questo che mi secca.

Scuotendo il capo, lei disse: — No, tu sei preoccupato per qualcosa e non riguarda te.

— Non essere cosi maledettamente drammatica, Jill.

Lei gli mise una mano sulla spalla. — Chet… lo so che per te tutto questo e solo un gioco, ma la gente puo farsi male in questo genere di gioco e… be'… non sempre nella vita le cose vanno co­me ci si aspetta.

Alzando lo sguardo verso quei profondi occhi castani, Kinsman senti svanire la propria irritazione. — Okay, bimba. Gra­zie per la filosofia. Io sono grande, pero, e so di che cosa si tratta.

— Tu pensi di saperlo.

Scrollando le spalle: — Okay, lo penso. Forse non tutto e co­me dovrebbe essere, ma un uomo e innocente finche non e stata provata la sua colpevolezza, e tutto e splendente come l'oro fin­che non ci trovi sopra qualche macchia. Questa e la mia filosofia per oggi!

— Va bene, furbone — Jill sorrise tristemente. — Fai Tarzan. Combatti da solo. Il fatto e che non voglio che lei ti faccia del male.

— Non mi fara del male.

Jill disse: — Tu lo speri. Okay, se c'e qualcosa che posso fare…

— Si che c'e qualcosa…

— Cioe?

— Quando vai di nuovo a dormire, fai in modo che Linda si accorga che tu prendi un sonnifero. Lo farai?

Il viso di lei perse ogni espressione. — Certo — rispose in to­no piatto, — qualunque cosa per un collega ufficiale.

Parecchie ore piu tardi recito molto bene la sua parte, dando molto risalto al fatto che prendeva una pillola per riposare bene nell'ultimo periodo prima del rientro. A Kinsman sembro che Jill stesse francamente esagerando.

— Prendete sempre la pillola prima dell'ultimo turno di ripo­so? — chiese Linda dopo che Jill si fu ritirata.

— Bisogna essere completamente svegli e riposati per il volo di rientro. E la parte piu rischiosa dell'operazione.

— Oh, capisco.

— Ma non c'e niente di cui preoccuparsi, pero — aggiunse Kinsman.

Ando al banco di controllo e si occupo delle attivita imposte dalla missione. Linda si adagio nella sedia vicina, a meno di mez­zo metro di distanza. Kinsman parlo brevemente con il controllo di Kodiak, come previsto, e fece una registrazione sul diario di bordo.

Ancora tre controlli a terra e poi saremo sull'Oceano India­no. Con tutto il tempo di questo mondo.

Ma non sollevo lo sguardo dal pannello di controllo; verifico ogni sistema del laboratorio, con le dita che guizzavano sui pul­santi, gli occhi fissi sulle luci rosse, arancioni e verdi che gli con­fermavano il funzionamento dei macchinari elettrici e meccanici del laboratorio.

— Chet?

— Si?

— Sei… seccato con me?

Sempre senza guardarla: — No, sono occupato. Perche do­vrei essere seccato con te?

— Be', forse non seccato, ma…

— Sconcertato?

— Sconcertato, ferito, qualcosa del genere.

Inseri qualcosa nel pannello del computer e poi si volse verso di lei. — Linda, non ho avuto tempo di analizzare il mio stato d'animo. Sei una ragazza complicata; forse troppo complicata per me. La vita ne ha gia troppe di complicazioni.

Lei apri leggermente la bocca.

— D'altra parte — aggiunse lui, — noi WASP dobbiamo restare uniti. Siamo rimasti in pochi.

Questo la fece sorridere. — Io non sono una WASP. Il mio vero nome e Szymanski… l'ho cambiato quando ho cominciato a fare la modella.

— Oh. Un'altra complicazione.

Lei stava per rispondere quando la radio gracchio: — AF-9, qui e Cheyenne. Cheyenne a AF-9.

Kinsman si sporse e schiaccio il pulsante di trasmissione. — AF-9 a Cheyenne. Vi riceviamo chiaro ma debole.

— Roger AF-9. Riceviamo la vostra telemetria. Qui tutti i si­stemi indicano verde.

— Anche il controllo manuale dei sistemi e sul verde — disse Kinsman. — Programma della missione okay, nessuna deviazio­ne. Compiti ultimati al novanta per cento.

— Roger. Il controllo a terra suggerisce di iniziare i controlli del veicolo spaziale alla prossima orbita. Il rientro e programma­to fra dieci ore.

— Va bene. Lo faremo.

— Okay, Chet. Da qui sembra che tutto vada bene. Nient'altro da riferire, Padre Fondatore?

— Fatevi gli affari vostri — spense il trasmettitore.

Linda gli stava sorridendo.

— Che cosa c'e di cosi divertente?

— Tu. Stai diventando molto suscettibile per tutta questa faccenda.

— E continuero ad esserlo per parecchi anni a venire. Quei ragazzi me lo rinfacceranno per un sacco di tempo.

— Potresti sempre dire una bugia.

— Su di te? No, non credo che potrei farlo. Se la ragazza fosse stata anonima, la cosa sarebbe diversa. Ma tutti ti conosco­no, sanno dove lavori…

— Sei un ufficiale galante. Suppongo che questo genere di voci potrebbero arrivare fino a New York.

Kinsman sogghigno. — Potresti persino andare sulla prima pagina del National Enquirer.

Lei rise: — Scommetto che tirerebbero fuori qualcuna delle mie vecchie fotografie in bikini.

— Attenta — disse Kinsman sollevando una mano, — adesso non sollecitare la mia fantasia piu di quanto non lo sia gia. Fac­cio gia molta fatica ad essere galante, in questo momento.

Si tennero a distanza, Kinsman seduto al banco di controllo, Linda che galleggiava verso la cambusa, fin quasi a sfiorare la tenda dell'area di riposo.

Il centro di controllo a terra chiamo, e Kinsman fece un rapi­do rapporto. Quando alzo di nuovo lo sguardo su Linda, lei era seduta di fronte all'oblo di osservazione dell'altra parte del corri­doio vicino alla cambusa.

Il suo viso era preoccupato, ora, mentre ricambiava lo sguar­do di Kinsman, gli occhi… lui non era sicuro di quello che c'era in quegli occhi. Sembravano diversi: non come il ghiaccio, non piu calcolatori. Ma molto preoccupati, quasi spaventati.

Kinsman continuo a rimanere in silenzio. Controllo e ricon­trollo il quadro dei comandi, per essere assolutamente sicuro che ogni valvola e ogni transistor del laboratorio funzionassero per­fettamente. Diede un'occhiata all'orologio: ancora cinque minuti prima della chiamata di Ascension. Controllo ancora il quadro luminoso.

Ascension chiamo in orario perfetto. Poiche avverti che la tensione stava crescendo dentro di lui, Kinsman fece il normale rapporto con una voce deliberatamente calma e meccanica. Ascension chiuse il collegamento.

Con un ultimo, lungo sguardo ai controlli, Kinsman si spinse fuori dalla sedia e galleggio verso Linda, con le mani che appena sfioravano gli appigli lungo il corridoio.

— Sei stata terribilmente tranquilla — le disse stando in piedi davanti a lei.

— Ho pensato a quello che hai detto poco fa. — Che cosa c'era nei suoi occhi? Ansia? Paura? — E… e stata una vita male­dettamente solitaria, Chet.

Lui la prese per un braccio, la sollevo gentilmente e la bacio.

— Ma…

— Va tutto bene — sussurro lui. — Nessuno ci disturbera. Non lo sapra nessuno.

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