Litigammo e mi butto giu dalle scale. — Fece una smorfia. Nella mente di Macy apparve un’immagine lancinante: un volo senza fine, la ragazza che cadeva, cadeva, le gonne intorno alle cosce, le gambe che si agitavano, le braccia che cercavano di afferrare qualcosa, il grido che diventava sempre piu flebile, l’impatto improvviso. Il rumore di qualcosa che si spezzava. — Sei settimane in ospedale, con la pelvi spezzata. Quando sono uscita gli davano la caccia dal Connecticut al Kansas. Poi…

— Basta! - urlo Macy. La gente si volto a guardarli.

Lissa si ritrasse da lui. — Scusa — disse, ripiegandosi su se stessa, tremante. Aveva le guance arrossate per la vergogna e l’eccitazione. Dopo un momento disse a bassa voce: — Fa molto male quando parlo di lui?

Un cenno di assenso. Silenzio.

— Hai chiesto di vedermi perche sei nei guai — disse lui alla fine.

— Si.

— Ti saresti davvero uccisa se non fossi venuto?

— Si.

— Perche?

— Sono sola. Non ho nessuno. Sto impazzendo.

— Come fai a saperlo?

— Sento delle voci. Le menti altrui entrano nella mia. E la mia nelle loro. Percezione extrasensoriale.

— ESP? — disse lui. — Come… la telepatia?

— Telepatia. Ecco cos’e. ESP. Telepatia.

— Non credevo che esistesse davvero.

Una risata amara. — Puoi scommeterci il culo. Seduta di fronte a te. In carne e ossa.

— Sai leggere nella mente? — chiese lui, sentendosi come se brancolasse in un sogno.

— Non esattamente. Solo toccare un’altra mente. Non lo posso controllare coscientemente. E come qualcosa che entra e che esce. Voci che ronzano nel mio cervello, una parola, una frase, un’immagine. Mi succede da quando avevo dieci anni, dodici. Solo che adesso e molto peggio. Molto, molto peggio. — Tremando. — Gli ultimi due anni. Un inferno.

— Perche?

— Non so piu chi sono, un sacco di volte — disse lei. — Mi capita di essere cinque o sei persone insieme. Sento un rumore sibilante nella testa. Un ronzio. Voci. Come interferenze, solo che qualche volta filtrano delle voci. Ricevo tutte queste emozioni strane, e mi fanno paura. Non so se e la mia immaginazione o cosa. C’e qualcuno a due tavoli da qui che vuole violentarmi. Vorrebbe averne il coraggio. Nella sua testa sono nuda e sanguinante, con le gambe spalancate, legata al letto. E alla mia sinistra c’e una donna che trasmette odore di merda. Mi vede come una specie di stronzo gigantesco seduto qui. Non so perche. E tu…

— No — disse lui. — Non dirmelo.

— Non e niente di brutto. Pensi che sono sporca e vorresti portarmi a casa e farmi un bagno. E poi scoparmi. Non mi dispiace. Lo so di essere sporca. E piacerebbe anche a me andare a letto con te. Ma non riesco a sopportare tutte queste voci che si incrociano nel mio cervello. Sono indifesa, Nat, indifesa davanti a ogni pensiero che…

— Paul.

— Come?

— Chiamami Paul. E importante per me.

— Ma tu sei…

— Paul Macy.

— Ma in questo momento tu mi arrivavi come Nat Hamlin. Dal profondo di te stesso.

— No. Hamlin non esiste piu. Io sono Paul Macy. — Un senso di nausea. I fili luminosi che dondolavano e sibilavano sopra la sua testa. Si accorse di averle preso le mani fra le sue. Dita screpolate contro i suoi polpastrelli. Disse: — Se soffri tanto perche non cerchi aiuto? Forse c’e una cura per l’ESP. E questo che vuoi, una cura? Potrei portarti dalla dottoressa Iannuzzi, e una donna molto comprensiva, e lei potrebbe mandarti nell’ospedale psichiatrico giusto, e…

— E mi farebbero l’elettroshock — disse Lissa. — Dislocazione di ricordi, come se fossi una criminale. Mi farebbero il lavaggio del cervello, cercando di curarmi. Non resterebbe piu niente di me. Ho paura delle cure. Non ci sono mai andata, e non voglio andarci.

— Cosa vuoi allora?

— Non lo so.

— Allora cosa dovrei fare io per te?

— Non so neppure questo, Paul. Sono completamente suonata, percio e inutile farmi domande razionali. — I suoi occhi luccicavano in maniera inquietante. Era malata, malata. — Quello che dovresti fare — disse lei — e di tagliare la corda, subito, come hai voluto fare dal primo momento in cui mi hai vista. Solo non farlo. Dio, ti prego, non farlo. Aiutami. Aiutami.

— Come?

— Stai con me un po’. Sono sola. Mi sono isolata dal mondo intero. Sai come vivo? Non ho un lavoro. Non ho piu amici. Mi guardo nello specchio e vedo uno scheletro. Sto seduta a casa, e aspetto che le voci se ne vadano, e quelle mi urlano e urlano fino a spaccarmi la testa. Vivo con l’assistenza sociale. Poi me ne vado a fare una passeggiata, un giorno, e arrivo fino in centro, e vado a sbattere contro uno che passa per strada, e quello si volta, ed e Nat Hamlin, l’unico uomo che abbia mai amato. Solo che non e piu Hamlin, ma e Paul Macy, mi dice, e… — Tiro un respiro. — E va bene. Non mi conosci per niente, e io non posso dire di conoscere te. Ma conosco il tuo corpo. Ogni centimetro. E una cosa familiare per me, un punto di riferimento, qualcosa a cui posso aggrapparmi. Lascia che mi ancori. Lascia che mi aggrappi. Sto affogando, Paul, e forse tu puoi tenermi a galla, per amore di quello che significavo per quello che tu eri. Forse. Forse per un po’. Non me lo devi, non mi devi nulla. Puoi alzarti e uscire, e ne avresti ogni diritto. Ma non farlo. Perche ho bisogno di te.

Sudato, intontito, i pugni serrati sotto il tavolo, Macy provo una folle ondata di compassione per lei. Aveva voglia di dire: Si, certo, faro tutto quello che posso per te. Vieni a casa con me. Fatti un bagno, fumiamoci qualche oro e parliamo, parliamo di questa tua telepatia, di questa illusione. Non perche ti abbia mai conosciuta. Non perche le cose che sono successe fra te e Nat Hamlin ti diano qualche diritto su di me. Ma solo perche sei un essere umano che soffre e ti sei rivolta a me per aiuto, e come faccio a rifiutarmi? Un atto di pieta. Si, si, saro la tua ancora di salvezza.

Invece disse: — Mi stai chiedendo molto. Neanche io sono l’individuo piu stabile che ci sia al mondo. E per ordine dei dottori devo tenermi lontano da gente che abbia avuto a che fare con Nat Hamlin. Potresti procurarmi un sacco di guai. E io a te. Credo che i rischi per entrambi noi siano superiori al guadagno.

— Vuol dire che non vuoi essere coinvolto?

— Temo di si.

— Mi dispiace averti fatto perdere tanto tempo — disse lei. Con voce sorda. Senza cambiare espressione. Senza crederci veramente, forse.

— Non ho perso tempo. Vorrei solo essere nelle condizioni di poterti aiutare. Ma un Riab vive lui stesso sull’orlo del collasso, all’inizio. Deve costruirsi una vita nuova. Percio, quando chiedi a uno come me di assumersi un fardello in piu… — E va bene, Macy. Smettila di spiegarti. Alzati ed esci prima che lei cominci a piangere e tu cominci ad ascoltarla di nuovo. Alzati. Non le devi niente. Hai i tuoi guai, e non sono piccoli. Si stava alzando. La ragazza che lo guardava, incredula. Le rivolse un sorriso falso, sapendo che un sorriso di qualsiasi genere e fuori luogo quando stai condannando una a morte. Si volta. Si allontana, fra i tavoli del ristorante del popolo, oltre il bancone, i crauti e le torte di alghe. Altri dieci passi e sei fuori.

Un grido dal fondo della sala.

— No! Torna indietro! Paul! Paul! Nat!

Le sue parole balzarono attraverso il golfo che li divideva come frecce. Sei centri. Zac zac zac zac zac zac! L’ultima mortale, dalla schiena al petto. Barcollo. San Sebastiano che cade fra i tavoli del ristorante. Il cervello in fiamme, qualcosa di molto strano che gli succedeva dentro, come due emisferi che si separassero e assumessero un’esistenza indipendente. Poi una voce che parlava distintamente da un punto appena sopra il suo orecchio sinistro e diceva:

Come puoi piantarla qui in questa maniera, lurido bastardo?

Cadde pesantemente a terra, su un gomito. Una fitta lancinante di dolore. Entro questo cono di rosso tormento, una curiosa limpidezza di percezione.

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