— Eh?

— Che e questa roba nei boccali?

— Questa? Birra. Grazie, Grosso. Si, birra. Sapete, birra.

— Ah, la bevanda cosi tipica. Una monetina d’oro bastera per pagare, che ne dite? Non voglio arrecare offesa.

Aveva gia tirato fuori a meta la moneta.

— Yarrt — gracchio Scuotivento. — Voglio dire, no, non arrechera offesa.

— Bene. Dite che questo e un posto pericoloso. Intendete frequentato da eroi e da avventurieri?

Scuotivento ci penso su. — Si — disse alla fine.

— Eccellente. Mi piacerebbe conoscerne qualcuno.

Al mago venne in mente una spiegazione. — Ah, siete venuto a ingaggiare dei mercenari ('guerrieri che combattono per la tribu che possiede piu noci di cocco')?

— Oh no. Desidero semplicemente incontrarli. Cosi quando torno a casa posso raccontarlo.

Se Duefiori incontrava la clientela del Tamburo, penso Scuotivento, non sarebbe piu tornato a casa sua, a meno che questa si trovasse lungo il fiume e lui la superasse trascinato dalla corrente.

— Dov’e casa vostra? — domando.

Il Grosso si era ritirato in qualche stanza sul retro, mentre Hugh li osservava sospettoso, seduto a un tavolo vicino.

— Avete sentito parlare della citta di Bes Palargic?

— Be’, non sono rimasto a lungo a Trob. Sapete, ci sono soltanto passato.

— Oh no, non si trova a Trob. Parlo trob perche nei nostri porti ci sono tanti marinai trob. Bes Palargic e il porto piu grande dell’Impero Agateo.

— Temo di non averlo mai sentito.

Duefiori sollevo un sopracciglio. — No? E molto grande. Si circumnavigano le Brown Islands e si viaggia per circa una settimana prima di arrivarci. State bene?

Giro in fretta intorno al tavolo per battere sulla schiena del mago.

A Scuotivento la birra era andata di traverso.

Il Continente Contrappeso!

Tre strade piu in la, un vecchio lascio cadere una moneta in una coppa colma d’acido, che giro con precauzione. Il Grosso attendeva impaziente, a disagio nella stanza resa rumorosa dai tini e dagli alambicchi ribollenti, con le pareti rivestite di scaffali contenenti forme indistinte che facevano pensare a teschi e misteriose creature impagliate.

— Allora? — domando.

— Non si possono affrettare queste cose — rispose stizzosamente il vecchio alchimista. — Ci vuole tempo per le analisi. Ah! — Rimesto nella coppa dove la moneta giaceva in un vortice verde e fece dei calcoli su un pezzetto di pergamena: — Straordinariamente interessante — sillabo alla fine.

— E autentica?

Il vecchio spinse le labbra in fuori. — Dipende da come intendete il termine. Se volete dire: questa moneta ha lo stesso valore di… vediamo, un pezzo da cinquanta talleri, allora la risposta e no.

— Lo sapevo — grido l’albergatore e si avvio alla porta.

— Non sono sicuro di essere stato chiaro — disse l’alchimista. Il Grosso si giro incollerito.

— Che volete dire?

— Be’, vedete, fra una cosa e l’altra, nel corso degli anni la nostra coniatura si e alquanto, diciamo, diluita. Il contenuto in oro della moneta ordinaria e soltanto un terzo del totaie, il resto e fatto d’argento, rame…

— Che vuol dire?

— Ho detto che questa moneta non e come le nostre. E oro puro.

Il Grosso se ne ando di corsa e l’alchimista rimase per un po’ a guardare il soffitto. Poi tiro fuori un sottile pezzetto di pergamena, frugo nel disordine del suo banco da lavoro per trovare una penna e scrisse un messaggio brevissimo. Ando quindi alle gabbie dove erano chiusi colombe bianche, galletti neri e altri animali da laboratorio. Tolse da una un ratto dal pelo lucente, arrotolo la pergamena nella fiala fissata a una delle zampe posteriori, e lo lascio andare. Per un momento l’animale fiuto in giro e poi spari in un buco nella parete di fondo.

Circa alla stessa ora una chiromante fino allora sfortunata, che viveva dall’altra parte dell’isolato, guardo per caso nella sua sfera di cristallo, e se ne usci in un gridolino. Tempo un’ora aveva venduto i suoi gioielli, corredo magico, la maggior parte dei vestiti e quasi tutti gli altri suoi averi impossibili da trasportare sul cavallo piu veloce che le riusci di acquistare. Il fatto che piu tardi, quando la sua casa crollo in fiamme, lei peri in una frana improvvisa nelle montagne Morpork dimostra che anche la Morte e dotata di senso dell’umorismo.

All’incirca allo stesso momento in cui il ratto scompariva nel labirinto di percorsi sotterranei, ubbidendo a un antico istinto, il Patrizio di Ankh-Morpork prendeva in mano le lettere consegnate quella mattina a mezzo di un albatro. Guardo pensieroso ancora una volta quella in cima al pacco e fece venire il capo delle spie.

Al Tamburo Rotto, Scuotivento ascoltava a bocca aperta il racconto di Duefiori.

— Cosi ho deciso di vedere da me — diceva l’ometto. — Mi e costato otto anni di risparmi. Ma ne e valsa la pena fino all’ultimo mezzo rhinu. Voglio dire, eccomi qua a Ankh-Morpork, famosa nelle ballate e nei racconti. Nelle vie che hanno conosciuto il passo di Hrun il Barbaro, e Bravd della Terra del Centro e Donnola… E tutto proprio come l’immaginavo, sapete.

Il viso di Scuotivento era una maschera di orrore affascinato.

— Proprio non sopportavo piu di rimanere laggiu a Bes Palargic — continuo gaio Duefiori. — Tutto il giorno seduto a incolonnare cifre e alla fine aspettarsi soltanto la pensione… che cosa c’e di romantico in questo? Mi sono detto: Duefiori, adesso o mai piu. Non devi soltanto ascoltare i racconti. Puoi andarci. E tempo di smettere di bighellonare per i moli a sentire i racconti dei marinai. Cosi ho compilato un dizionarietto e ho comprato un biglietto sulla prima nave diretta alle Brown Islands.

— Senza guardie? — mormoro il mago.

— No. Perche? Vale la pena di rubare cio che ho?

Scuotivento tossi. — Voi avete, ehm, dell’oro.

— Solo duemila rhinu. Una somma appena sufficiente a mantenere un uomo piu di un mese o due. A casa, cioe. Suppongo che qui durerebbe un po’ di piu.

— Un rhinu sarebbe una di quelle grosse monete d’oro?

— Si. — Duefiori guardo preoccupato il mago al di sopra delle sue strane lenti. — Credete che duemila basteranno?

— Yarrt — gracchio Scuotivento. — Voglio dire, si… bastano.

— Bene.

— Uhm. Sono tutti ricchi come voi nell’Impero Agateo?

— Io ricco? Benedetto, che cosa vi ha messo in testa una simile idea? Sono soltanto un povero impiegato! Secondo voi, ho pagato troppo l’albergatore? — aggiunse.

— Uh, si sarebbe accontentato di meno — concesse Scuotivento.

— Ah, la prossima volta mi regolero meglio. Vedo che ho un sacco da imparare. Mi viene un’idea. Scuotivento, acconsentireste a essere impiegato come, non so, forse la parola 'guida' e adatta alle circostanze? Penso di essere in grado di pagarvi un rhinu al giorno.

Scuotivento apri la bocca per rispondere ma le parole gli si fermarono in gola, riluttanti a venire fuori in un mondo che stava rapidamente impazzendo. Duefiori arrossi.

— Vi ho offeso. E stato impertinente da parte mia rivolgere un simile invito a un professionista come voi. Senza dubbio avete molti progetti di cui occuparvi… opere di alta magia…

— No — rispose debolmente Scuotivento. — Non in questo momento. Un rhinu, avete detto? Uno al giorno? Tutti i giorni?

— Credo che, date le circostanze, dovrei fare un rhinu e mezzo al giorno. Piu le spese correnti, naturalmente.

Il mago si mostro all’altezza della situazione. — Andra benissimo — assicuro. — Magnifico.

Duefiori cavo di tasca un grosso oggetto rotondo d’oro, lo guardo un attimo e lo ripose, senza lasciare a Scuotivento il tempo di dargli una buona occhiata.

— Credo che adesso mi piacerebbe riposarmi un po’ — disse. — La traversata e stata lunga. E poi forse sarete cosi gentile da tornare a mezzogiorno; potremo visitare la citta.

— Sicuro.

— Allora, per piacere, chiedete all’albergatore di mostrarmi la mia camera.

Scuotivento ubbidi e guardo il Grosso arrivare al galoppo da una stanza sul retro per condurre l’ospite su per la scala dietro il bar. Pochi secondi dopo il Bagaglio si alzo e si avvio dietro a loro.

Il mago allora abbasso gli occhi sulle sei grosse monete che teneva in mano. Duefiori aveva insistito per pagargli in anticipo i primi quattro giorni.

Hugh gli fece un cenno con la testa e sorrise incoraggiante, ma in risposta non si ebbe che una smorfia minacciosa.

Come studente di magia Scuotivento non aveva mai preso buoni voti nella precognizione. Ma adesso nel cervello gli pulsavano circuiti insoliti ed era come se il futuro fosse impresso a vividi colori nelle sue pupille. Sentiva un prurito nelle scapole. La cosa ragionevole da farsi, lo sapeva, era comprare un cavallo. Sarebbe dovuto essere un animale veloce, costoso. Tra parentesi, nessuno dei mercanti di cavalli di sua conoscenza era abbastanza ricco da dare il resto di quasi un’oncia d’oro.

Le altre cinque monete gli avrebbero permesso di avviare una proficua professione a distanza di sicurezza, diciamo quattrocento chilometri. Questa sarebbe stata la cosa ragionevole da farsi.

Ma che sarebbe successo a Duefiori, tutto solo in una citta dove perfino gli scarafaggi possedevano un istinto infallibile per l’oro?

Un uomo sarebbe dovuto essere un vero mascalzone per abbandonarlo.

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