— Tirala fuori.

— Potresti precipitare da centocinquanta metri giu in una torre nera come la pece e andare a schiantarti su delle pietre che certamente ci sarebbero — disse Duefiori.

Un silenzio mortale. Poi: — Questo era sarcasmo — lo accuso Scuotivento.

— Per me era semplicemente affermare una cosa ovvia. Da parte di Scuotivento venne un brontolio.

— Immagino che non potresti fare un po’ di magia… — comincio l’amico.

— No.

— Era solo un’idea.

Giu in basso si produsse un lampo di luce, grida confuse, quindi altre luci, altre grida, e una fila di torce che saliva su per la lunga spirale.

— C’e gente che sta venendo su per la scala — annuncio Duefiori, il quale amava sempre dare informazioni.

— Spero che stiano correndo. Non mi sento piu il braccio.

— Sei fortunato — replico l’ometto. — Io il mio lo sento.

La torcia che guidava la fila si fermo e si fece udire una voce, che riempi di echi indecifrabili la cavita della torre.

Duefiori si rendeva conto di stare gradatamente scivolando in avanti verso il buco. Disse: — Credo che ci stiano dicendo di tenere duro.

Scuotivento pronuncio un’altra parola.

Subito dopo disse, in tono piu basso e pieno di angoscia: — Il fatto e che non credo di reggere piu a lungo.

— Tenta.

— Non serve. Sento che la mano mi sta scivolando!

Duefiori sospiro. Era arrivato il momento di prendere misure drastiche. — Benissimo, allora. Lasciati andare. Guarda se me ne importa.

— Cosa? — Scuotivento era talmente sorpreso che si dimentico di lasciarsi cadere.

— Forza, muori. Scegli la via piu facile.

— Facile?

— Non devi fare altro che gettarti a capofitto giu e romperti ogni osso che hai in corpo… Chiunque puo farlo. Forza. Non voglio ricordarti che forse dovresti restare in vita perche abbiamo bisogno che tu pronunci gli Incantesimi e salvi il Disco. Oh, no. A chi interessa se finiamo tutti bruciati. Dai, pensa soltanto a te stesso. Lasciati andare.

Segui un lungo silenzio imbarazzato.

Alla fine Scuotivento disse, a voce piu alta del necessario: — Non so come sia, ma da quando ti ho conosciuto, mi sembra di avere trascorso un sacco di tempo appeso per le dita sopra un qualche abisso. Lo hai notato?

— Morte — lo corresse Duefiori.

— Come, morte?

Duefiori cercava d’ignorare il fatto che il suo corpo stava scivolando, adagio ma inesorabilmente, sulle lastre di pietra. — Appeso sopra una qualche morte. A te i luoghi alti non piacciono.

— Dei luoghi alti non m’importa — replico dall’oscurita la voce del mago. — Posso viverci con i luoghi alti. In questo momento sono le profondita che mi preoccupano. Sai che faro quando usciamo di qui?

— No. — Duefiori punto le dita dei piedi in una fessura tra due lastre di pietra e cerco di restare immobile con la pura forza della volonta.

— Mi costruiro una casa nel paese piu piatto che riesco a trovare, avra solo il pianterreno e non portero nemmeno dei sandali con le suole spesse…

La prima torcia comparve all’ultimo tornante della spirale e Duefiori si ritrovo a guardare la faccia sorridente di Cohen. Dietro a lui, ancora saltellante goffamente su per gli scalini, distinse la sagoma rassicurante del Bagaglio.

— Tutto bene? — chiese Cohen. — Posso fare niente? Scuotivento tiro un gran sospiro.

Duefiori riconobbe i segni. L’amico stava per dire una frase come 'Si, sento un prurito dietro il collo, potresti darci una grattatina, mentre passi?' oppure 'No, ci godo a stare appeso sopra un baratro'. E decise che in nessun modo avrebbe potuto tollerarlo. Si affretto a prevenirlo.

— Spingi Scuotivento di nuovo sulla scala — ordino.

Scuotivento, in procinto di fare la sua battuta, si sgonfio.

Cohen lo afferro per la vita e lo deposito sui gradini senza tante cerimonie.

— Sul pavimento laggiu c’e un bel macello — annuncio in tono discorsivo. — Chi era?

— Aveva — Scuotivento degluti — aveva… sai… tentacoli e roba del genere?

— No. Solo i resti normali — rispose Cohen. — Un po’ spiaccicati, naturalmente.

Scuotivento guardo Duefiori, che scosse la testa.

— E solo un mago che si e lasciato prendere la mano — disse.

Scuotivento, con passo incerto e le braccia doloranti, si lascio aiutare a risalire in cima alla torre.

— Come sei arrivato qui? — aggiunse.

Cohen addito il Bagaglio che si era avvicinato a Duefiori trotterellando e aveva spalancato il coperchio, come un cane che sa di essersi comportato male e spera di evitarsi la giusta punizione con un rapido sfoggio di affettuosita.

— Un po’ sobbalzante ma veloce — disse con ammirazione il vecchio eroe, rivolto a Duefiori. — Nessuno ci prova a fermarlo, te lo dico io.

Scuotivento guardo il cielo. Era pieno di lune, enormi dischi bucherellati di crateri, divenuti ormai dieci volte piu grandi del piccolo satellite del Disco. Li fisso senza grande interesse. Si sentiva esausto e teso ben oltre il punto di rottura, fragile come un vecchio elastico.

Noto che Duefiori stava cercando di mettere a punto la sua scatola a immagini.

Cohen invece osservava i sette maghi.

— Un posto curioso per metterci delle statue — osservo. — Nessuno puo vederle. Bada bene, non posso dire che siano un granche. Un’opera assai scadente.

Barcollando, Scuotivento ando vicino a Wert e gli batte con precauzione sul petto. Il mago era di solida pietra.

'A questo punto, voglio soltanto andarmene a casa' penso.

'Aspetta un momento, sono a casa. Piu o meno. Cosi ho soltanto bisogno di un buon sonno e forse domattina tutto andra meglio.'

Lo sguardo gli cadde sull’Octavo, delineato da minuscole scintille di ottarino. 'Oh si' penso.

Lo raccolse e ne sfoglio distrattamente le pagine. Erano coperte da una scrittura complessa e ondeggiante che cambiava e si riformava sotto i suoi occhi. Come indecisa su cio che avrebbe dovuto essere. Un momento erano caratteri ordinati e pratici, e subito dopo una serie di geroglifici angolosi. Quindi le misteriose lettere a spirale della lingua kythiana. E ancora gli ideogrammi di una scrittura antica, una scrittura malvagia e dimenticata, consistente esclusivamente di creature serpentine in movenze complicate intese a farsi reciprocamente del male…

L’ultima pagina era vuota. Scuotivento sospiro e guardo nella profondita della sua mente. L’Incantesimo gli restitui lo sguardo.

Scuotivento aveva sognato il momento in cui finalmente avrebbe espulso l’Incantesimo e, ripreso possesso della propria testa, avrebbe appreso tutti quei sortilegi minori che, fino allora, avevano avuto troppa paura per rimanere nella sua mente. In certo modo, quel momento lo aveva immaginato molto piu eccitante.

Invece, completamente esausto e senza nessuna voglia di mettersi a discutere, fisso freddamente l’Incantesimo e metaforicamente fece un gesto significativo col pollice sopra la spalla.

'Tu. Fuori.'

Per un momento sembro che l’Incantesimo volesse protestare, ma saggiamente ci ripenso.

Scuotivento provo un formicolio, un lampo azzurro dietro gli occhi e un senso improvviso di vuoto.

Quando abbasso lo sguardo sulla pagina, era piena di parole. Ancora geroglifici. Lui ne fu contento. Non solo gli ideogrammi serpentini non erano profferibili, ma probabilmente anche impronunciabili e gli rammentavano cose che gli sarebbe stato assai difficile dimenticare.

Fisso il libro senza vederlo mentre Duefiori si muoveva inosservato e Cohen tentava invano di sfilare gli anelli dalle dita dei maghi pietrificati.

Doveva fare qualcosa, si ricordo Scuotivento, ma che cosa?

Apri il libro alla prima pagina e comincio a leggere, muovendo le labbra e seguendo col dito ogni lettera. Mentre la pronunciava, ogni parola appariva senza suono nell’aria accanto a lui, a colori vivaci che si perdevano nel vento della notte.

Giro la pagina.

Altre persone stavano arrivando su per la scala, adepti della stella, cittadini, perfino alcuni componenti della guardia personale del Patrizio. Due di quelli della stella tentarono senza troppa convinzione di avvicinarsi a Scuotivento, il quale era adesso circondato da un turbine di lettere di tutti i colori dell’arcobaleno e non presto loro alcuna attenzione. Ma Cohen, sguainata la spada, li guardo con aria indifferente e quelli ci ripensarono.

Dalla figura china di Scuotivento il silenzio si propagava come le increspature dell’acqua in una pozzanghera. Si riverso giu dalla torre, si disperse tra la folla in basso, aleggio sopra le mura, scivolo attraverso le tenebre della citta e si richiuse sulle terre piu in la.

La massa della stella incombeva silente sul Disco. Nel cielo intorno ad essa le nuove stelle ruotavano adagio e senza rumore.

L’unico suono era il mormorio rauco di Scuotivento mentre voltava pagina su pagina.

— Non e eccitante? — esclamo Duefiori. Cohen, che si stava arrotolando una sigaretta con i resti catramosi delle sue antenate, lo guardo senza comprendere, con la mano a mezz’aria.

— Che cosa non e eccitante? — domando.

— Tutta questa magia.

— Sono solo luci — ribatte l’altro in tono critico. — Non ha nemmeno tirato fuori delle colombe dalle maniche.

— Si, ma non riesci a sentire l’occulta potenzialita?

Cohen estrasse dalle profondita della sua borsa di tabacco un grosso fiammifero giallo, guardo per un momento Wert e glielo accese risoluto sul naso fossilizzato.

— Ascolta — disse a Duefiori, cercando di essere il piu cortese possibile. — Cosa ti aspetti? Io sono stato in giro a lungo, ho assistito a tutta questa faccenda della

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