che io sia fragile, o qualcosa del genere, ma sai che sono stato appena dimesso dal Centro Riab, e per i primi giorni…

— E del tutto naturale — disse Fredericks. Una pacca cameratesca sulle spalle. — Comprendiamo il problema. Possiamo venirti incontro. E stata colpa mia, comunque. Avrei dovuto controllare, prima di portarti qui. Ha tante di quelle opere d’arte nel suo ufficio…

— Certo. Come potevi immaginarlo?

— Avrei dovuto controllare lo stesso. Adesso che ho visto il problema, controllero l’intero edificio. Non immaginavo che ti avrebbe sconvolto fino a questo punto trovarti di fronte a una delle tue sculture.

— Non e mia — disse Macy scuotendo con forza la testa. — Non e mia.

2

Durante le ore diurne non era cosi brutto. Si era costruito una confortevole routine e viveva dentro di essa, proprio come gli avevano consigliato al Centro. Quelli della Riab gli avevano trovato un piccolo appartamento vicino alla punta superiore della Manhattan Vecchia, a cinque minuti di tubo dagli uffici della compagnia, quaranta minuti camminando a piedi; non aveva voluto esporsi troppo presto all’ambiente caotico dei tubi nelle ore di punta, cosi all’inizio si recava al lavoro a piedi. L’esercizio fisico gli faceva bene, e comunque non aveva niente di meglio da fare del suo tempo. Ma dal quarto giorno in poi prese il tubo. I sobbalzi e lo stridore delle ruote non lo disturbarono quanto aveva temuto, e schiacciato come una sardina nelle vetture, non doveva preoccuparsi che la gente guardasse lui o il suo distintivo Riab.

Sul lavoro si inseri facilmente e piacevolmente nel meccanismo di trasmissione delle notizie. Aveva avuto sei mesi di addestramento al Centro, e cosi arrivava alla sua nuova carriera gia esperto in fatto di proiezione vocale, dinamica della sincerita, tecniche di trucco e cose del genere; aveva solo bisogno di imparare i dettagli delle operazioni di tutti i giorni, i livelli di autorita, gli schemi di flusso eccetera. Tutti erano gentili con lui, anche se dopo i primi giorni la maggior parte lascio perdere quella esagerata e irritante cortesia che lo faceva sentire un handicappato. Gli spiegavano cosa fare, lo aiutavano se sbagliava, rispondevano con pazienza e cortesia alle sue domande.

All’inizio Fredericks non gli lascio fare nessuna vera trasmissione, soltanto sequenze che non andavano in onda, in condizioni simulate. Venne invece messo a leggere dei copioni ad alta voce, per abituarsi ai tempi, e a controllare l’inserimento degli altri annunciatori. Ma se la cavo cosi bene nelle sequenze simulate che il quinto giorno lo misero alle notizie serali, in annunci della durata di novanta secondi, in quella che chiamavano la sezione-mosaico, dove una serie di annunciatori forniva in rapida successione le notizie del giorno. Fredericks gli disse che nel giro di qualche altra settimana gli sarebbero stati assegnati servizi completi, compresa la scelta dell’occhio volante. Percio tutto andava bene, professionalmente.

Le notti erano un’altra cosa.

Solitarie, tanto per cominciare. E opportuno evitare legami sessuali, almeno all’inizio, gli aveva suggerito lo psicologo del Centro. Potrebbero essere un elemento di disturbo durante le prime due o tre settimane di adattamento. E cosi aveva fatto. Aveva evitato di portarsi a casa qualcuna delle ragazze della compagnia, anche se molte di loro avevano dato chiari segni di essere disponibili. Basta chiedere, tesoro. Di sera sedeva da solo, nel suo modesto appartamento. Guardando un sacco di olovisione. Facendo finta che era importante per la sua carriera studiare come le varie reti presentavano le notizie. In verita, desiderava solo la compagnia dello schermo illuminato e dell’audio ad alto volume; la lasciava accesa anche quando non guardava.

Di sera non usciva. Per risparmiare, si diceva. Presumibilmente era stato un uomo ricco nella sua vita precedente, o almeno alquanto benestante. Un artista di successo, le cui opere erano molto richieste, i prezzi che salivano ogni anno nelle gallerie, e cose del genere. Ma tutto il suo patrimonio era stato confiscato dallo stato. La maggior parte del denaro se n’era andato per la terapia e per pagare il divorzio. Quel poco che era rimasto era servito per l’affitto e l’arredamento della casa. Era sostanzialmente povero, fino a quando non fossero cominciati ad arrivare gli assegni del suo nuovo lavoro. Ma sapeva che la vera ragione per cui stava a casa era la paura. Non era ancora pronto per cominciare l’esplorazione del mondo notturno di quella citta formidabile. Non poteva uscire mentre il suo nuovo io era ancora fresco e cedevole.

Poi c’erano i sogni.

Non aveva avuto sogni al Centro Riab. Adesso si. Traumatiche crisi di identita contrassegnavano i suoi sogni. Correva senza fiato lungo lucidi corridoi contorti, inseguito da un uomo che aveva la sua faccia. Stava in piedi accanto alla riva di una viscosa pozza grigio-verde che ribolliva e fumava, mentre un artiglio peloso usciva dalle sue profondita per afferrarlo. Camminava in punta di piedi attraverso un mare di sabbie mobili, affondando sempre di piu, e qualcosa sotto gli mordeva le dita, tirandolo gia con un rumore risucchiante. Un sabba di mostri lo attendeva sul fondo. Denti e corna verdi e occhi gialli. Spesso si svegliava urlando. E rimaneva sveglio, ascoltando qualcosa che batteva dentro il suo cervello. Fammi uscire, fammi uscire, fammi uscire! Folate impetuose di vento soffiavano nel suo cervello. Un poderoso russare che faceva tremare il midollo. Un gigante addormentato, inquieto, nervoso, intrappolato dietro la sua fronte. Che ruttava e scoreggiava dentro la sua testa. Toc. Toc. Toc.

Inoltre, lo tormentava una particolare duplicita dell’io, la sensazione di essere avvolto e imprigionato nei frammenti e nei fili della sua vecchia identita, e momentaneamente veniva risucchiato dentro di essa. Sono Nat Hamlin. Felicemente sposato. Psicoscultore. Questa e la mia faccia. Queste sono le mie mani. Perche mi trovo in questo piccolo appartamento sconosciuto? No. No. Sono Paul Macy. Lo ero. Prima. In un altro paese, per cosi dire. Di lui non resta neppure l’odore. Perche mi perseguita? Non sono Nat Hamlin.

Qualche volta, di notte, era difficile esserne certi. Arrivato alla terza notte, Paul Macy aveva paura di andare a letto. C’era quell’uomo con la sua faccia che lo perseguitava sempre, quando passava nella terra del sogno. Svegliandosi, agitato, avrebbe voluto chiamare un amico, per essere rassicurato. Ma non aveva amici. Quelli vecchi erano stati cancellati dalla terapia, e non se n’era ancora fatti di nuovi, a parte alcuni che aveva conosciuto al Centro Riab, compagni di ricostruzione come lui, e non voleva disturbarli in piena notte. Forse avevano demoni loro propri con cui lottare. E quelli della compagnia olovisiva. Non devo chiamarli. Manderesti all’aria l’intera finzione della tua stabilita, in una confessione dettata dal panico. Ne poteva chiamare i suoi psicologi. Il dottor Brewster, la dottoressa Iannuzzi, il dottor Gomez. Tocca a te, adesso, gli avevano detto. Tagliamo il cordone ombelicale. E cosi, era solo. Datti da fare. Alla fine, per quanto brutta fosse la notte, riusciva a dormire. Alla fine.

— C’e qualche possibilita — chiese Macy — che il lavoro della Riab non sia riuscito del tutto? Voglio dire, certe volte mi sembra che Hamlin cerchi di venir fuori.

Un martedi, alla fine del maggio del 2011. Una settimana dopo essere stato dimesso dal Centro Riab. La sua prima sessione post-terapeutica. Il dottor Gomez, la faccia rotonda, carnagione scura, baffi neri spioventi, mento sfuggente, la fronte aggrottata, masticando uno stilo computer. Voce sommessa. — Non c’e la minima possibilita, Macy.

— Ma questi sogni…

— Sono come dei disturbi elettrostatici a livello mentale. Cosa le fa pensare che Hamlin esista ancora?

— Durante quegli incubi lo sento spingere dentro il mio cervello. Come qualcosa che cerchi di uscire.

— Non complichi le cose con la sua immaginazione, Macy. Ha fatto dei brutti sogni. Tutti fanno dei brutti sogni. Crede che io sia immune? Ho anch’io la mia parte di karma cattivo. Senza cercare ipotesi fantasiose, mi dica perche pensa che sia Hamlin.

— L’uomo con la mia faccia che mi insegue.

— Una metafora per il suo passato non a fuoco, forse.

— Un senso di confusione. Non sapere chi sono veramente.

— Chi e lei veramente?

— Paul Macy, ma…

— Questo e quello che e veramente. Nat Hamlin non esiste piu. E stato eliminato dal suo corpo, cellula dopo cellula, ed estirpato. Mi ha veramente sorpreso, Macy. Credevo che avrebbe avuto uno dei migliori adattamenti mai visti.

— Anche a me sembrava cosi — disse Macy. — Ma da quando sono uscito ci sono state queste… queste

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