campo tiene lontana sono gli stranieri. Lo si sa fin dalla prima spedizione: alcuni coraggiosi l’hanno imparato a loro spese.»

«Ma non hanno provato con un ricognitore, prima?»

Boardman sorrise. «Quando uno trova una citta morta nel mezzo di un deserto, l’ultima cosa che si aspetta e di saltare in aria se cerca di atterrare. E un errore perdonabilissimo, solo che Lemnos non perdona gli errori.» Esegui una manovra. L’apparecchio perse quota, seguendo per un poco la cerchia delle mura esterne. Poi si alzo di nuovo e si tenne sopra il cuore della citta. La luce solare si rifletteva in una sala piena di specchi, con lampi accecanti. Volarono ripetutamente sopra l’intero labirinto, tracciando un piano di esplorazione.

Il comandante Hosteen entro nella cabina. Era un tipo basso e tarchiato, col naso camuso e la pelle color rame. Un brav’uomo, ligio al dovere e pronto a sacrificare una ventina di vite, compresa la sua, pur di penetrare in quel labirinto.

Hosteen lancio un’occhiata allo schermo, poi guardo Boardman e chiese: «Niente di nuovo?»

«No. Non sara un’impresa facile.»

«Si torna alla base?»

«Per me, possiamo anche tornare. A meno che Ned non voglia controllare ancora qualcosa.»

«Io? No. Cioe… Ecco, sto pensando che… forse potremmo evitare di avventurarci nel labirinto. Voglio dire che potremmo cercare di attirare Muller fuori dalla citta con qualche altro espediente.»

«No.»

«Credete che non funzionerebbe?»

«Infatti» disse Boardman, scaldandosi. «Punto primo: Muller non uscirebbe mai se glielo chiedessimo. E un misantropo, non ricordi? E venuto a seppellirsi qui per sfuggire l’umanita. Perche dovrebbe fraternizzare con noi? Punto secondo: non possiamo chiedergli di uscire senza rivelargli troppo apertamente quello che vogliamo da lui. In questa impresa dobbiamo tenere in serbo le nostre risorse strategiche, Ned, non sprecarle tutte alla prima mossa.»

«Cosa intendete dire? Non capisco.»

«Supponiamo allora, per ipotesi, che noi si decida di applicare il tuo sistema» spiego Boardman, pazientemente. «Cosa diresti a Muller per convincerlo a venir fuori?»

«Che siamo venuti dalla Terra per chiedergli di aiutarci in questa crisi che coinvolge l’intero sistema. Che ci siamo imbattuti in una specie sconosciuta, con la quale non riusciamo a comunicare; che e indispensabile abbattere rapidamente questa barriera, e che soltanto lui e in grado di farlo. Noi…»

Rawlins s’interruppe. Dopo un po’, con voce rauca, soggiunse:

«Su Muller, questi argomenti non faranno certamente presa, vero?»

«Infatti, Ned. Gia un’altra volta la Terra l’ha mandato tra creature sconosciute, ed e stata la sua rovina.»

5

Erano venuti equipaggiati per risolvere il problema del labirinto. Il cervello elettronico dell’astronave, un calcolatore di prima classe, conteneva i particolari relativi a tutti gli altri tentativi fatti in precedenza dai Terrestri per penetrare nella citta. Tutti, tranne uno e, sfortunatamente, proprio quello che era stato coronato dal successo. Ma anche gli altri dati avevano la loro importanza. La nave, inoltre, possedeva una quantita di estensioni mobili, quali ricognitori aerei e terrestri, occhi-spia, sensori a batteria. Prima di rischiare una sola vita umana nel labirinto, Boardman e Hosteen avrebbero sfruttato i ricognitori meccanici. Ne avevano molti, di ogni tipo, e potevano, se necessario, concedersi il lusso di «sprecarli»: la nave era, comunque, in grado di sostituire tutti i dispositivi che fossero andati distrutti. Una volta finito il lavoro dei ricognitori si sarebbero analizzati tutti i dati e tutte le informazioni raccolte e qui sarebbe entrato in scena l’uomo.

Nel corso delle precedenti esplorazioni, nessuno aveva cercato di aggredire il labirinto in questo modo. I primi esploratori vi si erano inoltrati senza porsi problemi, ed erano morti.

Quelli venuti in seguito ne sapevano abbastanza per evitare i trabocchetti piu evidenti, ed erano stati aiutati, fino a un certo punto, da dispositivi «sensori» elaboratissimi, ma questa era la prima volta che veniva effettuato un minuzioso sopralluogo aereo.

La ricognizione aerea compiuta il primo giorno aveva dato modo a tutti di farsi una buona idea visiva del labirinto.

In realta, non sarebbe stato necessario che qualcuno di loro lasciasse la base: avrebbero potuto osservare le indagini sugli schermi, restandosene comodamente seduti al campo, lasciando compiere tutto il lavoro ai ricognitori. Ma Boardman aveva insistito: la mente umana registra le immagini che le giungono da uno schermo in modo diverso da quello in cui registra le impressioni sensoriali attinte direttamente dalla realta. Ora, tutti avevano osservato la citta e cio che potevano fare i «guardiani» del labirinto ai ricognitori che osavano violare il campo protettivo che la sovrastava.

Rawlins aveva pensato alla possibilita di un punto morto nel campo protettivo. Nel tardo pomeriggio se ne accertarono, caricando un ricognitore con pallottole di metallo e inviandolo sopra il labirinto, a un’altezza di cinquanta metri. Alcuni «occhi» meccanici registravano l’azione, mentre il ricognitore girava lentamente, lasciando cadere le pallottole, una alla volta, sopra l’immaginaria scacchiera di quadrati di un metro per lato in cui era stata divisa la citta. Una per una, tutte le pallottole si disintegrarono. Fu cosi possibile calcolare che lo spessore del campo protettivo variava a seconda della distanza dal centro del labirinto. Sopra le zone interne era alto soltanto un paio di metri, sopra quelle esterne molto piu spesso e costituiva una specie di cupola invisibile estesa su tutta la citta. Ma non c’erano punti morti, anzi, il campo era in grado di compiere uno sforzo extra. Lo si constato quando il ricognitore venne ricaricato di pallottole che furono catapultate simultaneamente in ciascuno dei quadrati immaginari: furono eliminate tutte, con una immensa fiammata.

A spese di alcuni ricognitori-talpa, scoprirono inoltre che era altrettanto impossibile raggiungere la citta attraverso un tunnel. Le «talpe», che si erano infilate nel terreno sabbioso al di qua delle mura esterne, scavando gallerie a cinquanta metri di profondita e risalendo poi verso la superficie, quando si erano trovate sotto il labirinto vennero distrutte dal campo protettivo mentre erano ancora a una profondita di venti metri. Anche il tentativo di scavare una galleria proprio alla base del terrapieno falli: evidentemente il campo fasciava completamente la citta.

Un tecnico, infine, penso di succhiare lentamente l’energia servendosi di un sifone assorbente. Ma il trucco non funziono. L’asta, lunga cento metri, succhio energia da tutto il pianeta, tanto che lampi azzurri danzarono sibilando attorno alla batteria di accumulatori, ma senza produrre effetti sul campo. Allora rovesciarono il palo e mandarono una scarica di un milione di chilowatt contro la citta, nella speranza di sfondare il campo: ma questo assorbi tutto, e sembro piu pronto che mai a ricevere una seconda scarica. Nessuno riusciva a trovare una teoria ragionevole che spiegasse da che fonte la citta traesse la propria energia. «Probabilmente sfrutta l’energia di rotazione del pianeta» disse il tecnico che aveva avuto l’idea, poi, accorgendosi di non aver dato alcun contributo utile, comincio a sbraitare ordini al microfono portatile che teneva in mano.

Dopo tre giorni di tentativi, fu giocoforza riconoscere che la citta era invulnerabile sia dall’alto sia dal sottosuolo.

«C’e un solo modo per entrare» disse Hosteen. «A piedi, dalla porta principale.»

«Se gli abitanti della citta volevano sentirsi veramente al sicuro» disse Rawlins «perche hanno lasciato una porta aperta?»

«Puo darsi che volessero entrare e uscire loro» disse Boardman, calmo. «O forse volevano offrire agli invasori l’occasione di fare dello sport… Hosteen, dobbiamo tentare con qualche ricognitore?»

Era una mattina grigia. Il cielo era macchiato da nubi che avevano il colore del fumo di legna. Un vento tagliente sollevava ondate di polvere dalla pianura. Dietro la coltre di nubi c’era il sole, un disco piatto, color arancione, che sembrava appena?iu grande di quello della erra, benche fosse distante la meta. Il sole di Lemnos era una vecchia stella fredda e stanca, circondata da una dozzina di vecchi pianeti. Lemnos, il piu interno, era l’unico che avesse mai ospitato la vita; gli altri erano morti perche fuori dalla portata dei deboli raggi del sole e completamente gelati.

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