Ho sentito che fra Ned e me s’innalzava un muro a causa del quale non potevo confidargli le mie paure o domandargli perche fosse apparso cosi sconvolto. L’ho lasciato e sono andato in camera mia a fare il bagno. Ci siamo rivisti subito dopo, a colazione, ma abbiamo scambiato solo poche parole.
Poi c’era la lezione mattutina con Fra Antonio, ma io ho sentito che non dovevo andarci: finito di mangiare sono tornato nella mia stanza.
A un certo punto ho visto Timothy; e poi la maschera ha indossato i lineamenti di Oliver, piu sottili; e poi ho visto mio padre, che rapidamente si e trasformato in mia madre.
Poi ho visto quella ragazza esile, timida, col naso grosso, la ragazza da me amata per poche ore a New York (ho sforzato la memoria per cercare di ricordare come si chiamava: Mickey? Mickey Bernstein?). Le ho detto: — Salve! Sono andato in Arizona, come ti avevo annunciato — ma lei non ha risposto: immagino che avesse dimenticato chi ero. E scomparsa, e al suo posto e saltata fuori l’arcigna ragazza del motel nell’Oklahoma, seguita dalla pettoruta succuba che ho incrociato mentre aleggiava nel corridoio quella notte a Chicago.
Ho udito salire di nuovo dal baratro il cachinno, e mi sono domandato se mi stava arrivando un altro di quei momenti di dubbio sconvolgente.
Ed ecco il dottor Nicolescu occhieggiare giu verso di me, grigio in volto e con gli occhi tristi, scuotendo il capo e accusandomi — con la sua solita aria di blanda autodisapprovazione — di essermi comportato slealmente con lui. Io non ho negato, ma neppure sono trasalito e ho distolto lo sguardo, perche ormai la mia colpa mi era stata lavata via. Ho tenuto gli occhi spalancati, fissandolo finche e svanito.
E poi il volto di Ned. Di nuovo quello di Timothy. E di Oliver, ancora. Infine il mio, il volto di Eli, il principale artefice del viaggio alla Casa dei Teschi, l’inetto capo del Ricettacolo.
E mentre osservavo quell’Eli ho udito l’Avversario che poneva con insistenza la sua domanda:
Ma poi le forze mi sono ritornate e ho gridato la mia risposta nei Suoi scherni rimbombanti, urlando che abbracciavo di nuovo la mia fede, che ero sicuro perche ero sicuro. — Credo! Credo! Ti nego la vittoria! — E mi sono mostrato l’immagine di me stesso nell’atto di percorrere a grandi passi le luccicanti strade di remoti domani, nell’atto di calpestare le sabbie di mondi sconosciuti: un Eli sempiterno che ricopriva l’intero flusso degli anni.
E ho riso, e ha riso anche Lui, e le Sue risate hanno soffocato le mie, ma la mia fede non ha vacillato e alla fine Lui si e azzittito lasciandomi ridere per ultimo.
E mi sono ritrovato qui, tremante e con la gola secca, davanti alla familiare maschera in mosaico. Niente piu metamorfosi: il momento delle visioni e passato. Allungo un’occhiata, guardinga alla maschera, che rimane com’e. Benissimo.
Esploro la mia anima e non vi trovo il minimo residuo di dubbio: quel tremendo incendio definitivo ha consumato le ultime impurita che vi indugiavano. Benissimo.
Mi alzo, lascio la mia camera e percorro rapidamente il corridoio, giungendo a quella parte dell’edificio in cui i soffitti sono costituiti soltanto da nude travi. Alzo lo sguardo e vedo un grossissimo falco che vola in cerchio a grande altezza, nero contro la limpida e accecante azzurrita del cielo. Falco, tu morirai e io vivro.
Giro l’angolo e mi reco nella stanza in cui hanno luogo i nostri incontri con Fra Antonio. Il frate e Ned ci sono gia, ma e chiaro che per cominciare aspettano me: il ciondolo e ancora appeso al collo del frate.
Ned mi sorride e Fra Antonio fa un cenno di assenso col capo.
M’inginocchio accanto a Ned. Fra Antonio si toglie il minuscolo teschio di giada e lo depone davanti a noi sul pavimento.
— Rivolgiamo la visione interiore al simbolo che vediamo qui — dice sommessamente, Fra Antonio. Si. Si.
Ricolmo di gioia e di aspettativa, liberato da ogni dubbio, mi affido nuovamente al Teschio e ai suoi Custodi.