsman.

Jill si tolse il casco. — Io ho passato piu ore di te in orbita. E poi non dovresti fare attenzione agli strumenti?

Allora sara questa la musica,penso Kinsman.

Jill aveva un viso rotondo, bruttino e lucido come una mone­ta da un penny nuova. Il naso era camuso, la bocca larga e i ca­pelli di un castano spento. Kinsman sapeva che sotto la tuta a pressione nascondeva una figura che al massimo poteva essere descritta come ordinaria.

Linda Symmes era tutta un'altra cosa. Aveva sollevato la vi­siera del casco e lo stava fissando con gli occhi spalancati, occhi azzurri in cui la curiosita femminile si univa ad un tocco di vulne­rabilita. Era alta quasi quanto Kinsman, con folti capelli color del miele ed un corpo che gli si era impresso nella mente fino al­l'ultima curva.

Con quella sua voce dolce e sonora disse: — Penso di essere sul punto di sentirmi male.

Oh, per…

Jill si sporse verso lo scomparto tra i loro due due sedili. — Ci penso io. Tu occupati dei controlli. — Apri un sacchetto di plastica bianca e lo mise sul viso di Linda.

Tremando al pensiero di quello che sarebbe potuto capitare in caduta libera, Kinsman rivolse la sua attenzione al pannello dei comandi. Richiuse la visiera del casco e apri la ventilazione nella propria tuta, cercando di escludere dalla mente i rumori osceni degli sforzi di Linda.

— Per amor del cielo — grido, — spegni la sua radio! Vuoi che mi metta a vomitare anch'io?

— AF-9, qui e Ascension.

Cercando di non pensare a quello che stava succedendo dietro di lui, Kinsman schiaccio il pulsante sul pannello delle comunica­zioni. — Avanti, Ascension.

Durante l'ora seguente, Kinsman ringrazio Dio di avere un sacco di lavoro da fare. Allineo l'orbita del loro veicolo a tre po­sti con quella del laboratorio orbitante dell'Aeronautica, che or­mai era lassu da piu di un anno e veniva occupato saltuariamente da equipaggi composti da due o tre persone.

Il laboratorio aveva la forma di un grosso cilindro che risal­tava sul bianco brillante della coltre di nubi che ricopriva la Terra. Mentre portava il velivolo piu vicino, Kinsman fu in gra­do di individuare le antenne, i portelli stagni e tutte le altre stra­ne apparecchiature che si erano accumulate sopra di esso. Ad ogni viaggio sembra diventare sempre piu un ammasso di ferra­glie. Nella scia del laboratorio, non collegato ad esso in alcun modo, vi era la forma conica e massiccia del nuovo gruppo elet­trogeno.

Kinsman compi un giro intorno al laboratorio, usando con cautela i razzi di manovra. Sfioro un interruttore e il faro radar per il rendez-vous si attivo, come confermava una luce accesa sul suo pannello di controllo.

— Tutti i sistemi sul verde — disse al controllo a terra. — Sembra tutto okay.

— Roger, AF-9. Siete autorizzati ad attraccare.

Questa era una cosa un tantino piu delicata. Sarebbe utile se Jill potesse leggermi i dati del computer…

— Distanza ottantotto metri — disse la voce ferma di Jill nei suoi auricolari. — Angolo di avvicinamento…

Istintivamente Kinsman si volto, ma il casco gli impedi di ve­derla. — Ehi, come sta la tua paziente?

— Ha vuotato lo stomaco, e le ho dato un sedativo. E fuori combattimento.

— Okay — disse Kinsman, — attracchiamo.

Avvicino lentamente il velivolo al punto di attracco sulle estremita del laboratorio, si aggancio e vide che le luci del pan­nello confermavano che l'aggancio era avvenuto.

— E meglio impacchettare la Bella Addormentata — disse a Jill mentre premeva il pulsante che comandava l'uscita del tunnel d'accesso flessibile che avrebbe collegato il boccaporto superiore della navetta con il portello principale del laboratorio. Le luci sul pannello passarono dal rosso al verde quando il tunnel si aggan­cio al portello del laboratorio.

Jill disse: — Dovrei essere io a controllare il tunnel.

— Resta li. Lo faccio io. — Sigillando la visiera del casco, Kinsman slaccio le cinture e si sollevo senza sforzo dal sedile, an­dando a sbattere leggermente con il casco contro il portello supe­riore.

— Siete tutt'e due ben abbottonate?

— Si.

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