consapevole. Si e raccontato per molto tempo che non era vero, ma adesso lo sa e si vergogna di aver mentito a se stesso.
Si infila una mano in tasca e prende lo scontrino che Kay Scarpetta ha trovato nella divisione di Anatomia della vecchia sede dell’Istituto di medicina legale. E in una bustina di plastica trasparente. La posa sul bancone.
«Lavora qui da molto?» domanda all’uomo color fumo.
«Quasi dodici anni» risponde lui con un sorriso. Ma negli occhi grigio fumo gli brilla una luce sospettosa e spaventata.
«Conoscera un certo Edgar Allan Pogue, allora. Venne qui il 14 settembre a comprare questi sigari.»
L’uomo aggrotta la fronte e legge lo scontrino protetto dalla bustina di plastica. «E un nostro scontrino» dice.
«Ottima deduzione, Watson» lo prende in giro Marino. «Questo Pogue e un uomo basso di statura, grasso, con i capelli rossi» spiega poi, non facendo nulla per metterlo a suo agio. «Fra i trenta e i quarant’anni. Lavorava alla morgue, in fondo alla strada.» Fa segno in direzione di Fourteenth Street. «Un tipo un po’ bizzarro.»
L’uomo color fumo lancia un’occhiata al berretto di Marino, con la scritta LAPD. E pallido, nervoso. «Non vendiamo sigari cubani» dice.
«Scusi?» chiede Marino, accigliandosi.
«Se e a questo che allude, intendo. L’uomo di cui parla me li ha chiesti, ma noi non ne vendiamo.»
«Le ha chiesto sigari cubani?»
«Era molto deciso, almeno l’ultima volta che l’ho servito» spiega nervosamente l’uomo, agitato. «Non vendiamo ne sigari cubani ne nulla di illegale.»
«Non la sto accusando di questo, stia tranquillo» replica Marino. «Non me ne frega un corno, se anche li vende sottobanco.»
«Non vendo niente sottobanco. Glielo assicuro.»
«Voglio solo trovare questo Pogue. Mi parli di lui.»
«Si, credo di sapere di chi parla» risponde l’uomo, sempre piu color fumo. «Mi ha chiesto sigari cubani. Cohiba, per la precisione. Non quelli dominicani, che abbiamo. Voleva quelli cubani. Gli ho detto che non vendiamo sigari cubani perche sono illegali. Lei non e di qui, vero? Non ha l’accento di qui.»
«No, non sono di qui» replica Marino. «Cos’altro le ha detto questo Pogue? E quando e venuto nella sua tabaccheria l’ultima volta?»
L’uomo guarda lo scontrino posato sul bancone. «Probabilmente in ottobre. Mi sembra che venisse una volta al mese, piu o meno. Un uomo strano, molto strano.»
«In ottobre, dice? Okay. E che cosa le ha detto?»
«Che voleva questi sigari cubani, che era disposto a pagarli qualsiasi cifra. Io gli ho risposto che non li vendevamo, che lo sapeva gia perche me li aveva gia chiesti, anche se non con tanta insistenza. Un uomo strano, le dico. Si, me li aveva gia chiesti, ma l’ultima volta ha insistito tantissimo. Non mollava. Diceva che il tabacco cubano non fa male ai polmoni e assurdita del genere. Diceva che, purche uno fumi tabacco cubano, puo fumare quanto vuole che non gli fa male. Anzi, gli fa bene, perche e tabacco puro e ha proprieta medicinali, curative.»
«E lei? Mi dica la verita, per favore. Non me ne frega niente se anche gli ha venduto dei sigari cubani. Non sono dell’ATF. Se e cosi convinto che quella roba faccia bene ai polmoni, da qualche parte se la sara procurata.»
«Si, lo credo anch’io. Era certamente deciso a mettere le mani su quei sigari cubani. Non mi chieda perche» continua l’uomo, fissando lo scontrino. «Ci sono un sacco di ottimi sigari non cubani. Non capisco perche si intestardisse cosi. Mi faceva venire in mente quelli che vogliono a tutti i costi l’erba magica, la marijuana, le iniezioni di oro fuso, ha presente? Superstizioni. L’ho mandato in un altro negozio e l’ho pregato di non chiedermi mai piu di vendergli merce illegale.»
«Quale negozio?»
«Be’, veramente e un ristorante. Ho sentito dire che al bar del ristorante li vendono, o comunque sanno indirizzare a gente che li vende. Non solo sigari, credo. L’ho sentito dire, non lo so per certo. Io non ci vado. Non ho niente a che fare con loro.»
«Dov’e questo posto?»
«Non lontano da qui» risponde l’uomo color fumo. «Nello Shockhoe Slip.»
«Sa chi vende sigari cubani nel Sud della Florida? Gli ha consigliato qualche posto anche in quella zona?»
«No» risponde lui. «Non ne conosco. Chieda li, forse loro lo sanno.»
«Okay. Mi dica: lei ha indirizzato Pogue a questo posto nello Slip dove poteva trovare i sigari cubani?» chiede Marino rimettendosi in tasca la bustina di plastica con lo scontrino.
«Gli ho detto che so di gente che li compra li» replica l’uomo.
«Come si chiama questo posto?»
«Stripes. E in fondo a Cary Street. Non volevo che tornasse qui. E un uomo strano, gliel’ho detto. L’ho sempre pensato, che era un uomo strano. Taciturno, scontroso» continua l’uomo. «Ma l’ultima volta che e venuto — a ottobre, direi — era piu strano del solito. Aveva una mazza da baseball in mano. Gli ho chiesto come mai, e lui non mi ha risposto. Non era mai stato cosi insistente, invece l’ultima volta mi ha fatto una testa cosi, con la storia dei sigari cubani.»
«E questa mazza da baseball era bianca, rossa e blu?» domanda Marino, pensando a Kay Scarpetta, ai resti di cremazione e a tutto quello che gli ha raccontato dopo essere stata da Philport.
«Puo darsi» risponde l’uomo, facendo una faccia strana. «Mi spiega di che cosa si tratta?»
56
Nei boschi intorno ad Aspen le ombre sono lunghe e fa freddo. Gli alberi sono spogli ma fitti e Lucy e Henri camminano nella neve scostandosi i rami dalla faccia. Non ci sono orme di scarponi da nessuna parte, eccetto le loro.
«Perche stiamo facendo questa sfacchinata?» protesta Henri. «E un’idiozia!»
«Avevamo bisogno di prendere una boccata d’aria» risponde Lucy. Affonda nella neve fino alla coscia. «Wow! Guarda! E bellissimo!»
«Non saresti dovuta venire» dice Henri, fermandosi e guardando Lucy nella neve. «Ho superato il peggio, ma ne ho abbastanza. Torno a Los Angeles.»
«Fai come credi: e la tua vita.»
«Dici cosi, ma non lo pensi. Ti vedo gia crescere il naso, Pinocchio!»
«Andiamo ancora un po’ avanti» le propone Lucy, riprendendo a camminare e scostando i rami perche non le arrivino in faccia. In realta si meriterebbe un bel ramo sulla faccia, pensa. «Ho visto un tronco per terra, dal sentiero. Potremmo sederci un attimo li.»
«Moriremo di freddo» replica Henri, rimettendosi a camminare. Il respiro le si condensa davanti alla bocca.
«Hai freddo adesso?»
«No, ho caldo.»
«Okay. Se ci viene freddo, torniamo a casa.»
Henri non risponde. E molto piu debole, rispetto a prima dell’influenza e dell’aggressione. A Los Angeles, quando Lucy l’ha conosciuta, Henri era in forma fisica perfetta. Snella ma molto tonica, era in grado di fare piu flessioni sulle braccia della maggior parte delle donne della sua eta e correva il miglio in sette minuti. Adesso fa fatica a camminare. In meno di un mese, Henri ha perso l’allenamento e non solo: sembra non sapere piu perche sta al mondo. Forse non lo sapeva neanche prima, riflette Lucy. Forse e solo animata dalla vanita, i cui fuochi ardono e si spengono molto rapidamente.
«Eccolo» esclama Lucy. «Vedi quel tronco enorme? Dietro dev’esserci un ruscello ghiacciato. Quello laggiu e il centro sportivo.» Lo indica con la racchetta da sci. «Sarebbe bello, se dopo ci andassimo a fare un bagno