— Oh! Pensi che ci sia qualcosa da mangiare in questa foresta?

— Si — rispose amaramente il mago. — Noi.

— Se volete, ho delle ghiande — interloqui premuroso l’albero.

I due sedettero in silenzio per qualche momento.

— Scuotivento, l’albero ha detto…

— Gli alberi non sanno parlare — rispose sgarbato il mago. — E molto importante ricordarsene.

— Ma hai sentito giusto ora…

Scuotivento sospiro. — Ascolta. Si riduce tutto a un semplice fatto biologico, no? Per parlare uno ha bisogno dell’attrezzatura adatta, come polmoni, labbra e… e…

— Corde vocali — disse l’albero.

— Gia, quelle — convenne Scuotivento. Tacque e guardo la pioggia con aria cupa.

— Io credevo che i maghi sapessero tutto a proposito di alberi e cibo selvatico e… cose — disse Duefiori in tono di rimprovero. Raramente accadeva di percepire nella sua voce una nota che lasciasse supporre che lui non considerasse Scuotivento uno straordinario incantatore. Punto sul vivo, il mago reagi.

— So tutto, so tutto — scatto.

— Bene, questo che genere di albero e? — chiese il turista.

Scuotivento alzo gli occhi. — Un faggio — affermo.

— In realta… — comincio l’albero e subito s’interruppe. Aveva captato l’occhiata del mago.

— Quei cosi lassu sembrano ghiande — obietto Duefiori.

— Si, be’, questo e il sessile della varieta eptocarpica — disse Scuotivento. — Le noci assomigliano molto alle ghiande, in effetti. Possono ingannare praticamente chiunque.

— Accipicchia — esclamo Duefiori. — Allora, che cos’e quel cespuglio laggiu?

— Vischio.

— Ma ha delle spine e bacche rosse!

— E allora? — osservo severamente Scuotivento, fissandolo. Duefiori fu il primo a cedere.

— Niente — rispose arrendevole. — Devono avermi informato male.

— Giusto.

— Ma sotto ci sono dei grossi funghi. Si possono mangiare?

Scuotivento li guardo, cauto. Erano davvero molto grossi, con le cappelle a macchie bianche e rosse. In effetti appartenevano alla varieta che lo sciamano locale (il quale a questo punto era a chilometri di distanza a fare amicizia con una roccia) avrebbe mangiato solo dopo essersi legato una gamba a una grossa pietra con una fune.

Al mago non restava che uscire nella pioggia e osservarli.

S’inginocchio sul terriccio e sbircio sotto la cappella. Dopo un po’, disse con voce debole: — No, non sono affatto buoni da mangiare.

— Perche? — grido Duefiori. — Hanno le lamelle della sfumatura sbagliata di giallo?

— No, non proprio…

— Allora immagino che il gambo non ha la scanalatura giusta.

— Sembra a posto.

— La cappella, allora. Suppongo che la cappella sia del colore sbagliato.

— Non ne sono sicuro — disse Scuotivento.

— Be’, allora, perche non si possono mangiare?

Il mago tossi. — Si tratta delle porticine e delle finestrelle — rispose infelice. — E un segnale sicuro.

Il tuono rombava nell’Universita Invisibile. La pioggia batteva sui tetti e gorgogliava fuori dai doccioni, anche se uno o due dei piu astuti se l’erano svignata per andarsi a riparare tra le tegole. Molto piu in basso, nella Grande Sala, gli otto maghi piu potenti del mondo-Disco erano riuniti agli angoli dell’ottogramma cerimoniale. In realta, se si fosse conosciuta la verita, probabilmente essi non erano i piu potenti, ma possedevano di certo grandi poteri di sopravvivenza. Il che era piu o meno lo stesso nel mondo altamente competitivo della magia. Alle spalle di ogni mago dell’ottavo grado si teneva una mezza dozzina di maghi del settimo che cercavano di farlo fuori. Cosi, i maghi piu anziani si vedevano costretti a fare la massima attenzione a, diciamo, gli scorpioni nel loro letto. La situazione era sintetizzata dal seguente proverbio: quando un mago si stanca di cercare dei pezzi di vetro nella sua cena, vuol dire che e stanco della vita. Il mago piu vecchio, Greyhald Spold degli Antichi Saggi Originali del Circolo Intatto, si appoggio pesantemente sul suo bastone intagliato e parlo cosi:

— Va’ avanti, Weatherwax, i piedi non mi reggono.

Galder, che aveva fatto una pausa ad effetto, gli lancio un’occhiataccia.

— Benissimo, allora. Saro breve…

— Ottimo.

— Tutti noi abbiamo cercato un consiglio illuminante. Chi fra di noi puo affermare di averlo ricevuto?

I maghi si guardarono di sottecchi. Non esiste un luogo, all’infuori di una conferenza sindacale di fraterna utilita, dove trovare tanta reciproca sfiducia e sospetto come in una riunione di maghi di alto livello. Il fatto e che la giornata era andata molto male. Demoni, di solito pronti a dare informazioni, bruscamente evocati dalle Dimensioni Sotterranee, avevano reagito alle domande con aria sbigottita e se l’erano squagliata. Gli specchi magici si erano rotti. Le sfere di cristallo si erano appannate. Perfino le foglie del te, solitamente disprezzate dai maghi e indegne di essere da loro contemplate, si erano ammucchiate in fondo alle tazze e avevano rifiutato di muoversi.

In breve, i maghi li radunati non sapevano che pesci prendere. Ci fu un mormorio generale di assenso.

— E percio propongo di eseguire il Rito di AshkEnte — disse Galder in tono drammatico.

Doveva ammettere di avere sperato in una reazione migliore, qualcosa come, be’: 'No, non il Rito di AshkEnte! L’uomo non e stato fatto per immischiarsi in cose del genere!'.

Invece ci fu un mormorio generale di approvazione.

— Buona idea.

— Sembra ragionevole.

— Va’ avanti, allora.

Un po’ sbalestrato, Galder convoco una processione di maghi minori che trasportarono nella sala vari strumenti magici.

Si e gia accennato che all’epoca la confraternita dei maghi era in disaccordo sul come praticare la magia.

Specie i maghi piu giovani andavano intorno a dire che era tempo che la magia aggiornasse la propria immagine; che loro dovevano smettere di pasticciare con pezzetti di cera e con le ossa; che dovevano piuttosto procedere su una base bene organizzata, con programmi di ricerca e assemblee di tre giorni in buoni alberghi, dove leggere documenti con titoli quali 'Dove va la geomanzia?' e 'Il ruolo degli stivali dalle sette leghe in una societa responsabile'.

Trymon, per esempio, non eseguiva quasi nessuna magia in quei giorni ma gestiva l’Ordine con l’efficienza di una clessidra, scriveva una quantita di promemoria e teneva sulla parete del suo ufficio una grande mappa, ricoperta di chiazze colorate e bandierine e linee, incomprensibili agli altri, ma di grande effetto.

I maghi dell’altro tipo ritenevano che tutto cio fosse soltanto una sciocchezza e non volevano avere niente a che fare con una immagine. A meno che non fosse fatta di cera con gli spilli conficcati.

Tutti i maghi dell’ottavo grado la pensavano allo stesso modo, tradizionalisti com’erano. E gli utensili ammucchiati intorno all’ottogramma avevano decisamente un aspetto occulto molto serio. Corna di caprone, teschi, stravaganti arnesi di metallo e grosse candele in quantita, malgrado i maghi piu giovani avessero scoperto che si poteva benissimo eseguire il Rito di AshkEnte con tre pezzetti di legno e quattro centilitri di sangue di topo.

Di solito i preparativi richiedevano parecchie ore ma furono notevolmente abbreviati dal potere combinato dei maghi piu anziani, cosi che, dopo soli quaranta minuti, Galder canto le parole finali dell’incantesimo. Che rimasero sospese per un attimo davanti a lui prima di dissolversi.

Al centro dell’ottogramma l’aria vibro e si ispessi e racchiuse a un tratto un’alta figura scura, quasi interamente nascosta da una tunica e un cappuccio neri. E probabilmente era meglio cosi. Essa teneva in una mano una lunga falce. Impossibile non notare che al posto delle dita c’erano delle ossa bianche.

L’altra mano scheletrica reggeva uno spiedino con cubetti di formaggio e pompelmo.

— ALLORA? — disse la Morte. La sua voce aveva il calore e il colore di un iceberg. Vide l’occhiata dei maghi e abbasso lo sguardo sullo spiedino.

— ERO A UN RICEVIMENTO — disse, con l’ombra di un rimprovero.

— O Creatura di Terra e di Oscurita, noi ti intimiamo di abiurare da… — comincio Galder, con voce ferma e piena di autorita.

La Morte annui. — SI, SI, LO SO A MEMORIA, PERCHE MI AVETE CONVOCATA?

— Dicono che tu puoi vedere tanto il passato che il futuro — asseri Galder un po’ imbronciato, perche gli piaceva il solenne discorso dell’impegno e dell’evocazione e la gente diceva che se la cavava molto bene.

— E ASSOLUTAMENTE ESATTO.

— Allora forse puoi dirci che cosa precisamente e accaduto questa mattina? — domando Galder. Poi si riprese e aggiunse a voce alta: — Te lo ordino in nome di Azimrothe, di T’chikel, di…

— VA BENE, TI SEI SPIEGATO — lo interruppe la Morte. — CHE COSA DI PRECISO VOLETE SAPERE? QUESTA MATTINA SONO SUCCESSE UN SACCO DI COSE, DELLE PERSONE SONO NATE, ALTRE SONO MORTE, TUTTI GLI ALBERI SONO DIVENTATI UN PO’ PIU ALTI, SUL MARE LE INCRESPATURE HANNO DISEGNATO INTERASSANTI MOTIVI…

— Io intendevo parlare dell’Octavo — ribatte freddamente Galder.

— QUELLO? OH, QUELLO E STATO SOLTANTO UN RIAGGIUSTAMENTO DELLA REALTA. A QUANTO NE SO, L’OCTAVO ERA ANSIOSO DI NON PERDERE L’OTTAVO INCANTESIMO. PARE CHE STESSE CADENDO FUORI DAL DISCO.

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