Non sapeva proprio quali effetti aspettarsi mentre veniva eseguita la conversione. I minuti passavano, poi senti una vibrazione cupa, un rumore sordo e monotono: i poderosi generatori Daviot-Leeson stavano accumulando potenziale. Bernard sapeva in proposito cio che ogni profano intelligente poteva sapere. Da un istante all’altro, una carica spaventosa di energia sarebbe esplosa dai generatori con violenza cosmica, lacerando il continuum spazio- temporale e creando cosi una fessura attraverso la quale la VUL-XV sarebbe scivolata nell’iperspazio.

Cos’era l’iperspazio? E a quale tipo di Universo portava?

La mente di Bernard non riusciva a raffigurarselo. Bernard sapeva soltanto che sarebbero penetrati in una specie di Universo attiguo in cui le distanze erano solo numeri irrazionali, in cui gli oggetti potevano occupare simultaneamente lo stesso spazio. Un Universo la cui mappa era stata tracciata, ma fino a che punto, e con quale precisione? Un Universo tutto da scoprire, si disse Bernard. Un Universo che ha dietro solo cinque anni di ricerche sperimentali, e che adesso e navigato da uomini intrepidi che lo affrontano pur avendo solo una concezione vaghissima di dove si trova e di dove sono diretti.

Il ronzio dei generatori si fece piu acuto.

«Quando accadra?» chiese Stone.

Bernard si strinse nelle spalle. Nel silenzio generale, si accorse di rispondere: «Immagino che ci vorranno un paio di minuti perche i generatori accumulino la carica necessaria. Poi squarceremo…»

Il passaggio si verifico.

Il primo segnale fu dato dall’oscillare delle luci, che per un attimo divennero fioche mentre l’immenso tumulto di forza prosciugava le dinamo. L’altro effetto, che segui immediatamente, fu di ordine psicologico: Bernard si senti stranamente fluttuante, strappato via da tutto quello che sapeva e in cui credeva, proiettato in un’oscurita cosi assoluta da trascendere ogni umana comprensione.

La sensazione passo. Bernard trasse un profondo respiro. Niente era cambiato, alla fin fine. Il senso di solitudine, di separazione, non era stato altro che uno scherzo della fantasia.

«Guardate l’oblo!» ansimo Stone. «Le Stelle… non ci sono piu!»

Bernard piroetto sul sedile. Era vero. Un attimo prima l’oblo, ovvero uno schermo televisivo di dodici pollici che riportava le immagini colte all’esterno dell’astronave, rimandava l’abbagliante visione delle stelle. Interminabili cascate di luce avevano scintillato contro il buio totale del vuoto. Sullo sfondo della Via Lattea erano apparsi alcuni pianeti: il rosso Marte, Venere simile a una gemma…

Ora tutto era scomparso, stelle, pianeti, cascate di luci sfolgoranti. Lo schermo rimandava solo un grigiore informe. Pareva che l’Universo fosse stato cancellato con un colpo di spugna.

Il segnale luminoso sulla paratia torno ad accendersi. Stone premette il pulsante di apertura e stavolta il Comandante in persona, John Laurance, entro nello scompartimento passeggeri.

«La conversione e riuscita in pieno, signori. Cio che vedete sullo schermo e un Universo completamente deserto nel quale noi rappresentiamo l’unico frammento di materia.»

«E come fate per la rotta?» chiese Stone.

Laurance diede una scrollata di spalle. «A lume di naso. Le astronavi telecomandate che sono state inviate nell’iperspazio in fase sperimentale hanno viaggiato lungo determinati vettori tracciati in precedenza, e sono riemerse in determinati luoghi. In mancanza di punti precisi di riferimento, non possiamo fare altro che seguire l’intuito.»

«Non mi sembra un metodo molto efficiente per raggiungere un obbiettivo preciso» disse Dominici.

«Non lo e, infatti» ammise Laurance. «D’altro lato, non abbiamo altra scelta.»

Bernard osservo attentamente il Comandante. La stanchezza traspariva da ogni lineamento del suo volto. Gli occhi erano iniettati di sangue. Bastava osservarlo per capire che era abituato a sole tre ore di sonno su ventiquattro, ma era altrettanto evidente che da parecchio tempo non riusciva a concedersi nemmeno quelle tre ore.

«Sembrate affaticato Comandante» disse il sociologo-

Laurance torno a scrollare le spalle. «Lo sono, dottor Bernard. Tutti i miei uomini sono spossati dalla stanchezza. Ma non abbiamo scelta.»

«Mi chiedo se e possibile governare un’astronave tanto complessa in cosi evidenti condizioni di stress psico- fisico.»

«Il Tecnarca evidentemente pensa di si» replico Laurance con una nota quasi amara nella voce. «Il Tecnarca, evidentemente, aveva anche una fretta incredibile di rispedire l’astronave nello spazio.»

«Noi abbiamo fiducia nel Tecnarca» osservo Dominici. «McKenzie ha una testa solida sulle spalle, forse ancora piu solida di quella del vecchio Bengstrom. Deve avere avuto ottime ragioni per insistere tanto sulla necessita di fare presto.»

«Anche il Tecnarca McKenzie e un comune mortale» obietto Havig. «Puo sbagliare come chiunque altro.»

Dominici inarco un sopracciglio. «Havig, conosco persone che cadrebbero in uno stato catatonico se qualcuno facesse un apprezzamento simile in loro presenza su qualcuno degli Arconti.»

«Io non ho un rispetto eccessivo per questi signori» disse imperterrito il Neopuritano. «In fondo, sono stati scelti tra gli uomini in tutto e per tutto identici.»

«Gia» osservo Bernard. «Scelti in eta giovanissima e addestrati per decenni nell’arte di governare, prima di accedere finalmente ai rispettivi Arconati. Senza dubbio e un metodo ottimo, il primo sistema veramente saggio di governo che la Terra abbia mai avuto. Ma non credo che il Comandante Laurance sia venuto qui per discutere con noi sulle qualita del Tecnarca.»

«No, infatti» disse Laurance con un sorriso pacato. «Sono entrato per dirvi che tutto procede bene, e che tra mezz’ora si mangia, e che secondo i calcoli dovremmo essere nelle vicinanze della Stella NGCR 185143 tra… diciamo, circa diciassette ore. Minuto piu, minuto meno.» Laurance fece una breve pausa, quasi per dar tempo al piccolo gruppo di passeggeri di sentire in pieno la sua autorita. Poi aggiunse: «Ah… mi diceva Clive che siete tutti un po’ irritabili. Che avete avuto perfino una discussione piuttosto accesa.»

Bernard arrossi. Era sicurissimo di discernere una vaga traccia di disprezzo nello sguardo di Laurance. Il disprezzo dell’uomo degli spazi, temprato da una vita dura, per quel gruppo di accademici senza midollo che affollava la cabina.

Tra l’imbarazzo generale, si udi, come sempre, la voce conciliante di Stone. «Abbiamo avuto una piccola divergenza di opinioni, Comandante. Piccolezze, questione di punti di vista…»

«Capisco, signori» disse Laurance in tono blando. Ma dietro quella benevolanza c’era un comando imperioso. «Posso ricordarvi che vi e stata affidata una grave responsabilita? Spero che possiate comporre le vostre… ehm… piccole divergenze prima di raggiungere la vostra destinazione.»

«Per la verita, le abbiamo gia composte» garanti Stone.

«Ne sono lieto.» Laurance si avvio alla porta. «Nell’armadietto dei medicinali, laggiu alla mia sinistra, troverete dei tranquillanti, nel caso la vostra «irritabilita» dovesse costituire, alla lunga, un problema serio. Signori, vi aspetto nel saloncino tra mezz’ora.»

Segui un momento di silenzio imbarazzato dopo l’uscita del Comandante. Poi Dominici imito Laurance: «Posso ricordarvi che vi e stata affidata una grave responsabilita?» disse sorridendo. E prosegui: «Il nostro Comandante ha lo stesso stile… regale del Tecnarca. Riesce a farti sentire alto un metro.»

«Forse Laurance e un addestrato che non e riuscito a ottenere il punteggio per diventare Arconte» suggeri, calmo, Stone. Essendo un addestrato anche lui, per l’Arconato degli Affari Coloniali, doveva sapere qualcosa sui maneggi che avvenivano per conquistarsi i posti-chiave.

Ma Bernard lo smenti. «No, Stone, mi sembra impossibile. McKenzie non avrebbe mai scelto un… silurato per una faccenda cosi importante. Si sarebbero scatenate troppe rivalita, troppe opposizioni. No. Pero, e possibile che Laurance venga addestrato per le prossime elezioni. Per quel che ne sappiamo noi, potrebbe anche essere stato prescelto per succedere a McKenzie un giorno o l’altro.»

«E McKenzie avrebbe rischiato il suo selezionatissimo successore in una impresa cosi pericolosa?» obietto Dominici.

«Un Tecnarca deve forgiarsi proprio sulla pratica del rischio» osservo Havig. «Se Laurance non potesse sopravvivere a un viaggio nello spazio, potrebbe sopravvivere alle fatiche di una carica pubblica cosi importante? Questo doppio viaggio potrebbe essere il suo banco di prova.»

«Gia, forse non avete torto» ammise Stone.

Nessuno avanzo altre ipotesi. La tensione e l’incertezza per l’incarico che li aspettava rendeva i quattro

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