All’improvviso lei alzo una mano, disegnando un rapido arco verso l’alto. Qualcosa brillo, lampeggiandole tra le dita.

Beth rise.

E Harris arretro impotente, mentre il raggio paralizzante di una stordi-pistola lo colpiva in faccia con la forza di una clava. Era stata svelta, troppo. Harris aveva appena fatto in tempo a notare un movimento, che lei aveva gia estratto l’arma nascosta.

La ragazza colpi ancora.

Lui lotto per afferrare il proprio annientatore, ma i muscoli non ubbidirono.

Rotolo in avanti, stordito, paralizzato.

4

Harris fu scosso da un brivido freddo e si sveglio, battendo i denti. Sentiva pulsazioni dolorose sul fondo dei globi oculari e un vuoto allo stomaco. La scarica aveva temporaneamente sovraccaricato i neuroni, e il corpo si era sottratto alla frustrazione della paralisi piombando nell’incoscienza.

Ora stava svegliandosi, e le forze rifluivano lentamente e dolorosamente nei muscoli. Tutto l’organismo era esaurito, sfinito.

La luce del mattino entrava, pallida, da una finestra depolarizzata che si apriva nella parete sinistra della stanza sconosciuta, dove lui si trovava. Non era impedito, non era legato, ma si sentiva rigido e dolorante dappertutto, ogni muscolo contratto e congestionato. Si chiese dove avesse trascorso la notte. Non certo in un letto. Probabilmente sul pavimento freddo di quella stanza.

Porto le mani alla fronte e premette forte. Il pulsante martellio sembro cessare, ma fu un sollievo di breve durata. Non era uno scherzo restare stordito da un raggio paralizzante. Gli era capitato una sola volta prima di allora; un incidente involontario, durante una seduta di allenamento. Ora, invece, aveva ricevuto in pieno due scariche complete. La stordi-pistola era considerata un’arma poco pericolosa, ma i medici dicevano che l’organismo non poteva sopportare piu di due o tre scariche in un anno. Una dose eccessiva, e i nervi avrebbero ceduto completamente, i muscoli si sarebbero inceppati… compreso il muscolo cardiaco e quelli che azionano i polmoni.

Harris si levo faticosamente in piedi e si guardo intorno. Era una cella, piu che una stanza. La finestra si apriva in alto, fuori portata, ed era difesa da un’inferriata, per impedire la fuga. Non si vedevano porte. Evidentemente una sezione di una delle pareti girava su se stessa o scorreva, permettendo il passaggio: non potevano averlo introdotto in altro modo. Ma l’apertura doveva essere perfettamente mimetizzata, perche non si vedeva nessun segno nel muro.

Era in trappola.

Un bel guaio, per un Servo dello Spinto! Farsi raggirare da una ragazza (una medlinese, per di piu); ingolfarsi in un caos di emozioni; lasciarsi sopraffare, stordire e catturare. Non era certo un rapporto che gli faceva onore. La sua missione sulla Terra era iniziata sotto cattivi auspici, e forse si sarebbe conclusa molto presto.

Guardo in alto. Nel soffitto c’era una griglia circolare, del diametro di circa diciassette centimetri. La presa dell’aria condizionata, senza dubbio. E probabilmente ospitava anche qualche dispositivo spia, che permetteva di sorvegliare e di comunicare con il prigioniero.

Fisso la griglia e disse, con voce aspra: «Okay, chiunque siate. Sono sveglio, ora. Potete venire a sistemarmi del tutto.»

Non ci fu una risposta immediata; solo un debole ronzio che lasciava indovinare la presenza di un orecchio elettronico all’interno del foro. Harris infilo una mano sotto la cintura e strinse tra due dita una piega di carne: un leggero pizzicotto che aziono un minuscolo amplificatore incassato in quel punto. Un segnale di pericolo parti verso ogni agente di Darruu che si trovasse nel raggio di mille e cinquecento chilometri. Poi Harris si gratto pigramente il torace e si stiracchio, sbadigliando.

Aspetto.

Passarono due o tre minuti interminabili. Infine la sua attenzione fu attratta da un lieve rumore nella parete, e un istante dopo una porzione rettangolare di questa scorse verso l’alto, con un ingegnoso sistema che lui non riusci a individuare.

Tre persone entrarono nella cella.

Harris ne riconobbe una: Beth. Si era cambiata e indossava una tunichetta fresca e semplice. Gli sorrideva con autentica cordialita, per niente turbata dal tentativo di ucciderla che lui aveva compiuto la notte precedente.

«Buon giorno, maggiore» disse dolcemente.

Harris la guardo con freddezza, poi fisso gli altri due personaggi che la seguivano.

Uno era un terrestre dall’aspetto comune, senza particolari caratteristiche e di statura inferiore alla media. L’altro, invece, era fuori dell’ordinario: alto piu di un metro e ottanta, proporzionato in rapporto all’altezza e con lineamenti regolari che sembravano incredibilmente belli perfino a un darruuese.

«Maggiore Abner Harris, gia Aar Khiilom di Darruu, questo e Paul Coburn, dei servizi segreti di Medlin» disse Beth, indicando il terrestre di aspetto comune.

«Piacere» disse placidamente il medlinese chiamato Paul Coburn, allungando una mano.

Harris fisso la mano con aria sprezzante e non la strinse. Sapeva che cosa significava una stretta di mano sulla Terra, e non aveva intenzione di scambiarla con un agente del servizio segreto di Medlin.

Beth non sembro affatto turbata dalla mancanza di educazione del prigioniero. Indico il gigante e disse: «E questo e David Wrynn, della Terra.»

«Un terrestre autentico? Nato e cresciuto su questo pianeta?» chiese ironicamente Harris. «Oppure uno sintetico, ottenuto in laboratorio, come tutti noi?»

Wrynn sorrise cordialmente. «Vi garantisco che sono un prodotto locale, maggiore.» La sua voce aveva le risonanze profonde di un violoncello bene accordato, e il suo sorriso era cosi pieno di cordialita, che Harris si senti a disagio.

Allora incrocio le braccia e fulmino tutti con un’occhiata. «Davvero gentile da parte vostra pensare alle presentazioni» disse. «E adesso, che si fa? Si gioca a carte? A scacchi? Si prende un te?»

«Sempre bellicoso» mormoro Beth all’altro medlinese. Coburn annui e sussurro qualcosa che Harris non riusci ad afferrare. Il gigantesco terrestre aveva un’aria dolce, tranquilla, per niente turbata.

Harris li guardo tutti con freddezza e sbotto: «Se avete intenzione di torturarmi, perche non cominciate subito e la fate finita?»

«E chi ha parlato di torturarvi?» disse Beth.

«Perche mi avreste portato qui, allora? Evidentemente volete strapparmi delle informazioni. Sbrigatevi» disse lui. «Fate quello che dovete fare. Sono pronto.»

Coburn rise e si accarezzo le morbide pieghe di carne sotto il mento. «Credete forse che non sappiamo che sarebbe inutile torturarvi?» disse con mitezza. «Se tentassimo di entrare nella vostra mente attraverso le vie neurali, le cellule della vostra memoria reagirebbero automaticamente, andando in corto circuito.»

Harris resto un attimo a bocca spalancata, scioccato. «Chi vi ha detto che…»

Si fermo. I Medlinesi avevano certo un’organizzazione spionistica efficientissima. Il circuito filtro del suo cervello era una novita segretissima, nota solo ai chirurghi e agli agenti di Darruu.

«Calmatevi e ascoltateci, per favore» disse Beth. «Non siamo venuti affatto per torturarvi. Parlo sul serio. Sappiamo gia tutto quello che potreste dirci voi.»

«Ne dubito. Comunque, parlate pure.»

«Sappiamo quanti agenti di Darruu si trovano sulla Terra e sappiamo anche pressappoco dove si trovano.»

«Ah, si?»

«Siete in dieci, no?»

Lui non fece una piega. Questo e un trucco per trovare conferma alle loro deduzioni. oppure sono informati davvero? «Forse dieci e forse diecimila» disse,

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