Poi, una notte, si alzo, svegliandosi da un sonno profondo.

Non appena gli occhi le si schiarirono, si accorse di trovarsi in un cortile sotterraneo, in quella stessa citta, deserta.

Case enormi la circondavano come scogliere scure, e la luce lunare riempiva la piazza proiettando chiaramente la sua ombra sul lastrico sporco e fangoso che si trovava sotto i suoi piedi nudi. Il luogo era deserto, un vero cortile di morti. La spettrale luce argentea cadeva a rischiarare la facciata orientale di un palazzo.

Gil si accorse che le sue grandi porte erano state scardinate, ed ora giacevano al suolo in pezzi sparsi. Da quella soglia vuota, un vento improvviso e sottile inizio a soffiare, incessante, senza direzione, alzando un turbinio graffiante di foglie morte e di sterpi. La ragazza percepi, al di la delle finestre simili ad orbite vuote, un suono, uno strisciare sordo, quasi che il buio stesso si spostasse attraverso l’ombra, ronzando ciecamente e furiosamente alla ricerca di una via d’uscita.

Degluti nervosamente; il respiro le divento affannoso per la paura mentre guardava il cancello arcuato alle sue spalle che dava sulla strada deserta. Anche il cancello pero era immerso nell’oscurita, e la ragazza provo una fredda ed irragionevole paura di attraversare le ombre raccolte sotto quell’alta volta.

Il vento aumento, gelandola. Si diresse allora verso il cancello rabbrividendo: i suoi piedi erano di ghiaccio sul pavimento di marmo. Il silenzio di quella scena era terribile: persino la fuga chiassosa e frenetica del primo sogno sarebbe stata ben accetta. Quella volta era scivolata tra la folla impazzita che non la vedeva, ma non l’aveva lasciata sola. Adesso, terribile e misterioso, un tremendo pericolo incombeva su di lei, nascosto oltre la soglia violentata di quel palazzo. Doveva assolutamente fuggire da li, perche stavolta non si sarebbe risvegliata: sapeva di essere gia sveglia!

Si mosse ma, non appena ebbe girato il capo, ebbe la sottile e angosciosa impressione che qualcosa si muovesse dietro di lei, strisciando sul terreno nelle ombre appena sotto il muro. Prosegui senza voltarsi, ma l’oscurita sembro seguirla, soffocando nel suo avanzare la luce della luna. Gil inizio a correre tentando di sfuggire a quell’inseguitore oscuro che la minacciava con la sua presenza immanente eppure visibile. Frammenti di metallo e pietre taglienti ferirono i suoi piedi nudi, ma il dolore fu soffocato da quel senso incombente di terrore ingigantito dal soffio gelido del vento. La ragazza percepi piu che vedere qualcosa che si muoveva nell’arco sopra il suo capo. Allora si precipito come una folle nella strada, ed i suoi piedi insanguinati lasciarono impronte rossastre sui ciottoli che lastricavano la via.

Gil corse. Corse come mai aveva fatto in vita sua: con il fiato spezzato dal panico, attraverso le strade deserte della citta, tra le rovine ed i marciapiedi silenziosi dove unici testimoni erano macerie e nude ossa umane. Ad ogni angolo nuove ombre l’attendevano, immobili pareti di oscurita che aumentavano il suo terrore. Sotto ogni cavita e dietro ogni troncone di albero, si nascondevano forme simili a quelle di mostruosi grondoni gotici.

I soli rumori che accompagnavano la sua corsa erano quelli picchiettanti dei suoi piedi nudi, e quello, affannoso, del suo respiro. I soli movimenti erano quelli da lei stessa provocati nella corsa, e quelli della sua ombra mentre, alle sue spalle, il vento e l’oscurita incalzavano scivolando in silenzio, come fumo.

La ragazza fuggi ciecamente verso le buie caverne delle vie, con i piedi e le gambe insensibili, inciampando senza sapere in cosa: la guidava un istinto, la consapevolezza inconscia che l’unica sua salvezza era costituita dal Palazzo. Li avrebbe trovato Ingold, e lo Stregone l’avrebbe protetta e salvata!

Corse finche si sveglio.

Si aggrappo singhiozzando al cuscino inzuppato del sudore gelido del suo stesso terrore, con il corpo che le doleva, ogni muscolo provato dalla tensione e dalla paura.

Soltanto con gradualita riusci a capire dove si trovasse, e la dolce luce lunare le mostro gli oggetti familiari di Clarice Street fino a quel momento lontana dai suoi occhi spauriti, spersi nel confine tra due mondi.

Con un supremo sforzo di volonta, si strappo al sonno obbligandosi a pensare. Provava dolori lancinanti alle gambe, ed i suoi piedi erano addirittura di ghiaccio sotto le coperte. Cerco di fare ordine in tutta quella confusione di pensieri tentando di trovare uno sbocco razionale alle sue impressioni.

Questo e perche ho sognato di avere i piedi freddi, penso, quindi ora non posso che avere i piedi freddi…

Con dita tremanti cerco a tentoni la lampada, l’accese, e rimase li tremante ripetendosi l’ormai disperata, incredula, solita litania:

«E stato un sogno. Soltanto un sogno. Dio, per favore, fa che sia stato solamente un sogno…»

Nonostante continuasse a sussurrarlo non pote pero liberarsi della sensazione umida ed appiccicaticcia che provava alle piante dei piedi. Si piego su se stessa rannicchiandosi per riscaldarli, ma la vista delle dita delle sue mani macchiate di sangue, le richiamo bruscamente alla memoria il luogo nel quale si era tagliata sulle pietre frantumate, appena oltre il cancello…

Cinque notti dopo, c’era la luna piena.

La sua luce sveglio Gil d’improvviso facendola emergere dal sonno con un sobbalzo, una convulsione di paura. Poi, lentamente, la ragazza riconobbe le forme familiari — silenziose nel buio — che riempivano la sua casa, e capi che non era successo nulla: si trovava ancora nell’appartamento di Clarke Street!

Rimase immobile, al buio, sdraiata in attesa che qualcosa o qualcuno la riportasse indietro, senza alcuna possibilita di scampo, in quel mondo di incubi e paure. La luce chiara della luna si rifletteva sulla coperta accanto a lei, palpabile come un foglio di carta.

«Ho dimenticato di sprangare la porta», penso tra se la ragazza.

Si trattava piu che altro di una formalita: l’appartamento aveva una serratura robusta, e il suo vicino era una persona tranquilla. Si trattava di una sorta di rito notturno che la ragazza compiva sempre.

Decise di non pensarci e di ritornare a dormire, ma non ci riusci. Dopo un minuto si trascino fuori dal letto, rabbrividendo per il freddo, e raccolse dal pavimento il suo kimono decorato con la figura di un grande pavone. Se lo infilo e si diresse silenziosamente verso la cucina. Trovo facilmente la strada al buio; tastando il muro, raggiunse l’interruttore della luce e l’accese:

Lo Stregone Ingold era seduto al tavolo della sua cucina!

Il primo pensiero di Gil fu quello di considerare, in maniera del tutto automatica, che quella era la prima volta che lo vedeva alla luce del suo mondo. Lo Stregone sembrava piu vecchio, piu affaticato; il suo semplice abito bianco e marrone appariva consumato, macchiato, logoro; ma il suo aspetto era sempre lo stesso, quello di un vecchio gentiluomo, l’uomo che Gil aveva sempre visto nei suoi sogni. Era il Consigliere del Re, lo Stregone che, come ricordava Gil, era avanzato verso l’Oscurita per affrontarla, mentre la lama della sua spada lampeggiava rossastra contro il buio!

E stupido, penso, pazzesco…

E non tanto perche lo avesse incontrato di nuovo, ma per le circostanze di quell’incontro, li, nella linda cucina del suo appartamento.

Che diavolo ci fa qui?, mormoro la ragazza dentro di se. Se era veramente un sogno… ma Gil sapeva che non lo era.

Si guardo intorno automaticamente e scorse i piatti della sera prima ammonticchiati, ancora sporchi nel lavello. Anche il piano del tavolo era coperto da uno strato di bucce di mela, indici di libri, tazze di caffe, e fogli di carta scarabocchiati. Due vecchie magliette erano appese alla spalliera di una seggiola, una addirittura sulla stessa sedia dove sedeva tranquillo Ingold. L’antiquato orologio elettrico dietro la sua testa segnava le tre del mattino. La ragazza provo un senso di scoramento scorgendo la scena: era tutto troppo squallidamente vero per non sembrare triste e grigio, e lei, questa volta, non stava ne dormendo ne sognando.

«Cosa fai qui?», chiese.

Lo Stregone alzo le sopracciglia aggrottandole per la sorpresa.

«Sono venuto a parlarti», replico.

La ragazza riconobbe immediatamente la voce e capi di averla conosciuta da sempre.

«Voglio dire: come hai fatto ad arrivare qui?»

«Potrei anche darti una spiegazione tecnica», rispose lo Stregone, ed il sorriso che illumino per un attimo il suo viso lo fece sembrare molto giovane. «Ma che importanza ha? Ti basti sapere che ho attraversato il Vuoto per trovarti. Ho bisogno del tuo aiuto!»

«Hunhh…»

Il gemito che usci dalla gola di Gil non era certo il genere di risposta che la ragazza avrebbe voluto dare, e

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