posto. Tremavo, lanciavo occhiate circospette alle mie spalle, e per confortarmi stringevo forte l’impugnatura della mia arma, tendevo l’orecchio per avvertire il sibilo del nemico che si avvicinava nella speranza di riuscire a voltarmi e a sparare prima che mi trafiggesse. Mi rimproveravo aspramente questa mia vigliaccheria, e ringraziavo il cielo che Stirron fosse nato prima di me, dato che evidentemente non ero adatto a succedere a mio padre nell’Eptarchia. Mi ricordai, comunque, che negli ultimi tre anni nessun cacciatore era stato ucciso e mi chiesi se era plausibile che io dovessi morire cosi giovane, alla mia prima partita di caccia, mentre c’era gente come mio padre, che cacciava gia da trenta stagioni ed era sempre rimasto illeso. Mi chiedevo perche avessi quella terribile paura, quando tutti i miei precettori, per anni, si erano affannati ad insegnarmi che l’io e nulla e che preoccuparsi per la propria persona e un grave peccato. Forse mio padre non si trovava nello stesso pericolo, laggiu nella pianura bruciata dal sole? Forse non aveva lui, che era un Eptarca, anzi un Primo Eptarca, molto piu da perdere di me, che non ero altro che un ragazzo? In questo modo, pian piano, la paura comincio a lasciarmi e io ricominciai a studiare il cielo senza piu preoccuparmi della spada che avrebbe potuto colpirmi nella schiena. In breve, tutti i miei timori mi sembrarono assurdi. Avrei potuto rimanere li, senza paura, anche per molti giorni, se fosse stato necessario. Quasi subito, ricevetti il premio per quella mia vittoria sull’io: avvistai una forma scura che ondeggiava contro l’accecante splendore del cielo; solo un puntino, ma questa volta non era un’illusione, perche i miei giovani occhi potevano distinguere le ali e la spada.

Lo avevano avvistato anche gli altri? Era mio il diritto di tentare la cattura? E, se fossi riuscito ad ucciderlo, l’Eptarca avrebbe battuto sulla mia spalla, dichiarando che io ero il migliore dei suoi figli?

Tutti gli altri cacciatori rimanevano in silenzio.

— Si reclama il proprio diritto! — urlai giubilante e, sollevata l’arma, mirai, ricordando cio che mi era stato insegnato: lasciare che il subcosciente facesse i calcoli, mirare e sparare sotto la spinta dell’impulso, prima che l’intelletto, con i suoi dubbi, guastasse il comando dell’intuito. Ma, un istante prima che io facessi partire il colpo, alla mia sinistra si levo un urlo spaventoso e io feci fuoco senza mirare affatto, mentre mi voltavo verso il posto dove stava mio padre; lo vidi, mezzo nascosto dalla sagoma di un enorme uccello-spada che agitava furiosamente le ali dopo averlo trapassato dalla spina dorsale al ventre con la sua acuta spada. L’aria intorno era offuscata dalla sabbia rossa che il mostro dibattendosi sollevava con le ali. Tentava disperatamente di sollevarsi da terra, ma un uccello-spada non riesce a sollevare il peso di un uomo, anche se questo non gli impedisce di attaccarlo. Corsi in aiuto dell’Eptarca. Gridava ancora, stringendo con le mani il collo dell’uccello, ma nelle sue urla c’era gia una nota liquida, come un gorgoglio, e quando lo raggiunsi, fui il primo ad arrivare, egli giaceva abbandonato al suolo, con la spada ancora conficcata nel corpo, ricoperto dalla nera massa del mostro come da un mantello. La mia spada era gia fuori del fodero e con un colpo netto recisi il collo della bestia, come se fosse un tubo di gomma; allontanai a calci la carcassa, afferrai disperatamente la testa demoniaca orrendamente inchiodata nella schiena dell’Eptarca che giaceva bocconi. Intanto erano arrivati gli altri e mi allontanarono; qualcuno mi prese per le spalle e mi scosse finche non tornai in me. Quando mi voltai di nuovo verso di loro, essi strinsero le file per nascondermi il cadavere di mio padre e poi, con mia costernazione, si inginocchiarono dinnanzi a me per rendermi omaggio.

Naturalmente, fu Stirron che divenne Eptarca a Salla, e non io. La sua incoronazione fu un avvenimento grandioso, perche, anche se era cosi giovane, Stirron sarebbe diventato il Primo Eptarca della provincia. Gli altri sei Eptarchi di Salla vennero alla capitale, solo in simili occasioni si riunivano nella stessa citta, e per qualche tempo si fecero grandi festeggiamenti, con sventolii di bandiere e squilli di trombe. Stirron era al centro di tutto questo, mentre io ne ero ai margini: era giusto che cosi fosse, anche se finii col sentirmi un garzone di stalla, invece che un principe. Dopo l’incoronazione, Stirron mi offri titoli, terre e potere, ma non si aspettava che accettassi e difatti non accettai. A meno che l’Eptarca non sia un debole di mente, e bene che i suoi fratelli piu giovani non rimangano vicino a lui per aiutarlo, in quanto nella maggior parte dei casi un simile aiuto non e affatto desiderato. Io non avevo mai conosciuto zii paterni e volevo che fosse cosi anche per i figli di Stirron; trascorso il periodo di lutto, me ne andai rapidamente da Salla.

Mi recai a Glin, il paese di mia madre. Qui le cose non mi andarono troppo bene e dopo qualche anno mi trasferii nella nebbiosa provincia di Manneran, dove presi moglie, misi al mondo i miei figli, divenni principe piu di fatto che di nome, e dove vissi felice fino a quando non arrivo per me il tempo delle metamorfosi.

6

E opportuno che dica qualcosa della geografia del mio mondo.

Ci sono cinque continenti sul nostro pianeta, Borthan. Due sono in questo emisfero: Velada Borthan e Sumara Borthan, cioe il Mondo Settentrionale e quello Meridionale. Tra questi e i continenti dell’emisfero opposto, che si chiamano semplicemente Umbis, Dabis, Tibis, cioe Uno, Due, Tre, c’e un lungo viaggio per mare.

Di queste tre terre lontane posso dirvi molto poco: furono esplorate per la prima volta circa settecento anni fa dall’Eptarca di Glin, che perse la vita per la sua curiosita, e da allora non vi sono state fatte piu di cinque esplorazioni. Non ci sono uomini, in quell’emisfero. Si dice che Umbis somigli molto alle Terre Basse Bruciate, anche se in peggio: qua e la, dal terreno tormentato si levano violente fiammate d’oro.

Dabis e tutto giungla e paludi che danno la febbre; un giorno o l’altro la nostra gente si riversera laggiu per mettere alla prova il proprio coraggio, dato che sembra pulluli di belve pericolose. Tibis e ricoperta di ghiacci.

Non siamo una razza malata di nomadismo: io stesso non sono mai stato un viaggiatore finche le circostanze non mi hanno costretto a diventarlo. Anche se nelle nostre vene scorre il sangue degli Antichi Terrestri, che erano vagabondi costretti dai loro demoni a vagare tra le stelle, noi di Borthan rimaniamo volentieri a casa. Nemmeno io, che pure la penso in modo abbastanza diverso dai miei compagni, ho mai sognato di vedere le distese di neve di Tibis o le paludi di Dabis se non forse quando ero bambino e volevo conoscere tutto l’universo. Da noi, il solo viaggiare da Salla a Glin e considerata gran cosa e sono davvero pochi quelli che hanno traversato il continente e si sono avventurati a Sumara Borthan come ho fatto io.

Come ho fatto io.

Velada Borthan e la culla della nostra civilta. Sulla carta appare come una grande terra quadrata dagli angoli arrotondati. Sul suo contorno ci sono due grandi intaccature a V: sulla costa settentrionale, a meta tra l’angolo orientale e quello occidentale c’e il Golfo Polare e a Sud, sull’altra costa, c’e il Golfo di Sumar. Tra questi due corpi d’acqua si stendono le Terre Basse, una striscia che percorre tutto il continente, da Nord a Sud. In nessun punto le Terre Basse si levano sopra il livello del mare di un’altezza superiore a quella di cinque uomini.

C’e una vecchia leggenda sulla forma di Velada Borthan, che noi raccontiamo ai nostri bambini: il Gran Tarlo del Ghiaccio, Hrungir, che era nato dalle acque del Mar Polare del Nord, si sveglio un giorno con un terribile appetito. Trovatosi di fronte la costa settentrionale di Velada Borthan, comincio a divorarla; continuo per mille e mille anni, finche non ebbe mangiato tutta la terra che era al posto del Golfo Polare. Ma aveva mangiato con troppa voracita, e si arrampico strisciando sulla terraferma per cercare di digerire quello che aveva divorato. Hrungir, che si sentiva lo stomaco affaticato, comincio a dimenarsi, dimodoche la terra fini per sprofondare sotto il suo enorme peso, mentre in compenso ad Est e ad Ovest del posto dove il Tarlo si era rifugiato sorgevano delle montagne. Il Tarlo resto a lungo nelle Terre Basse Bruciate, che di conseguenza diventarono piu depresse delle zone circostanti. Quando ebbe di nuovo fame, riprese a strisciare verso Sud, finche ad un certo punto non si trovo di fronte una catena di montagne che correva da Est a Ovest, sbarrandogli la strada. Si apri un passaggio tra le montagne, il Passo Stroin, mangiandole, e continuo a procedere verso la costa meridionale. Qui la fame lo colse di nuovo ed egli mangio ancora della terra: il Golfo di Sumar. Le acque dello Stretto di Sumar precipitando vorticosamente riempirono il vuoto lasciato dalla terra, mentre la corrente impetuosa trascinava via Hrungir e lo trasportava verso il continente di Sumara Borthan. Adesso il Gran Tarlo vive laggiu avvolto intorno al vulcano, emettendo vapori velenosi. Cosi narra la leggenda.

Il lungo e stretto bacino che dovrebbe essere la scia lasciata da Hrungir e diviso in tre parti. Nella parte settentrionale ci sono le Terre Basse Gelate, ricoperte di ghiacci perenni, senza traccia d’uomo. La leggenda vuole che l’aria sia cosi fredda e asciutta che ogni respiro dissecca i polmoni e li rende come di cuoio. L’influenza di quel clima polare si estende soltanto su una piccola parte del nostro continente, comunque. A Sud delle Terre Basse Gelate si stendono le immense e aride Terre Basse Bruciate, tormentate dalla furia del sole. Le due catene di montagne che corrono da Nord a Sud fanno da barriera alla pioggia e non ci sono fiumi o torrenti che arrivino a

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