Terra con squilli di tromba, come rappresentanti della razza dominante dell’Universo, e torniamo confinati in un angolino della nostra stessa galassia, e a liberta vigilata, per di piu. Voglio vedere come la prendera l’Arconato, cari miei.»
«Nessuno puo prenderla bene» disse Bernard. «Ma la verita fa sempre male. E questa e una di quelle verita che ogni terrestre si dovra ficcare bene in testa. La cosa che ora sappiamo, e che prima ignoravamo, e che non siamo affatto la razza dominante dell’Universo. Non ancora, per lo meno. I Rosgollani, e forse altri in galassie ancora piu distanti, hanno il vantaggio di avere iniziato un processo evolutivo cinque o seicentomila anni prima di noi. E cosi noi siamo stati rimessi al nostro posto. Eravamo un gruppo di ragazzetti che credevano d’avere l’Universo in tasca. Be’, non e cosi, ecco tutto, e bisognera che l’Arconato e tutti i Terrestri si adattino a quest’idea.»
«Come volete; pero questa e la piu grande disfatta che la Terra abbia mai subito in tutta la sua storia» torno a insistere Stone.
«Disfatta?» rise Bernard. «Sentite, Stone, se voi battete una mano contro la paratia di metallo e vi fate male, la chiamate una disfatta? Certo, la paratia sfida la vostra mano. E sara sempre cosi. E nella natura stessa del metallo d’essere piu forte di una mano nuda, e sarebbe ridicolo mettersi a piagnucolare sugli aspetti filosofici della situazione.»
«Se io voglio sconfiggere una paratia, non uso le dita» disse Stone. «Uso una fiamma ossidrica. E nove volte su dieci la spunto io.»
«Ma non disponiamo di una fiamma ossidrica da usare contro i Rosgollani» replico Bernard. «Non siamo fatti della loro stessa lega, tutto qui. E nella natura stessa delle cose che razze molto piu evolute, che vantano mezzo milione di anni di priorita sulla nostra, siano piu potenti di quanto siamo noi. Perche farne una tragedia?»
«Bernard ha ragione» disse Havig con voce pacata. «La grande ruota della vita continua a girare. Un giorno i Rosgollani spariranno dall’Universo, e noi, ormai al tramonto della nostra esistenza, osserveremo altre razze piu giovani e piu forti che tenteranno di farla da padroni negli spazi. E che cosa faremo? Esattamente quello che hanno fatto i Rosgollani con noi: confineremo queste razze, per amore della nostra pace. Ma, probabilmente, a quell’epoca sapremo anche Chi ci ha creati, e non agiremo solo per il nostro interesse.»
Stone, prendendosi la testa tra le mani, mormoro: «Quello che dice Bernard non fa una grinza finche restiamo in un ambito teorico, intellettuale. Non voglio negarlo, tutt’altro. Ma cerchiamo di vedere la situazione nella sua realta. Cosa diremo all’umanita che si crede il non plus ultra della creazione? Che abbiamo scoperto di essere vagiti, balbuzie, finale di voci arroganti disperse tra Universi immensamente piu evoluti?»
«Questo e un problema che riguarda gli Arconti, non noi» disse Dominici.
«Ma che importanza ha di chi sia il problema?» chiese Stone sempre piu infuriato. «La Terra ne restera stravolta. Si tratta di un’umiliazione planetaria.»
«Si tratta di un’apertura mentale planetaria» disse secco Bernard. «Un ampliamento di vedute, che distruggera ogni traccia di auto-compiacimento. Per la prima volta abbiamo altre razze con le quali misurarci. Sappiamo che i Norglani valgono tanto quanto noi almeno per adesso, e che i Rosgollani valgono centomila volte di piu. Percio sappiamo che dobbiamo progredire, per tener testa ai Norglani, e per portarci al livello dei Rosgollani. E ci arriveremo.»
Hernandez entro nella cabina passeggeri e si arresto sulla soglia, guardando incerto dall’uno all’altro.
«Ho interrotto una discussione importante?» chiese.
«Cosa potrebbe essere importante, ormai?» disse Stone con voce tetra.
«Stavamo solo discutendo sui nuovi sviluppi della nostra situazione» spiego Bernard. «C’e qualcosa che non va a prua, Hernandez?»
Il pilota scosse la testa. «No, dottor Bernard, va tutto bene. Il Comandante Laurance mi ha mandato per avvertirvi che a quanto pare i Rosgollani ci hanno riportato nel punto in cui ci siamo smarriti, e quindi stiamo per eseguire la conversione nell’iperspazio e dirigerci verso casa.»
«Ma e impossibile!» disse Stone.
Contemporaneamente, Dominici mando un’esclamazione di sorpresa. «Cosa? Volete dire che siamo gia rientrati nella nostra galassia? Ma…»
«Proprio cosi» disse tranquillamente Hernandez. «E passata solo mezz’ora, tempo della nave, da quando abbiamo lasciato Rosgolla. E siamo gia arrivati.»
«Ne siete certo?» chiese Bernard.
«Il Comandante e sicurissimo.»
Hernandez usci. Un brivido di sbigottimento scosse Bernard.
L’astronave, dunque, aveva attraversato il golfo galattico in poco piu di venticinque minuti, grazie alla spinta dei Rosgollani. Era un fatto che andava oltre le possibilita di comprensione della mente umana. Ma, Bernard se ne rendeva conto, poteva essere la cosa piu semplice del mondo per una razza progredita come quella Rosgollana. Una passeggiatina igienica, una giterella attraverso migliaia di anni-luce, una cosetta di cui non metteva nemmeno conto di parlare.
Bernard si sentiva profondamente a disagio.
Pero, nonostante tutto, provava anche un senso di conforto. Sul piano dell’evoluzione i Rosgollani si trovavano in vantaggio di almeno mezzo milione di anni. Percio, potevano fare miracoli. Ma quanti risultati raggiunti dall’Uomo contemporaneo sarebbero sembrati miracoli all’Homo Sapiens di poche centinaia d’anni prima? Per non parlare di quello di mezzo milione d’anni prima.
Quel pensiero era confortevole. Per la prima volta da quando la spedizione era partita, dalle distese desolate dell’Australia Centrale, Bernard provo un attimo di certezza, di comprensione per la relazione Uomo-Universo.
Quella certezza quasi lo stordiva…
«Ehi, Bernard… Bernard? Vi sentite bene?» chiese Dominici.
«Eh? Si, certo, Perche?»
«Avete fatto una faccia cosi strana, all’improvviso. Avevate una specie di sorriso estatico sul volto. E durato qualche secondo, ma non vi avevo mai visto sorridere in quel modo.»
«Pensavo… a una cosa» rispose Bernard, tranquillamente. «Tessere di un mosaico che andavano a posto. E io… be’, per un secondo sono stato felice. E lo sono ancora.» Si protese in avanti. «Dominici, ditemi dei Norglani, biologicamente parlando. Tutto quello che siete riuscito a intuire.»
Il biologo si acciglio. «Be’… prima di tutto, e evidente che sono mammiferi.»
«Naturalmente. E quanto alla loro evoluzione?»
«Hanno avuto origine da qualche essere del tipo dei primati, sarei pronto a scommetterlo. Naturalmente ci sono enormi differenze, ma questo e logico tenendo conto che c’e di mezzo una distanza di dodici o quindicimila anni-luce. Le otto dita, i doppi gomiti… Ma a parte questo, almeno a giudicare dall’esterno, direi che sono molto simili a noi.»
«Una razza piu giovane della nostra, secondo voi?»
Lo sguardo di Dominici esprimeva l’incertezza. «Piu giovane? No, non direi. Forse piu vecchia.»
«Che cosa ve lo fa pensare?»
Dominici si strinse nelle spalle. «Intuizione, diciamo cosi. Sembrano piu definiti nei loro atteggiamenti. Piu stratificati, direi. La differenza non puo essere sensibilissima… due o tremila anni, su per giu, ma ho l’impressione netta che siano civilizzati da piu tempo.»
«Sono d’accordo con voi» disse Havig dal suo angolino. «Da quel poco che ho potuto afferrare del loro complicato linguaggio, direi che e molto evoluto… proprio il tipo di linguaggio che una razza potrebbe avere raggiunto dopo un paio di migliaia di anni. Ma perche, Bernard? Come mai queste domande improvvise? Che cosa avete in mente?»
Bernard tentenno la testa.
«Stavo mettendo assieme alcune cose da dire al Tecnarca, al nostro arrivo» disse soltanto, e non accenno a
