Quando tutti erano risaliti sui pullman per rientrare a Mississauga, l’umore della comitiva era alle stelle.
A bordo, l’eccitazione per l’arrivo aveva prodotto una certa agitazione. Quasi certamente per gli autisti giunse benvenuto il rumore dei freni, che segnava la fine del viaggio davanti al numero 2200 di Sheridan Way.
Ma fu un sollievo che duro meno di qualche secondo.
Le mani dalle dita sottili composero l’ultima cifra di un numero telefonico sulla tastiera di un cellulare e, contemporaneamente, il Giusto sollevo lo sguardo restando ipnotizzato a osservare la pioggia di fuoco che, dall’interno dei due pullman, si irradiava tutto intorno.
I grossi mezzi parvero sollevati dalla mano di un gigante, quindi ricaddero a terra pesantemente, mentre le carrozzerie squarciate andavano scurendosi tra le fiamme.
Sessantadue persone avrebbero avuto nella mente l’immagine delle cascate del Niagara come estremo ricordo della loro esistenza terrena. I venti sopravvissuti avrebbero portato per sempre il marchio indelebile che la vile mano del Giusto aveva voluto imprimere sulla loro carne.
Come quasi ogni famiglia israeliana, anche quella degli Habar aveva pagato il proprio tributo al terrorismo: una figlia della sorella di Ezer era morta dilaniata nell’esplosione di un autobus provocata da un attentatore suicida.
Lilith si asciugo le lacrime, mentre dalla televisione Jordan Cruner della K.C. News, dinanzi alle carcasse dei due pullman ancora fumanti, illustrava le modalita dell’attentato.
«Su questi due mezzi», diceva Cruner con lo sguardo nell’obiettivo della telecamera, «viaggiavano circa novanta persone, per la prevalenza donne e bambini. Novanta innocenti di ritorno da una giornata spensierata. Non e ancora possibile stilare un bilancio definitivo di questa nuova tragedia, ma anche questa volta pare che a firmare la strage sia la mano di colui che si fa chiamare ‘il Giusto in nome di Dio’. Da indiscrezioni dell’ultima ora sembra pero che gli inquirenti siano propensi a seguire la pista di un’organizzazione terroristica: appare sempre piu improbabile che un attentatore solitario, come si definisce il Giusto, possa colpire con assoluta precisione in angoli opposti del mondo. Restituisco la linea alla sede di New York, Jordan Cruner, K.C. News, Mississauga, Canada.»
Ezer Habar allungo la mano e, con un gesto affettuoso, strinse quella della moglie. Quindi, insieme a Oswald, i due coniugi restarono impietriti a guardare i servizi relativi al nuovo attentato.
«Quel simbolo… il sigillo del Re!» esclamo Lilith, mentre la K.C. News mandava in onda la riproduzione del sigillo con cui l’attentatore firmava le sue rivendicazioni. «Quella e l’ultima cosa della quale ho parlato con tuo padre, Oswald. Ricordo bene, ci trovavamo a cena a casa nostra a Tel Aviv. Alcuni giorni piu tardi i tuoi genitori rimasero coinvolti nell’incidente in cui persero la vita a Bucarest. Da allora per noi sei stato come un figlio.»
«Dicevi che mio padre ti parlo del sigillo, proprio di
«Ne sono certa. Appena ho visto la stella a sei punte di Re Salomone con quegli strani caratteri ai lati, mi si e aperto uno spiraglio nella memoria. Il sigillo che hanno mostrato in televisione corrisponde a quello ritratto in un’istantanea che tuo padre mi fece vedere proprio quella sera. Eravamo a tavola e ricordo che introdusse l’argomento citando un’antica favola ebraica che parla di Salomone e di Asmodeo, il capo dei demoni, che si contendono l’anello. E poi ci fece vedere il disegno di un antico anello d’oro. Sulla sommita dell’anello era raffigurato il sigillo di Re Salomone contornato da quei segni incomprensibili.»
Cassandra Ziegler aveva appreso per telefono la notizia del nuovo attentato in Canada pochi minuti dopo l’esplosione. Una seconda telefonata, sempre dalla sede centrale, l’aveva informata che un jet dell’FBI era stato messo a sua disposizione, qualora avesse voluto raggiungere la citta canadese ove aveva avuto luogo la strage.
Non appena era salita sul bireattore Cessna, Cassandra aveva comunicato il cambio di destinazione al pilota: l’aeroporto di Denver, in Colorado, invece che quello internazionale di Toronto.
Il pilota non aveva fatto una piega: era abituato a mutare destinazione e piani di volo. I pezzi da novanta dell’FBI parevano ossessionati dall’essere seguiti ovunque.
Cassandra sprofondo in uno dei sedili vicino al finestrino mentre lo steward le serviva un drink: a parte il personale di bordo, era sola.
Le ruote si staccarono da terra e la donna provo un moto di ottimismo simile a quello che accompagna i parenti del malato nel viaggio verso la speranza.
Ecco che cosa rappresentava per lei l’incontro con Oswald Breil: il consulto con il luminare, unico sulla faccia della terra in grado di estirpare il male. E il male aveva un solo nome, per quanto stridente potesse suonare l’accostamento: il Giusto in nome di Dio.
George Glakas aveva colto l’approvazione nelle parole del suo superiore in merito alla scelta operativa con cui aveva deciso di affrontare la minaccia terroristica.
«Fino a quando quel matto continuera a mettere bombe fuori dagli Stati Uniti, noi americani non correremo eccessivi pericoli e quindi non dovremo subire troppe pressioni da parte del Congresso o della presidenza», gli aveva confessato soltanto un’ora prima il vicedirettore della CIA. «Dopo il primo attentato al palazzo delle Nazioni Unite sembrava che per i nostri politici fosse esploso un nuovo 11 settembre nel salotto di casa. Poi il Giusto si e concentrato in Medio Oriente, e allora e scesa una cortina di silenzio da parte dei governanti. Fatta eccezione per le richieste di informative provenienti da alcuni governi arabi in buoni rapporti col nostro — richieste a cui abbiamo naturalmente risposto in maniera evasiva — sembra che le gesta del Giusto in nome di Dio non suscitino grande interesse.»
Il vicedirettore dell’Agenzia si era poi esibito in una delle frasi a effetto con cui amava esordire. Il numero due della CIA reputava ogni sua massima come degna delle migliori interpretazioni da kolossal hollywoodiano: «Non c’e un modo etico per fare una guerra, e di fatto siamo in guerra con la cultura islamica ormai da anni». Quindi si era concesso una breve pausa, quasi a voler sottolineare la sua frase, e aveva continuato: «La differenza sostanziale tra le bombe del Giusto e il terrorismo arabo e che le prime non colpiscono i nostri concittadini, ma gli islamici, anche se egli usa le stesse armi dei terroristi integralisti. C’e poi da dire che i metodi del Giusto sono piu… puliti. Ultimamente i terroristi suicidi sono soliti arricchire i loro ordigni con bulloni e chiodi intrisi in una soluzione di veleno per topi: una tra le sostanze anticoagulanti piu reperibili e a buon mercato. Cosi facendo ogni ferita, anche la piu insignificante, si trasforma in un trauma emorragico. Si dice anche che gli aspiranti suicidi affetti da virus HIV siano i meglio accolti nelle organizzazioni integraliste: lo scoppio trasforma ogni brandello del terrorista in un’arma virale. Anche la piu superficiale delle ferite potrebbe essere sufficiente per contrarre il virus dell’Aids».
A questo punto era giunto il momento di tirare le somme e di dare un’impronta meno teorica alle sue direttive. «Un elicottero la sta aspettando per condurla sul luogo dell’attentato. Mi raccomando, George, mi trovi quel figlio di puttana!»
L’elicottero si mise in posizione per l’atterraggio: George Glakas accantono il ricordo della conversazione avuta con il suo superiore.
Il caposettore della CIA non aveva certo badato ai preamboli quando si era messo in contatto via radio con l’antiterrorismo canadese: «Tra una decina di minuti sorvolero la zona dell’attentato. Trovatemi un luogo dove atterrare nelle vicinanze e, se fosse distante, mandate una macchina a prendermi. E necessario che io giunga il piu in fretta possibile sul luogo del disastro».
«E chi cazzo sarebbe questo Glakas?» aveva gridato al telefono il funzionario, intento a non calpestare preziosi indizi e evitare le ampie chiazze di sangue tra i rottami dei due pullman. «Va bene, capisco… i buoni rapporti con la CIA e l’aiuto che ci possono fornire… ho capito, signore… lo faro atterrare nel vicino campo sportivo e lo mandero a prendere con un’auto. Basta che quello yankee non venga qui a giocare all’ispettore dei telefilm. Siamo gia nella merda sino al collo. Vedesse che disastro, signore.»
George Glakas non aveva nessuna intenzione di giocare al perfetto investigatore. Si era recato a Mississauga perche cosi gli era stato ordinato. Inoltre era curioso di vedere come avrebbero reagito gli islamici «occidentalizzati» a un attentato di cui erano proprio loro le vittime prescelte.