La VUL-XV aveva lasciato la Terra a un’accelerazione di tre-g, scagliando dietro di se un getto ardente di nuclei fino ad accumulare una velocita pari a tre quarti di quella della luce. La propulsione normale venne staccata, e l’astronave prosegui per inerzia a una velocita abbastanza rapida da farle descrivere quasi cinque volte l’orbita terrestre in un batter d’occhio. Intanto, i suoi quattro passeggeri non sapevano come frenare la propria impazienza.

Bernard fissava le pagine del suo libro senza poterne cogliere il significato. Havig passeggiava su e giu. Dominici stringeva i denti e corrugava la fronte al punto che le sopracciglia si univano. Stone stava incollato all’oblo, scrutando la gelida luminosita degli astri come se aspettasse da loro la risposta a qualche muto interrogativo.

I quattro uomini erano alloggiati tutti insieme nello scompartimento posteriore della snella astronave. In quello anteriore stavano Laurance e gli altri quattro ufficiali. Terminata l’accelerazione, Bernard si porto a prua per guardarli lavorare. Era come osservare i sacerdoti di qualche misterioso rito. Laurance stava al centro del pannello di controllo come un albero nella tempesta, mentre attorno a lui gli altri si adoperavano in un vero parossismo di attivita. Nakamura, gli occhi incollati all’oculare di uno strumento per la navigazione tra gli astri, trasmetteva numeri a Clive. Clive li integrava e li passava a Hernandez, che li inseriva in un calcolatore. Peterszoon correlava i dati. Laurance li coordinava. Ciascuno aveva la sua incombenza, ciascuno la eseguiva alla perfezione. Sbalordito dalla loro fredda efficienza, Bernard se ne venne via in preda al piu vivo stupore: come succede ai profani.

E naturalmente, pensava, loro trovano altrettanto misterioso che si possa scrivere un sonetto, o formulare dei teoremi sociometrici. La complessita e solo una questione di punti di vista. Buona, questa! E filosofia relativistica…

Il tempo si trascinava penosamente. Qualche ora dopo, quando i quattro passeggeri stavano per farsi venire una crisi di nervi, la porta del loro scompartimento si apri, ed entro Clive.

Era piccoletto e minuto, con una faccia giovanile e maliziosa, e i capelli ricciuti precocemente imbiancati. Sorrise e disse: «Stiamo passando attraverso l’orbita di Plutone. Il Comandante Laurance mi incarica di avvertirvi che da un istante all’altro eseguiremo la conversione massa-tempo.»

«Ci avvertirete?» chiese Dominici. «Oppure accadra cosi, all’improvviso?»

«Ve ne accorgerete. Prima di tutto suoneremo il gong, e poi non potrete fare a meno di avvertirla.»

«Grazie al cielo siamo fuori del sistema solare» disse con enfasi Bernard. «Credevo che la prima parte del viaggio durasse in eterno. Clive rise.» Ma vi rendete conto che abbiamo coperto piu di cinque miliardi di chilometri in meno di un giorno?

«M’e sembrato un’eternita, comunque.»

«Gli uomini spaziali dell’ultimo Medioevo erano contenti quando potevano raggiungere Marte in un anno» disse Clive. «E voi vi lamentate? Dovreste provare un po’ cosa significa spostarsi da una stella all’altra a propulsione normale. Che ne direste di passare cinque anni in una navicella come questa solo per andare a impiantare un transmat su Betelgeus’e XXIX? Allora si che imparereste ad essere pazienti, signori miei.»

«Quanto tempo resteremo nell’iperspazio?» chiese Stone.

«Diciassette ore. Poi occorrera qualche altra ora per decelerare. Diciamo un giorno intero, tutto considerato, da qui all’atterraggio.» Il piccolo astronauta mostro i denti in un sorriso scherzoso. «Pensate un po’! Un giorno e mezzo per coprire una distanza di diecimila anni-luce, e voi vi lamentate!» Ruppe in una risata omerica, battendosi una coscia. Bernard e gli altri tre osservavano quella manifestazione d’ilarita senza fare commenti.

Poi Clive riprese serio. «Ricordate… quando sentirete il gong, imziera la manovra di conversione.»

«Dovremo legarci?»

Clive scosse la testa. «Non ci sara cambio di velocita, non sentirete alcuno sbalzo.» Sorrise. «Chissa, forse non sentirete proprio niente del tutto. Siamo ancora alle prime armi con questa storia della velocita ultra-luce… Speriamo in bene.»

Non ci fu risposta. Clive si strinse nelle spalle e usci, lasciando che la portina a molla della paratia si richiudesse da sola.

Bernard rise. «Ha ragione lui, naturalmente. Siamo idioti a mostrarci cosi impazienti. Il fatto e che siamo abituati a trovarci in un luogo nell’istante medesimo in cui formuliamo il pensiero di andarci. Per loro, questo viaggio dev’essere ridicolmente breve.»

«Non m’importa un corno di come sembra a loro» brontolo Dominici. «Io so che, per me, dovermene restare seduto in una cabina per tante ore e una penitenza spaventosa. E anche per voi, penso.»

«Forse ora potrete constatare com’e utile imparare a rassegnarsi a un’esistenza scomoda» sentenzio Havig in tono solenne. «L’impazienza non e degna dell’uomo saggio. Essa conduce all’ira, l’ira conduce all’impulsivita, e l’impulsivita al peccato. Se invece…»

Dominici si giro di scatto per affrontare il Neopuritano, mentre le vene del collo gli si gonfiavano. Il biofisico sembrava fuori di se. «Non state a seccarmi con le vostre teorie balorde, Havig! Ho i nervi a fior di pelle, non ne posso piu di sentirmi rinchiuso in questa scatola, e le vostre chiacchiere non contribuiscono certo a farmi stare meglio! Eppoi…»

«Le chiacchiere no, d’accordo» rispose Havig conciliante. «Pero, le verita che sono alla base delle mie chiacchiere sono importanti. Per esempio, la verita di vedere noi stessi in relazione all’Eternita, di rendersi conto che un ritardo momentaneo non ha alcuna importanza, di meditare sul posto che ciascuno di noi occupa nell’immensita dell’Universo. Questo aiuterebbe chiunque a superare la tentazione di abbandonarsi all’impazienza.»

«Volete tenere la bocca chiusa, si o no?» urlo Dominici.

«Calma, calma, signori miei!» intervenne Stone. Il roseo diplomatico pareva destinato a fare continuamente da paciere in quella turbolenta spedizione. «Calmatevi, Dominici. Diamine! Non rendete certo la vita facile agli altri se continuate a perdere il controllo. Pigliatevela con calma, perbacco!»

«E stato provocato» lo difese Bernard, lanciando una occhiata ad Havig. «Mister Malinconia, laggiu in quell’angolo, si e messo a distribuire consigli non richiesti. Questo darebbe sui nervi a chiunque, e logico. Mi sorprende che non si sia portato anche degli opuscoli di propaganda da distribuire.»

Un insolito lampo di luce divertita apparve nello sguardo del Neopuritano. «Le mie scuse, signori. Stavo cercando di dissipare la tensione generale che vi opprime, non di aumentarla. Forse ho fatto male a parlare. M’era sembrato mio dovere, ecco tutto.»

«Non siamo disposti a convertirci» replico brusco Bernard.

«Noi insegniamo, ma non pretendiamo di fare proseliti» replico Havig seccato. «Io volevo solo essere di aiuto.»

«Nessuno ve l’ha chiesto.»

Stone sospiro. «Che bel gruppo di parlamentari formiamo! Se andiamo avanti cosi, altro che trattative di pace. Ci scanneremo tra noi…»

Il gong risuono all’improvviso, echeggiando per la cabina pauroso e solenne. Un rintocco profondo e sonoro, ripetuto tre volte, che si spense infine con lugubre lentezza.

La baruffa si placo come se una coltre fosse scesa a sedare i litiganti.

«Stiamo operando la conversione di velocita» mormoro, rauco, Dominici. Giro la testa verso la parete, e Bernard si accorse sorpreso, seguendo i movimenti descritti dal gomito destro del biofisico, che quell’uomo apparentemente scettico si stava facendo il segno della croce.

Bernard si senti a disagio. Sebbene non fosse un individuo religioso, avrebbe voluto essere capace di raccomandarsi a una qualsiasi deita protettrice, non fosse altro che per trarne conforto. Invece, doveva solo sperare nella sua buona stella. Si sentiva spaventosamente solo, circondato dalla buia notte dell’Universo che si stendeva a pochi passi da lui, oltre lo scafo dell’astronave. E, ben presto, perfino l’Universo conosciuto sarebbe stato abbandonato.

Angosciato, Bernard osservo i compagni di viaggio. Havig moveva le labbra in una silenziosa preghiera, con gli occhi aperti ma persi nella contemplazione dell’eternita che adesso era cosi vicina. Il brontolio rauco di Dominici risonava piano nella cabina, intonando parole latine che Bernard ricordava solo per averle apprese a scuola. Stone, evidentemente incapace di credere, come Bernard, aveva perso un po’ della sua cera rosea, e sedeva rigido fissando la parete di fronte e sforzandosi di apparire disinvolto.

Tutti aspettavano.

Se le ore dopo la partenza da Terra erano sembrate lunghe, i minuti che seguirono i rintocchi del gong parvero eterni. Nessuno parlava. Bernard sedeva immobile, assaporando il gusto metallico della paura e chiedendosi cosa mai lo terrorizzasse a un punto tale da inaridirgli la gola.

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