porta.

«Restate qui» disse, e usci.

Nella stanza accanto, Paula era seduta alla macchina da scrivere, le mani in grembo, gli occhi ansiosi.

«Metti il cappello e porta quella bambola al Baltimora Hotel» le ordino Fenner. «Trovale una stanza e dille di chiudersi dentro a chiave. Prendi anche questi, e quando l'hai sistemata, portali in banca. Cerca di sapere tutto quello che puoi sul suo conto. Dille che mi pigliero cura di lei. Falle il discorso del non-preoccuparti-sei-in-buone- mani. Un bel discorso, lungo, convincente. La ragazza ha i nervi a pezzi, e in una brutta situazione ed e ancora abbastanza giovane da aver bisogno di una madre.»

Ritorno nel suo ufficio. «Come vi chiamate?» chiese.

La ragazza giunse le mani. «Portatemi via da qui» prego.

Fenner le appoggio una mano sul braccio. «Vi faccio uscire assieme alla mia segretaria. Ci pensera lei a voi. C'e un tizio che vi cerca e sta venendo qui. Io pensero a lui. Come vi chiamate?»

«Marian Daley» rispose. Poi degluti ed aggiunse in fretta: «Dove devo andare?»

Entro Paula, infilandosi i guanti. Fenner fece un cenno. «Andate con la signorina Dolan» rispose. «Passate dall'uscita di servizio. Ora siete al sicuro. Non abbiate piu paura.»

Marian Daley gli offri un sorrisetto timido. «Sono contenta di essere venuta da voi» dichiaro. «Capite, me la sto vedendo brutta. E mia sorella, dopotutto. Che cosa c'entra lei con quei dodici cinesi?»

Fenner sbuffo. «Che ne so io?» rispose, accompagnandola alla porta.

«Magari le piacciono i cinesi. Capita. State tranquilla, ora, fino a che non verro da voi, stasera.»

Le fece uscire sul pianerottolo e le guardo entrare nell'ascensore. Quando la cabina scomparve al piano di sotto, rientro in ufficio. Chiuse la porta dolcemente dietro di se e ando alla scrivania. Apri il primo cassetto e ne tolse una rivoltella calibro 38, speciale per poliziotti; lavorava senza sapere niente. Infilo la pistola sotto la giacca e si sedette dietro la scrivania. Ci appoggio di nuovo i piedi e chiuse gli occhi.

Rimase cosi per una decina di minuti, la testa piena di congetture. Tre cose lo affascinavano: i seimila dollari, i lividi sulla schiena della ragazza, e quella dozzina di cinesi. Perche tutto quell'anticipo? Perche non gli aveva semplicemente detto che qualcuno l'aveva picchiata, invece di fare uno spogliarello? Perche parlare di dodici cinesi? Perche non dire soltanto:

'Che c'entra lei coi cinesi?'. Perche proprio dodici? Si mosse sulla sedia. E poi, quel tizio al telefono. E se fosse vero che era fresca di manicomio? Ne dubitava. Era spaventata a morte, questo si, ma sembrava una ragazza normale. Apri gli occhi e diede un'occhiata al piccolo orologio cromato sopra la scrivania. Se n'era andata da dodici minuti. Quanto ci voleva, a quel tipo, per arrivare?

Mentre pensava, si rese conto che non era concentrato come avrebbe dovuto. Stava ascoltando qualcuno che zufolava nel corridoio. Si mosse irritato e riporto l'attenzione sugli ultimi eventi. Chi era Marian Daley? Ovviamente una ragazza ricca, dei quartieri alti. I vestiti che portava dovevano essere costati parecchio.

Perche quel ragazzo, la fuori, non la smetteva di fischiare? Che canzone era, a proposito? Tese l'orecchio. Poi, dolcemente, prese a canticchiare sottovoce il triste ritornello di Chloe in sintonia con lo zufolatore.

Il ritornello lo perseguitava: smise di canticchiare e ascolto il fischiettio, battendo il tempo con l'indice sul dorso della mano. Poi, improvvisamente, si senti raggelare. Chiunque fosse che fischiava, non si stava muovendo. Il suono, basso, penetrante, continuava sempre allo stesso volume, come se l'uomo stesse fuori dalla porta a fischiare per lui.

Fenner tolse i piedi dalla scrivania, e sposto indietro la sedia, pian piano.

Il lugubre ritornello continuava. Infilo la mano nella giacca e tocco il calcio della 38.

Nella sua stanza, c'era un'uscita secondaria che dava sulla scala di servizio. Era sempre chiusa a chiave. A Fenner pareva che il fischiettio venisse proprio di li.

Si accosto alla porta e giro con precauzione la chiave nella serratura, stando bene attento a non far cadere la propria ombra sul vetro smerigliato.

Mentre abbassava la maniglia e apriva la porta pian piano, il fischio cesso all'improvviso. Usci sul pianerottolo e guardo da una parte e dall'altra. Non c'era nessuno in giro. Con una mossa repentina, si affaccio sulla tromba delle scale e guardo in basso. Non c'era nessuno. Si volto, percorse tutto il corridoio e ando a guardare l'altra rampa di scale. Niente, nemmeno li.

Abbassandosi il cappello sul naso, si fermo tendendo l'orecchio. Sentiva vagamente il rumore del traffico che saliva dalla strada, il ronzio degli ascensori, e l'insistente ticchettio del grande orologio in alto. Rientro lentamente in ufficio e si fermo sulla soglia, coi nervi tesi. Mentre entrava e chiudeva la porta, l'altro riprese a fischiare.

Ando nella prima stanza con in mano la 38. Si fermo sulla porta e grugni. Un ometto con un abituccio nero stava rannicchiato su una delle poltrone imbottite riservate ai clienti. Aveva il cappello cosi calcato sugli occhi, che Fenner non gli vedeva la faccia. Solo a guardarlo, capi che era morto. Mise la pistola in tasca e si avvicino. Guardo le mani piccole, giallastre e ossute, abbandonate in grembo. Poi si chino e sposto il cappello.

Non era piacevole a vedersi. Era un cinese, si. Gli avevano tagliato la gola, cominciando dall'orecchio destro e finendo al sinistro a perfetto semicerchio. La ferita era stata ricucita per benino, ma restava pur sempre una visione da incubo.

Fenner si asciugo il viso col fazzoletto. «Che giornata!» impreco sottovoce.

Mentre se ne stava li, chiedendosi cosa cavolo potesse fare, il telefono comincio a squillare. Si avvicino all'apparecchio, inseri la spina e alzo il ricevitore.

Paula era eccitata. «Se l'e svignata, Dave» ansimo. «Siamo arrivate fino al Baltimora, e poi lei e sparita.»

Fenner diede una gran sbuffata. «Vuoi dire che qualcuno l'ha portata via?»

«No. Mi e semplicemente scappata da sotto gli occhi. Stavo chiedendo una stanza per lei all'albergo, ho girato la testa e l'ho vista infilare la porta di corsa; quando sono arrivata sulla strada, lei era sparita.»

«E il malloppo?» chiese Fenner. «Sparito anche quello?»

«Quello e al sicuro. L'ho appena messo in banca. Ma io che cosa faccio?

Devo tornare?»

Fenner guardo il cinese. «Resta nei paraggi del Baltimora e fa' colazione. Ti raggiungo appena ho finito. Proprio adesso ho un cliente per le mani.»

«Ma Dave, e la ragazza? Non sarebbe meglio che tu venissi subito?»

Fenner era un tipo impaziente per natura. «In questo ufficio, comando io» taglio corto. «Ogni minuto che passa, mi si raffredda il cliente, e non per cattiva volonta, te lo assicuro.» Abbasso il ricevitore e si drizzo sulla schiena. Guardo il cinese senza emozione. «Allora, bello mio» disse «che ne diresti di fare una passeggiata?»

Paula aspetto, seduta nell'ingresso del Baltimora Hotel, fino alle tre. Aveva ormai raggiunto un punto di tensione molto alto, quando, alle tre e un quarto, Fenner attraverso l'ingresso a grandi passi, le sopracciglia che quasi s'incontravano in un severo cipiglio, gli occhi duri e freddi. Disse, dopo aver raccolto la giacca di Paula dalla sedia: «Alzati, piccola, ti devo parlare.»

Paula lo segui nel bar, che era semivuoto. Fenner la condusse a un tavolo in fondo alla sala. Ebbe cura di spostare il tavolino in modo da sedersi di fronte alle porte girevoli.

«Che cosa usi, invece del profumo, la grappa?» domando Fenner alla ragazza, mentre si mettevano a sedere. «Questo ti sembra il luogo piu adatto per sbevazzare?»

«Che belle parole!» replico Paula. «Cos'altro puo fare una ragazza, in un posto come questo? Ho preso solo tre martini. Cosa ti salta in mente? Sono tre ore che sto incollata alla sedia.»

Fenner chiamo un cameriere e ordino due Scotch doppi con soda. Volse le spalle a Paula e stette a osservare il cameriere che eseguiva l'ordinazione e ritornava coi bicchieri e il resto. Quando il cameriere ebbe posato il tutto sul tavolino, Fenner prese uno dei bicchieri con lo Scotch, ne verso il contenuto nell'altro, riempi il bicchiere vuoto con la soda e lo passo a Paula.

«Devi curarti la pelle, Dizzy» spiego, e tracanno una meta dello Scotch, liscio.

Paula sospiro. «Bene. Avanti» disse con impazienza. «Vuota il sacco.

Mi sono tolta dalla circolazione per tre ore.»

Fenner accese una sigaretta e si appoggio allo schienale della sedia. «Sei proprio sicura che la Daley ti e scappata via di sua spontanea volonta?»

Paula annui. «E andata come ti ho detto. Ero al banco dell'albergo e ho chiesto una stanza. Lei era dietro di me. Mi sono tolta il guanto per firmare il libro e mi son sentita, come dire, sola. Ho girato la testa e ho visto la ragazza che stava infilando la porta. Era completamente sola e aveva una gran fretta. Quando sono finalmente

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