negli ultimi 200 anni e ridotta a un cumulo di macerie da un terremoto il giorno prima di Pasqua. Zack: Zack. Dio ci ride in faccia. Questo e giustizia? Dove? In che senso? Voglio dire: prendi il mio caso. Non e che stia tentando di strapparvi un po’ di pieta, adesso; no, no. Voglio essere soltanto oggettivo. Ascoltate, non ho chiesto io di essere un superuomo. Sono stato forgiato cosi all’atto del mio concepimento. Un incomprensibile capriccio di Dio. Un capriccio che mi defini, mi diede forma, mi malformo, mi rese uno spostato, e io non avevo fatto niente per averlo, non avevo chiesto niente, assolutamente non lo avevo desiderato, a meno che voi pensiate alla mia ereditarieta genetica come una qualche specie di karma maligno, merda! E stata una contrazione involontaria puramente casuale. Dio disse: Che questo bimbo sia un superuomo, ed ecco! il giovane Selig fu un superuomo, in un’accezione ristretta del termine. Almeno per un certo tempo. Dio mi ha fatto per tutto quello che sarebbe successo: l’isolamento, la sofferenza, la solitudine, anche l’autocompassione. Giustizia? Ma dove? Il Signore da, chissa perche, dannazione, e il Signore toglie. La qual cosa, appunto, Lui, adesso, ha fatto. Il potere se n’e andato. Sono assolutamente piatto, gente, piatto come voi e voi e voi. Non fraintendetemi: io accetto il mio destino, vi sono completamente rassegnato; non vi chiedo di sentirvi spiaciuti per me. Semplicemente ho bisogno di cavarci fuori un qualche significato, piccolo. Adesso che il potere se n’e andato, io chi sono? Come faccio a definire me stesso, adesso? Ho perduto la mia specialita, il mio potere, la mia vergogna, il motivo del mio isolamento. Tutto quello che mi e rimasto adesso e il ricordo di essere stato diverso. Le sue cicatrici. Che cosa si presume che faccia io adesso? Come faccio ad agganciarmi all’umanita adesso che la differenza se n’e andata e che io sono ancora qui? Quello e morto, io sopravvivo. Che strano scherzo mi ha fatto, Dio. Non e che io stia protestando, capitemi. Sto soltanto chiedendo fatti, con un tono di voce tranquillo, ragionevole. Sto cercando di capire qualcosa della giustizia divina. Penso che il vecchio arpista di Goethe avesse di te, Dio, la visione esatta. Tu ci butti nella vita, lasci che il pover’uomo cada nella colpa, e poi lo confini nella miseria. Perche ogni colpa e vendicata sulla Terra. Questo e un reclamo ragionevole. Tu, Dio, hai il potere definitivo, pero rifiuti di avere la responsabilita definitiva. Questo e giusto? Penso che anch’io ho un ragionevole motivo di reclamo. Se c’e giustizia, perche una fetta cosi grossa della vita sembra ingiusta? Se veramente, Dio, sei al nostro fianco, perche ci dai un’esistenza di lacrime? Dov’e la giustizia per i bambini nati senza occhi? Per i bambini nati senza testa? Per il bambino nato con un potere che gli uomini non contavano di avere? Solo per chiedere, Dio. Accetto la tua decisione, credimi, mi inchino alla tua volonta, perche potrei anche… che scelta posso avere, dopo tutto?… Ma ho ancora il diritto di chiedere. Giusto?

Ehi, Dio? Dio? Mi stai ascoltando, Dio?

Penso proprio di no. Penso che a te non te ne frega niente. Dio, io penso che tu mi mandi a farmi fottere.

Di-dah-de-du-dah-di-da. La musica sta finendo. Armonie celestiali che riempiono la stanza. Tutto immerso in unita. Fiocchi di neve che turbinano dietro i vetri della finestra. Perfetto, Schonberg. Tu hai capito, almeno quando eri giovane. Hai colto la verita e l’hai messa in note. Io lo sento che cosa volevi dire. Non fare domande, hai detto. Accetta. Soltanto, accetta; e questo il motto. Accetta. Accetta. Qualunque cosa ti succeda: accetta.

Judith dice: — Claude Guermantes mi ha invitato ad andare a sciare con lui in Svizzera per Natale. Posso lasciare il bambino da un amico nel Connecticut. Pero non ci andro se tu hai bisogno di me, Duv. Stai bene? Puoi arrangiarti?

— Certo che posso. Non sono mica paralizzato, Jude. Ho mica persa la vista. Vai in Svizzera, se e questo che vuoi.

— Staremo via soltanto otto giorni.

— Sopravvivero.

— Quando ritorno, spero che traslocherai da quella baracca. Tu devi venire ad abitare da queste parti vicino a me. Dovremmo vederci di piu.

— Puo darsi.

— Potrei anche farti conoscere alcune mie amiche. Se la cosa ti interessa.

— Meraviglioso, Jude.

— Non sembri troppo entusiasta.

— Devi andarci piano — le dico. — Non buttarmi addosso un milione di cose. Ho bisogno di tempo per selezionarle.

— D’accordo. E come una nuova vita, non e vero, Duv?

— Una nuova vita. Si. Una nuova vita, e proprio questo, Jude.

La tempesta di neve e violenta, adesso. Le macchine stanno scomparendo sotto i primi strati di bianco. All’ora di cena la radio, nelle previsione del tempo, parlava di un accumulo, prima del mattino, per uno spessore di una ventina di centimetri. Judith mi ha invitato a passare la notte qui, nella stanza della cameriera. Bene, perche no? Di tutte le volte, perche dovrei prenderla a calci proprio adesso? Restero. In mattinata porteremo Pauly fuori nel parco, con la sua slitta, sopra la neve fresca. Sta proprio venendo giu, adesso. La neve e cosi bella. Copre tutto, pulisce tutto, in poco tempo purifica questa stanca citta, consunta, e la sua stanca, logora popolazione. Non riesco a distogliere i miei occhi dalla scena. La mia faccia e incollata alla finestra. Tengo un bicchierino di brandy in una mano, ma non ci penso neanche a berlo, perche la neve mi ha afferrato nel suo ipnotico incantesimo.

— Buu! — urla qualcuno dietro di me.

Ho un soprassalto cosi violento che il cognac schizza fuori dal bicchierino e spruzza la finestra. Atterrito mi giro, raggomitolandomi, pronto a difendermi; allora il terrore improvviso si spegne e mi metto a ridere. Anche Judith ride.

— Questa e la prima volta che ti ho colto di sorpresa — dice. — In trentun anni, la prima volta!

— Mi hai fatto prendere una fifa da morire.

— Me ne sono rimasta in piedi, qui dietro, per tre o quattro minuti pensando delle cose per te. Tentando di provocare qualcosa dentro di te, invece no, no, tu non hai reagito, hai continuato a fissare la neve. Percio mi sono alzata furtivamente e ti ho urlato in un orecchio. Eri veramente assorto, Duv. Non ti eri accorto di nulla.

— Pensavi che mentissi quando ti parlavo di quello che mi e successo?

— No, naturalmente no.

— Allora perche pensavi che me ne accorgessi?

— Non lo so. Confesso che dubitavo di te un pochettino. Non lo faro mai piu. Oh, Duv. Duv, mi sento cosi triste per te!

— Non occorre — dico io. — Per piacere, Jude.

Lei sta piangendo, dolcemente. Com’e strano questo, veder piangere Judith. Per amor mio, niente meno. Per amor mio.

Adesso e tranquillissimo.

Il mondo e bianco di fuori e grigio dentro. Io accetto tutto questo. Penso che la vita sara piu ricca di pace. Il silenzio diventera la mia lingua madre. Ci saranno scoperte e rivelazioni, pero niente sconvolgimenti. Forse il colore ritornera nel mondo, per me, piu tardi. Forse.

Vivendo, ci agitiamo. Morendo, viviamo. Terro bene in mente questo. Saro di buon umore. Dlang. Dling. Dlong. Fino a quando moriro di nuovo, salve, salve, salve, salve.

FINE
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