Harris premette col pollice la piastra di apertura. Le valigie si spalancarono. Il funzionario tasto il contenuto superficialmente, annui, premette un pulsante che azionava un raggio-spia elettronico e aspetto un eventuale ronzio di avvertimento. Nessun rumore.

«Niente da dichiarare?»

«Niente.»

«Okay. Siete a posto. Chiudete pure.»

Harris richiuse le valigie, e l’uomo le tocco per un attimo con un timbro-tracciatore radioattivo. Il timbro non lasciava nessuna impronta visibile, ma i dispositivi fotonici di controllo sistemati in corrispondenza di ogni porta ne avrebbero captato le radiazioni, e nessun passeggero con bagaglio non timbrato avrebbe potuto attraversare le barriere elettroniche.

«Dove vado, ora?» chiese Harris.

«La prossima tappa e all’Ufficio Immigrazione, maggiore.»

All’Immigrazione diedero un’altra rapida occhiata al passaporto, presero nota che lui era alle dipendenze dello Stato e lo passarono all’Ufficio Sanitario. Li provo un attimo di paura. Ogni cinquanta passeggeri provenienti dalla nave, uno veniva trattenuto a caso per subire un completo esame medico che escludesse il contagio della peste. Se la scelta fosse caduta su di lui, tutto sarebbe finito li. Dieci secondi davanti a un fluoroscopio avrebbero rivelato che un individuo con una struttura scheletrica come la sua non poteva essere nato a Cincinnati.

La scelta cadde altrove. Harris lascio l’Ufficio Sanitario dopo un controllo molto superficiale. All’ultimo sportello, sul suo passaporto fu apposto un visto di rientro, e l’impiegato disse: «E molto che mancate dalla Terra, vero, maggiore?»

«Dieci anni. Spero che le cose non siano troppo cambiate.»

«Le donne, comunque, sono sempre le stesse» disse l’impiegato, con un’occhiata maliziosa. Prese i documenti di Harris in un fascio, li ficco di nuovo nella busta e glieli restitui. «Tutto a posto, maggiore. Avanti diritto, poi prima porta a sinistra. E buona fortuna sulla Terra.»

Harris lo ringrazio e si avvio, una valigia per ciascuna mano. Un mese prima, all’inizio del viaggio, quelle valigie gli erano sembrate pesanti. Ma allora era lassu, su Darruu. Sulla Terra pesavano molto meno. E le portava con disinvoltura.

Presto sara primavera, a casa penso. Gli alberi di jasaar dalle rosse foglie fioriranno e il loro dolce profumo saturera l’aria.

Scaccio rabbiosamente quel pensiero. Era sciocco tormentarsi cosi. Lui non era piu un darruuese. Era il maggiore Abner Harris, di Cincinnati, che tornava sulla Terra per una vacanza di otto mesi.

Ricordava gli ordini. Doveva trovarsi una residenza, evitare di essere scoperto e, nella seconda settimana del suo soggiorno, mettersi in contatto con il capo degli agenti Darruuesi sulla Terra. Soltanto allora avrebbe ricevuto altre istruzioni.

2

Ci vollero venti minuti di elitassi dallo spazioporto all’area metropolitana. Maneggiando il denaro terrestre con disinvoltura, come se ci fosse abituato da sempre, Harris pago il pilota, lasciandogli il quindici per cento esatto di mancia, e scese. Si era fatto condurre a un albergo nel cuore della citta: lo Spaceways Hotel. Ce n’era uno in ogni citta della galassia dotata di spazioporto; la catena era gestita dagli armatori spaziali e da una societa a responsabilita limitata, per comodita dei viaggiatori che non avevano un alloggio sul pianeta di arrivo.

Harris firmo e gli fu assegnata una camera al 58° piano. Il terrestre di turno al bureau controllo i suoi documenti e, allungandogli la piastra di registrazione, disse: «A voi non da noia l’altezza, vero, maggiore?»

«Per niente.»

Un ragazzo gli prese le valigie. Su Darruu sarebbe stata un’umiliazione portare i bagagli di un’altra persona, ma Harris si ripete ancora una volta che quello non era Darruu. Quando fu nella sua stanza, diede al ragazzo una moneta da mezza unita; il lift si profuse in ringraziamenti, poi lo lascio in pace.

Chiuse a chiave la porta. Per la prima volta dopo la sua partenza era veramente solo. Si avvicino ai bagagli e pratico abilmente tutta una serie di pressioni e stiramenti che gli permisero di accedere alle parti nascoste. Come per miracolo, le valigie raddoppiarono di volume, mentre lui ne faceva scattare la serratura. Quello era il sistema ideale di riporre gli oggetti che si volevano nascondere ai funzionari della dogana.

Comincio a disfare i bagagli.

La prima cosa che ne usci fu un piccolo aggeggio che aderi perfettamente all’interno della porta della stanza, diventando praticamente invisibile. Era un dispositivo di disturbo per raggi-spia e garantiva l’indispensabile privacy.

Poi venne la volta di una pistola a raggio annientatore. Harris la fece scivolare nella tasca della giacca dopo averne controllato la carica.

C’erano anche parecchi libri, un fiasco di vino di Darruu e una foto dell’albero piantato nel giorno della sua nascita. Portandosi dietro tutte queste cose, non aveva aumentato i rischi che gia correva. In realta, possedeva oggetti assai piu compromettenti.

Il comunicatore subspaziale, per esempio. O l’amplificatore a breve raggio che serviva a segnalare la sua presenza agli altri membri del gruppo segreto di Darruuesi stabilitosi sulla Terra.

Harris fini di disfare le valigie e le ridusse di nuovo al loro stato tridimensionale. Poi prese un piccolo bisturi dalla borsa degli attrezzi. Si sfilo rapidamente i calzoni e mise a nudo la zona desensibilizzata nella parte carnosa della coscia. Fisso per un attimo la rete di sottili fili d’argento che stava sotto la carne, e con tre soli giri di lame modifico la regolazione termostatica del suo corpo.

Rabbrividi, mentre il suo metabolismo si adattava al cambiamento. Poi, a poco a poco, comincio a sentire caldo. Richiuse la ferita e ci applico sopra del mastice speciale. Pochi minuti dopo era perfettamente rimarginata. Si rivesti.

Diede un’occhiata alla stanza. Venti metri quadrati, con un letto, una scrivania, un armadietto a muro e una toilette. C’era una piccola griglia per il condizionamento dell’aria montata nel soffitto. Le solite piastre emanavano una luce verdastra elettroluminescente. Sotto una finestra ovale, era sistemato un gruppo di comandi per la polarizzazione. C’erano anche un bagno e un lavabo molecolari. Insomma, non era la stanza piu squallida, ma neanche la piu elegante che avesse mai occupato. Cercando di adattarsi alla mentalita dei Terrestri, si disse che per venti unita alla settimana poteva andare.

Il calendario della stanza segnava le tre e mezzo pomeridiane del 22 maggio 2562. Lui doveva mettersi in contatto con la Centrale solo di li a dieci giorni o piu. Chiuse gli occhi e calcolo che sulla Terra sarebbe stata la prima settimana di giugno. Fino a quella data, avrebbe recitato la parte del terrestre in vacanza.

La chirurgia plastica aveva apportato alcune piccole modifiche al suo metabolismo, per dargli il gusto del cibo e delle bevande terrestri e per consentirgli di digerire i carboidrati che gli abitanti della Terra consumavano con tanta avidita. Non avevano trascurato proprio niente perche lui potesse impersonare alla perfezione il ruolo del maggiore Abner Harris. Gli avevano dato anche cinquantamila unita di denaro terrestre: gli sarebbero bastate per un bel po’.

Applico con cura il dispositivo che serviva a tenere lontani gli eventuali «curiosi» mentre lui era assente. L’intruso che avesse cercato di entrare nella stanza furtivamente, avrebbe ricevuto una scarica di energia, non mortale, ma per niente piacevole. Controllo il portafoglio per essere certo di avere con se il denaro e premette il congegno di apertura della porta scorrevole.

Questa si apri silenziosamente, e lui usci nel corridoio. In quello stesso istante qualcuno che arrivava in gran fretta gli fini contro, facendogli fare una giravolta. Un contatto morbido e piacevole.

Una donna!

La reazione immediata che gli si scateno dentro fu di furore, ma Harris controllo l’istinto di colpire la sconosciuta prima che l’impulso si facesse irresistibile. Su Darruu, una donna che si permettesse di urtare un Servo dello Spirito poteva solo aspettarsi una buona dose di frustate.

Ma li non erano su Darruu.

Ricordo una frase delle istruzioni ricevute durante l’addestramento: Vi sara utile stabilire una

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