Sarebbero morti nel labirinto, aggiungendo le loro ossa allo strato vecchio di milioni di anni che ingombrava i corridoi esterni.

E se fossero riusciti a entrare…

Allora, avrebbero fatto i conti con lui. Con un sogghigno si sistemo meglio sulle spalle il carico di carne e concentro nuovamente tutta la sua attenzione nel difficile compito di rientrare nel labirinto. Ben presto, raggiunse la zona C. Era al sicuro. Prosegui, passando dalla C alla A. Finalmente arrivo al suo rifugio dove ripose la carne. Si preparo il pasto.

La testa gli doleva come se gliela stessero martellando. Dopo nove anni, non era piu l’unico su quel mondo: avevano distrutto la sua solitudine. Una volta ancora si senti tradito. Oramai non chiedeva altro alla Terra che di essere lasciato in pace, e non volevano concedergli nemmeno questo. Ma se anche fossero riusciti a raggiungerlo all’interno del labirinto, l’avrebbero pagata cara.

2

La nave era uscita dall’iperspazio un po’ in ritardo, quando aveva quasi raggiunto gli strati esterni dell’atmosfera di Lemnos. Charles Boardman, il Caviglione, era tutt’altro che soddisfatto: abituato a esigere da se stesso la perfezione in tutto, si aspettava che i subalterni facessero altrettanto. Specialmente i piloti.

Premette un pulsante e accese lo schermo: nella cabina apparve l’immagine vivida del pianeta sottostante. Solo qualche nube ne oscurava la superficie, e Boardman poteva vedere tutto chiaramente attraverso l’atmosfera. Al centro di un’ampia pianura si scorgeva una serie di circonvoluzioni, visibilissime anche da un’altezza di cento chilometri. Boardman si giro verso il giovanotto che gli stava accanto. «Ci siamo, Ned» disse. «Il labirinto di Lemnos. E Dick Muller se ne sta proprio al centro!»

Ned Rawlins fece una smorfia. «Cosi grande? Ma saranno centinaia di chilometri!»

«Quello che vedi e il terrapieno esterno. Il labirinto vero e proprio e circondato da un anello concentrico di muri di terra alti cinque metri e con una circonferenza esterna di mille chilometri circa. Ma…»

«Si, lo so» interruppe Rawlins. «Il punto scuro che si scorge dentro le mura periferiche e la citta, vero?»

L’altro annui. «Quello e il labirinto interno. Ha un diametro di venti, trenta chilometri, e solo Dio sa quanti milioni di anni. Muller lo troveremo la.»

«Se ci arriveremo.»

«Quando ci arriveremo.»

«Si, si, certo. Quando ci arriveremo.» Rawlins si corresse, arrossendo. Poi sulla sua faccia passo rapidamente un sorriso. «Non c’e pericolo che non si riesca a trovare l’entrata, vero?»

«Muller ce l’ha fatta» disse l’altro, pacatamente. «E la dentro.»

«Ma e stato l’unico. Tutti quelli che ci si sono provati, all’infuori di lui, sono morti. Perche proprio noi…»

«Non sono stati in molti a tentare. E non erano attrezzati. Noi ce la faremo, Ned. Dobbiamo farcela.»

L’astronave punto verso il pianeta e Boardman, oppresso dalla decelerazione, penso che scendeva troppo rapidamente. Detestava i viaggi, e soprattutto il momento dell’atterraggio. Ma quel viaggio non aveva potuto evitarlo. Si appoggio allo schienale del sedile di gommapiuma e spense lo schermo. Ned se ne stava ancora in piedi, gli occhi lucenti per l’eccitazione. Bella cosa, essere giovani! Quel ragazzo era piu robusto e intelligente di quanto non sembrasse. Boardman non ricordava di essere mai stato cosi, da giovane. Forse non era mai stato giovane: era passato dall’adolescenza alla maturita a causa delle sue «virtu» peculiari: la furbizia, un istintivo senso del calcolo e dell’organizzazione. Adesso aveva ottant’anni, e quasi meta della vita dietro le spalle, tuttavia non poteva dire che la sua personalita fosse cambiata nei tratti essenziali. Aveva appreso tecniche nuove, come l’arte di trattare con gli uomini, ed era diventato molto piu saggio, tuttavia non era qualitativamente diverso. Ma Ned Rawlins si sarebbe certamente trasformato: tra sessant’anni, ben poco sarebbe rimasto del ragazzo inesperto che gli stava accanto in quel momento. E, probabilmente, sarebbe stata proprio quella missione a distruggere la freschezza e l’ingenuita del ragazzo.

Chiuse gli occhi mentre la nave iniziava la manovra finale di atterraggio. Sentiva la forza di gravita artigliare la sua carne ormai vecchia. Giu, giu, giu. Quanti atterraggi aveva compiuto in vita sua, e tutti altrettanto spiacevoli? La vita del diplomatico non conosce riposo. Natale su Marte. Pasqua su uno dei mondi del Centauro. Ferragosto su un puzzolente pianeta di Rigel… e ora questo viaggio, il piu complicato che avesse mai intrapreso. L’uomo non e fatto per viaggiare come un razzo da una stella all’altra. Si diceva che quella fosse l’era piu ricca dell’intera storia umana, ma lui era convinto che fosse assai piu fortunato chi conosce a fondo ogni atomo di un’isoletta sperduta in un mare azzurro; certamente piu fortunato di chi passa i suoi giorni a zonzo per lo spazio.

La pelle gli pendeva in grasse e pesanti pieghe sotto il mento e il suo corpo, gonfiato dall’obesita, gli dava un aspetto di gaudente. Con poca fatica avrebbe potuto riprendere le snelle e agili fattezze di un uomo moderno: la sua era un’epoca in cui un ultracentenario poteva sembrare un giovanotto, solo se l’avesse voluto. Ma fin dagli inizi della sua carriera, Boardman aveva preferito simulare l’autentica maturita. Era stato una specie di investimento: quello che perdeva in eleganza lo guadagnava in importanza. Il suo mestiere era quello di vendere consigli ai governi, e i governi non amavano comprarli da uomini che parevano ragazzini. Da circa quarant’anni Boardman ne dimostrava cinquantacinque, e contava di continuare cosi per un altro mezzo secolo. Poi, quando sarebbe entrato nella fase finale della sua carriera, avrebbe permesso al tempo di compiere finalmente il suo lavoro su di lui; avrebbe accettato i capelli bianchi, le guance scavate di un ottantenne e si sarebbe atteggiato a Nestore anziche a Ulisse. Ma per il momento gli tornava piu vantaggioso essere quello che sembrava.

Per quanto fosse piccolo, riusciva sempre a dominare sugli altri, durante le riunioni: le spalle poderose, il torace ampio e le braccia lunghe, si sarebbero detti quelli di un gigante. Quando si alzava, rivelava un’altezza inferiore alla media, ma finche stava seduto, incuteva riverenza. Anche questa caratteristica lui la trovava utile, e non aveva mai ritenuto opportuno cambiarla. Un uomo molto alto e piu adatto a comandare che a consigliare, a Boardman non aveva mai aspirato al comando: preferiva un potere piu sottile. Tuttavia, un uomo piccolo, che seduto a un tavolo sembra alto, puo dominare gli imperi. E gli affari degli imperi si trattano stando seduti.

Era l’incarnazione dell’autorita: il mento forte, il naso grosso ed energico, le labbra dure e sensuali a un tempo, le sopracciglia folte e irsute come due strisce di pelo nero su una fronte massiccia che avrebbe fatto l’invidia di un uomo di Neanderthal. Portava i capelli lunghi e spettinati. Tre anelli gli brillavano al dito: uno era un giroscopio di platino e rubini incastonato in prezioso U 238. Gli abiti erano severi e tradizionali, di stoffa pesante e di taglio quasi medievale. In un’altra epoca, avrebbe certamente occupato una posizione predominante a corte. Anche adesso era un uomo importante, ma la sua importanza aveva come prezzo il disagio di viaggi continui. Presto sarebbe atterrato su un altro pianeta straniero, dove l’aria aveva un cattivo odore, la gravita era un po’ troppo forte e la luce del sole presentava una sfumatura non giusta…

Si scosse, e guardo Rawlins. Dimostrava dai ventuno ai ventitre anni, ed era il ritratto dell’ingenuita giovanile, anche se Boardman sapeva che era vissuto abbastanza per avere imparato piu di quanto non desse a vedere. Era alto e bello senza l’aiuto di chirurgia estetica, con i capelli biondi, gli occhi azzurri, bocca grande e labbra ben modellate, denti candidi. Era figlio di un esperto in comunicazioni, ora morto, che era stato amico intimo di Richard Muller. Boardman contava appunto su questo legame per condurre a buon termine la delicata missione che gli era stata affidata.

«Ma quando atterriamo?» chiese Ned, impaziente.

«Ancora un minuto.» I lineamenti del giovane erano appena alterati dalle forze che agivano su di lui. Soltanto la guancia sinistra pendeva leggermente verso il basso. E quella specie di smorfia sulla sua faccia radiosa faceva un effetto curioso.

«Ci siamo» mormoro Boardman, chiudendo gli occhi. La nave divoro la breve distanza che la separava ancora dal pianeta, gli eiettori tacquero e i razzi di decelerazione ringhiarono per l’ultima volta. Un attimo di incertezza, poi la solidita della terraferma e il silenzio. Siamo arrivati penso Boardman. Adesso, andiamo al labirinto e scoviamo Muller. Mi auguro che sia diventato piu sopportabile in questi nove anni. … Forse e tornato normale. Che Dio ci aiuti!

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