— Perche devi sempre avere paura? — La voce dell’amico era petulante.

— Perche ho visto passare davanti ai miei occhi tutta la mia vita, e non ci e voluto molto. Se non vuoi muoverti, me ne andro senza di te perche sei capace, con ogni secondo che passa, di propormi di indossare…

La porta si apri.

Due giovani robusti entrarono nella stanza. Indossavano soltanto un paio di brache di lana. Uno di loro si stava ancora asciugando vigorosamente. Entrambi salutarono i due fuggiaschi con un cenno del capo senza mostrare sorpresa.

Il piu alto dei due si sedette su una panca davanti alle poltrone e disse: — ? TvO yur ate hO sooten gatrunen?

Anche se Scuotivento si considerava un esperto nella maggior parte delle lingue delle zone occidentali del Disco, era la prima volta che si rivolgevano a lui in kruliiano, e non ne capiva una parola. Lo stesso valeva per Duefiori; cio tuttavia non gli impedi di farsi avanti e prendere fiato.

In un’aura magica quale quella che circondava il Disco la luce viaggiava a velocita assai ridotta, non molto piu rapida della velocita del suono in universi meno sintonizzati, ma era pur sempre la cosa piu veloce che ci fosse in giro. A eccezione, in momenti come quello, della mente di Scuotivento.

In un attimo si rese conto che il turista si accingeva a sperimentare la sua specialita linguistica, ossia parlare nella sua lingua a voce alta e lentamente.

Il gomito del mago scatto lasciando il povero Duefiori senza fiato. Questi sbalordito e dolorante alzo gli occhi; l’amico colse il suo sguardo, tiro fuori una lingua immaginaria e la taglio con un paio di forbici immaginarie.

Il secondo chelonauta (perche tale era la professione dei due uomini destinati ben presto a compiere il viaggio verso la Grande A’Tuin) alzo gli occhi dal tavolo delle carte, con l’ampia fronte aggrottata nello sforzo di parlare.

— ? HoOr yu latruin nOr u? — disse.

Scuotivento annui con un sorriso e spinse Duefiori nella sua direzione. Sospiro di sollievo dentro di se quando l’amico si mise a osservare un grande telescopio di ottone posato sul tavolo.

— ! Sooten u! — comando il chelonauta seduto. Scuotivento annui, sorrise, prese dalla rastrelliera uno dei grossi elmetti di rame e lo calo sulla testa dell’uomo con tutte le sue forze. Quello si piego in avanti con un gemito soffocato.

Il suo compagno fece un passo avanti, ma Duefiori gli sferro con il telescopio un colpo da dilettante, ma efficace. L’uomo si abbatte sopra l’altro chelonauta.

Scuotivento e Duefiori si scambiarono uno sguardo.

— Va bene! — esclamo il mago, consapevole di avere perso una gara senza sapere esattamente quale. — Risparmiati il fiato. Qualcuno la fuori si aspetta che tra un minuto questi due tizi escano indossando i vestiti. Suppongo ci credessero degli schiavi. Aiutami a nasconderli dietro la tappezzeria e poi, e poi…

— …faremo meglio a vestirci — completo Duefiori, prendendo il secondo casco.

— Si — disse Scuotivento. — Sai, appena ho visto i vestiti, ho saputo che avrei finito per indossarne uno. Non chiedermi come facevo a saperlo… forse perche era la cosa peggiore che poteva accadere.

— Bene, tu stesso hai detto che non avevamo una via di scampo. — L’ometto si stava passando dalla testa uno dei due vestiti e la sua voce veniva smorzata. — Qualsiasi cosa e meglio che venire sacrificati.

— Appena si presenta una possibilita, la cogliamo al volo. Non farti delle idee — gli disse l’amico.

Ficco di furia un braccio nel vestito e batte la testa contro l’elmo. Qualcuno lassu lo osservava: questo fu il pensiero che gli attraverso la mente. — Mille grazie — esclamo amaramente.

Al confine della citta e del paese di Krull c’era un vasto anfiteatro semicircolare, capace di ospitare diverse decine di migliaia di persone. La sua forma semicircolare era dovuta al fatto che l’arena si affacciava sul mare ribollente dalla cascata, molto piu in basso. Adesso ogni posto era occupato e la folla si faceva irrequieta. Era venuta per assistere a un doppio sacrificio e anche al lancio della grande nave spaziale di bronzo. Nessuno dei due avvenimenti si era ancora prodotto.

L’Arciastronomo chiamo a se il Capo controllore del lancio. — Allora? — chiese e in quelle poche lettere c’era un condensato di collera e di minaccia.

Il Capo controllore del lancio impallidi. — Nessuna notizia, mio signore. — E aggiunse, con forzata vivacita: — Solo che Vostra preminenza sara lieto di sentire che Garhartra e guarito.

— Un fatto che potrebbe rimpiangere — affermo l’Arciastronomo.

— Si, mio signore.

— Quanto tempo ci rimane?

Il Capo controllore diede un’occhiata al sole che saliva rapidamente nel cielo. — Trenta minuti. Vostra preminenza. Dopo questo termine, Krull avra ruotato lontano dalla coda della Grande A’Tuin e il Possente Viaggiatore sara condannato a finire nel golfo interterracqueo. Ho gia posizionato i controlli automatici, cosi…

— Va bene, va bene — lo interruppe con un gesto l’Arciastronomo. — Il lancio deve avere luogo. Naturalmente, continuate a sorvegliare il porto. Quando quei due sciagurati saranno presi, sara con grande piacere che li giustiziero io stesso.

— Si, mio signore. Ehm…

L’Arciastronomo si acciglio. — Che altro hai da dire, uomo?

Il Capo controllore degluti. Non era giusto: lui era un perito mago piu che un diplomatico, e proprio per questa ragione dei cervelloni avevano disposto che toccasse a lui comunicare le notizie.

— Un mostro e uscito dal mare e attacca le navi nel porto. E appena arrivato un messaggero.

— Un mostro grande?

— Non particolarmente, ma si dice che sia eccezionalmente feroce, signore.

Dopo un attimo di riflessione, il reggente di Krull e della Circonferenza scrollo le spalle. — Il mare e pieno di mostri. E uno dei suoi principali attributi. Occupatene tu. E… Capo controllore del lancio?

— Mio signore?

— Se vengo ulteriormente contrariato, ricorderai che due persone devono essere sacrificate. Posso sentirmi in vena di generosita e aumentare il numero.

— Si, mio signore. — Il Capo controllore filo via, sollevato di non trovarsi piu sotto gli occhi dell’autocrate.

Il Possente Viaggiatore, non piu il vuoto guscio di bronzo liberato dalla forma pochi giorni prima, aspettava nella sua culla in cima a una torre di legno al centro dell’arena. Di fronte ad essa un binario scendeva verso il Bordo dove, per un tratto di pochi metri, s’impennava subitamente.

Il defunto Dactylos Occhidoro, che aveva disegnato la rampa di lancio nonche il Possente Viaggiatore, aveva affermato che quell’ultimo tocco era semplicemente voluto perche il vascello non urtasse contro qualche roccia mentre iniziava la lunga discesa. Forse era pura coincidenza se, a causa di quella piccola elevazione, esso sarebbe pure saltato come un salmone e avrebbe brillato teatralmente nel sole prima di sparire nel mare caliginoso.

All’estremita dell’arena risuono una fanfara di trombe e, tra le grida entusiaste della folla, apparve la guardia d’onore dei chelonauti. Quindi avanzarono nella luce i biancovestiti esploratori.

L’Arciastronomo subodoro subito che qualcosa non andava. Per esempio, gli eroi camminano sempre in un certo modo. Di sicuro non con un’andatura ondeggiante come quella di uno dei chelonauti.

Le urla dei cittadini di Krull erano assordanti. L’Arciastronomo guardava accigliato i chelonauti e le guardie attraversare l’arena, passando tra i numerosi altari elevati per i vari maghi e sacerdoti delle molte sette esistenti a Krull, onde assicurare il successo del lancio. Quando il gruppo fu a meta strada, lui era giunto a una conclusione. Quando i chelonauti arrivarono ai piedi della scala che portava al vascello (non rivelavano forse una certa riluttanza?), l’Arciastronomo si alzo in piedi e le sue parole si persero nel clamore della folla. Fece scattare in avanti le braccia e le riporto indietro, le dita aperte e tese drammaticamente nella posizione richiesta per gettare un incantesimo. Chiunque fosse passato, capace di leggere il movimento delle labbra e ferrato sui testi standard della magia, avrebbe riconosciuto le parole iniziali della Maledizione Fluttuante di Vestlake e prudentemente sarebbe filato via.

Tuttavia le parole finali non furono pronunciate. L’Arciastronomo si giro sorpreso al tumulto che si era levato intorno al grande arco d’ingresso all’arena. Le guardie entrarono di corsa e gettarono le armi mentre fuggivano tra gli altari o saltavano il parapetto per rifugiarsi nelle tribune.

Qualcosa emerse alle loro spalle. La folla, cessate le sue acclamazioni, si disperse nel silenzio.

Il qualcosa, una struttura bassa di alghe a forma di cupola, si muoveva lentamente ma con sinistra determinazione. Vincendo il suo orrore, una guardia gli sbarro la strada e gli scaglio contro la lancia, che si infisse tra le alghe. La folla ruppe in evviva… poi si fece mortalmente silenziosa quando la cosa balzo in avanti e inghiotti l’uomo.

L’Arciastronomo, con un gesto brusco della mano, congedo la famosa Maledizione di Vestlake e si affretto a pronunciare le parole di uno degli incantesimi piu potenti del suo repertorio: l’Enigma della Combustione Infernale.

Fiammelle di ottarino guizzarono tra e intorno le sue dita mentre lui tracciava in aria i complessi caratteri runici dell’incantesimo e lo spediva, strillante e con una scia di fumo azzurro, verso la forma.

Segui un’esplosione gratificante e una lingua di fiamme s’innalzo nel limpido cielo mattutino, spargendo falde di alghe ardenti. Una nuvola di fumo e vapore nascose per diversi minuti il mostro; quando si disperse, quello era completamente sparito. Sul lastricato, tuttavia, si vedeva un largo circolo bruciacchiato nel quale ancora fumavano ciuffi di alghe.

In mezzo al cerchio c’era un baule di legno, perfettamente comune anche se piuttosto grande. Non era nemmeno strinato. Qualcuno all’altro capo dell’arena si mise a ridere, ma il suono cesso di colpo quando il baule si alzo su dozzine di gambette e si volto a fronteggiare l’Arciastronomo. Naturalmente un baule di legno, perfettamente comune anche se piuttosto grande, non ha una fronte con la quale affrontare. Ma quello decisamente lo fronteggiava. L’Arciastronomo, non soltanto lo capiva, ma con suo grande orrore si rendeva anche conto che quella cassa perfettamente normale, in qualche modo indefinibile, stringeva gli occhi.

Il baule prese a muoversi risolutamente verso di lui. Che rabbrividi.

— I maghi! — grido. — Dove sono i miei maghi?

Tutto intorno all’arena, uomini dalla faccia pallida sbirciavano da dietro gli altari e da sotto le panche. Uno dei piu audaci, vista l’espressione sul viso dell’Arciastronomo. sollevo un braccio tremante e provo a lanciare frettolosamente un fulmine. Che si scaglio sibilando verso il baule e lo centro in una pioggia di bianche scintille.

Fu quello il segnale: ogni mago, incantatore e taumaturgo di Krull balzo su, e sotto lo sguardo atterrito del loro capo, lancio il primo incantesimo che a ciascuno

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