Il Patrizio di Ankh-Morpork sorrise, ma solo con le labbra.

— La porta del Centro, hai detto? — mormoro.

Il capitano delle guardie si mise sull’attenti. — Si, mio signore. Per fermarlo, abbiamo dovuto sparare al cavallo.

— Cio che ti porta qui per direttissima — disse il Patrizio rivolto a Scuotivento. Cosa hai da dire a tua discolpa?

Correva voce che un’intera ala del palazzo del Patrizio fosse occupata da impiegati che trascorrevano le giornate a collazionare e aggiornare tutte le informazioni raccolte dal sistema spionistico estremamente sofisticato del loro padrone. Scuotivento non ne dubitava. Lancio un’occhiata alla balconata che correva lungo un lato della sala delle udienze. Una corsa improvvisa, un salto agile… una grandine di frecce di balestra. Rabbrividi.

Il Patrizio appoggio il mento sulla mano inanellata e fisso il mago con i suoi occhi piccoli e duri come i grani di una collana.

— Vediamo — disse. — Spergiuro, furto di un cavallo, moneta falsa… Si, credo che ti aspetti l’Arena. Scuotivento.

Questo era troppo.

— Non ho rubalo il cavallo. L’ho comprato onestamente.

— Ma con una moneta falsa. Tecnicamente, vedi, si tratta di furto.

— Ma quei rhinu sono di oro puro!

— Rhinu? — Il Patrizio ne fece girare uno tra le sue dita tozze. — E cosi che si chiamano? interessante. Ma. come hai osservato tu stesso, non assomigliano molto ai talleri…

— Be’, naturalmente non sono…

— Ah, allora l’ammetti?

Scuotivento apri la bocca per parlare, ci ripenso e la richiuse.

— Proprio cosi. E per di piu c’e anche l’onta morale che accompagna il vigliacco tradimento di un visitatore nel nostro paese. Vergogna. Scuotivento.

Il Patrizio fece un gesto vago con la mano. Le guardie, alle spalle del mago, indietreggiarono e il capitano si sposto a destra di qualche passo. Scuotivento a un tratto si senti molto solo.

Si dice che quando un mago e vicino a morire, la Morte stessa si faccia avanti a reclamarlo (invece di delegare il compito, come di solito, a un subordinato. Malattie o Fame). Scuotivento cerco nervosamente con gli occhi un’alta figura in nero (i maghi, anche quelli falliti, oltre alla bacchetta e al cappello a cono, hanno nelle pupille i minuscoli ottagoni che gli permettono di guardare dentro il distante ottarino, il colore base di cui tutti gli altri sono soltanto le pallide ombre che si riflettono nel normale spazio quadridimensionale. Si dice sia una specie di porpora fluorescente giallo-verdastro). Era un’ombra guizzante quella che vedeva nell’angolo?

— Naturalmente potrei mostrarmi misericordioso — dichiaro il Patrizio.

L’ombra scomparve. Scuotivento alzo lo sguardo, un’espressione di folle speranza sul volto.

— Si? — disse.

Di nuovo il Patrizio fece un gesto. Le guardie lasciarono la sala.

— Avvicinati, Scuotivento — gli ordino. Indico una ciotola di cibi appetitosi su un basso tavolo di onice vicino al trono. — Gradiresti una medusa candita? No?

— Uhm, no — rispose Scuotivento.

— Ora voglio che ascolti molto attentamente cio che sto per dirti — gli comunico il Patrizio in tono amabile — altrimenti morirai. In modo interessante. E lento. Per piacere, smetti di agitarti. Dato che sei un mago, tu sai di certo che viviamo su un mondo a forma di disco? E che si dice esista, sul bordo esterno, un continente il quale, sebbene piccolo, eguaglia in peso tutte le altre grandi terre di questo emicerchio. E che, secondo un’antica leggenda, cio e dovuto al fatto che sia composto in grande misura d’oro?

Scuotivento annui. Chi non aveva sentito parlare del Continente Contrappeso? Certi marinai credevano perfino alle favole dell’infanzia e facevano vela alla sua ricerca. Naturalmente, tornavano a mani vuote o non tornavano affatto. Probabilmente erano stati divorati da tartarughe giganti, come sostenevano i marinai piu seri. Perche di sicuro il Continente Contrappeso non era altro che un mito solare.

— Il Continente esiste, naturalmente — affermo il Patrizio. — Anche se non e fatto d’oro, e vero che li l’oro e un metallo molto comune. La maggior parte della massa consiste di vasti e profondi giacimenti di ottironi sotto la crosta. Pertanto sara chiaro a una mente penetrante come la tua che l’esistenza del Continente Contrappeso rappresenta una minaccia mortale per il nostro popolo… — Fece una pausa. Scuotivento l’ascoltava a bocca aperta. Sospiro e aggiunse: — Possibile mai che non mi capisci?

— Yarrg. — Scuotivento degluti e si passo la lingua sulle labbra. — Voglio dire, no… Voglio dire… be’, l’oro…

— Capisco. Forse pensi che sarebbe magnifico andare al Continente Contrappeso e riportarne una nave carica d’oro?

Scuotivento sospetto che gli si stesse tendendo un tranello e azzardo: — Si?

— E se ogni uomo sulle rive del Mare Circolare possedesse una montagna d’oro tutta sua? Sarebbe un bene? Cosa accadrebbe? Rifletti.

Scuotivento aggrotto la fronte. Pensava. — Saremmo tutti ricchi?

Il calo di temperatura che accolse la sua osservazione gli fece capire che non era quella giusta.

— Tanto vale che ti dica, Scuotivento, che esiste un certo contatto tra i Signori del Mare Circolare e l’imperatore dell’Impero Agateo, come e chiamato. Un contatto molto vago. Abbiamo poco in comune: noi non possediamo nulla che loro vogliono e loro non hanno nulla che noi possiamo permetterci. E un impero antico, Scuotivento. Antico, astuto, crudele e molto, molto ricco. Cosi ci scambiamo saluti fraterni con la posta a mezzo albatro. A intervalli non frequenti.

'Una di queste lettere e arrivata stamattina. Sembra che uno dei soggetti dell’impero si sia messo in testa di visitare la nostra citta. Per guardarla. Soltanto un pazzo si sottometterebbe a tutte le privazioni di una traversata dell’oceano Turnwise per il semplice gusto di guardare qualcosa. Comunque… L’uomo e sbarcato stamattina. Avrebbe potuto incontrare un grande eroe o il piu astuto dei ladri o un grande saggio. Ha incontrato te. Ti ha assunto come guida. Scuotivento, tu farai da guida a questo spettatore, a questo Duefiori. Baderai a che se ne torni a casa con un buon rapporto sulla nostra piccola patria. Che hai da dire in proposito?'

— Ehm. Grazie, mio signore — rispose Scuotivento avvilito.

— C’e anche un altro punto. Sarebbe una tragedia se al nostro piccolo visitatore accadesse qualcosa di spiacevole. Per esempio, sarebbe spaventoso se dovesse morire. Spaventoso per il paese tutto, perche l’Impero Agateo veglia sui suoi e potrebbe certamente annientarci con un cenno. Un semplice cenno. E questo sarebbe spaventoso per te, Scuotivento. Nelle settimane precedenti l’arrivo dell’imponente flotta mercenaria dell’Impero, certi miei servitori si occuperebbero della tua persona nella speranza che all’arrivo dei capitani assetati di vendetta, la loro collera si mitigasse alla vista del tuo corpo ancora vivo. Ci sono incantesimi che possono impedire alla vita di abbandonare un corpo, per quanto malridotto e… Vedo dalla tua espressione che cominci a capire?

— Yarrg.

— Prego?

— Si, mio signore. Ci pensero, ehm, voglio dire cerchero di farlo. Voglio dire, be’, vegliero su di lui e badero che non gli sia fatto del male. — 'E dopo mi trovero un lavoro come giocoliere con le palle di neve all’inferno', aggiunse con amarezza nel segreto della sua mente.

— Splendido! So che tu e Duefiori siete gia in ottimi termini. Un inizio eccellente. Quando tornera sano e salvo in patria, non mi troverai ingrato. Probabilmente lascero perfino cadere le accuse contro di te. Grazie, Scuotivento. Puoi andare.

Scuotivento decise che era preferibile non chiedere la restituzione dei suoi cinque rhinu. Indietreggio con circospezione.

— Oh, un’altra cosa — esclamo il Patrizio mentre lui cercava a tastoni la maniglia della porta.

— Si, mio signore? — Il mago si senti mancare il cuore.

— Sono sicuro che non cercherai di sottrarti ai tuoi obblighi scappando dalla citta. A mio giudizio, sei un cittadino nato e cresciuto. Ma puoi stare certo che al cader della notte i signori delle altre citta saranno messi al corrente di queste condizioni.

— Vi assicuro, mio signore, che un simile pensiero non mi e mai passato per la mente.

— Davvero? Allora, se fossi in te, denuncerei la mia faccia per calunnia.

Scuotivento raggiunse di corsa il Tamburo Rotto, giusto in tempo per andare a sbattere contro un uomo che ne usciva all’indietro, a precipizio. La fretta dello straniero era in parte giustificata dalla lancia piantata nel suo petto. Con un rantolo cadde stecchito ai piedi del mago.

Scuotivento sbircio dentro la soglia e si ritiro con un balzo mentre una pesante ascia gli passava accanto ronzando come una pernice. Probabilmente si era trattato di un lancio fortuito, come accerto il nostro amico con un’altra occhiata prudente. Nell’interno buio del Tamburo era in corso una rissa accanita e un bel numero di contendenti giaceva a pezzi in terra, come gli confermo una terza e piu lunga occhiata. Scuotivento si tiro indietro mentre uno sgabello lanciato con violenza gli passava accanto per andare a sfasciarsi dall’altra parte della strada. Quindi il mago si tuffo nel locale.

Indossava una tunica scura, resa ancora piu scura dal continuo uso e dalle lavature irregolari. Nella semiluce e nel calore della zuffa, nessuno noto l’ombra che si muoveva a fatica da un tavolo all’altro. A un certo punto uno dei combattenti barcollo all’indietro e calpesto quelle che gli sembrarono delle dita. Si senti mordere la caviglia. Dette in uno strillo acuto e abbasso la guardia quel tanto da permettere a una spada, maneggiata da un avversario sorpreso, d’infilzarlo.

Scuotivento raggiunse la scala. Si succhiava la mano calpestata e correva in modo curioso, piegato in due. La freccia di una balestra si conficco nella balaustra poco piu in alto della sua testa e lui ebbe un gemito. Fece le scale tutte d’un fiato, aspettandosi di ricevere a ogni momento un altro colpo piu preciso.

Giunto nel corridoio si fermo a riprendere fiato e vide che il pavimento davanti a lui era seminato di cadaveri. Un uomo grosso, con una barba nera e una spada insanguinata in mano, stava provando la maniglia di una porta.

— Ehi! — grido Scuotivento. L’uomo si guardo intorno e poi, quasi automaticamente, si sfilo un coltello dalla bandoliera e lo lancio. Scuotivento si abbasso. Con un urlo, l’uomo della balestra alle sue spalle che stava prendendo la mira, lascio cadere l’arma e si porto le mani alla gola.

Intanto l’omaccione stava gia afferrando un altro coltello. Scuotivento si guardo freneticamente intorno e poi, ricorrendo a un’improvvisazione disperata, assunse una posa da mago e, con la mano sollevata, pronuncio: — Asoniti! Kyorucha! Beazleblor!

L’uomo esito, girando nervosamente lo sguardo a destra e a sinistra in attesa della magia. La conclusione che non ce ne sarebbe stata nessuna lo colpi nello stesso momento in cui Scuotivento si butto in avanti e gli sferro un calcio all’inguine.

Quello si piego in due urlando e il mago spalanco la porta, balzo dentro, la richiuse e ci si appoggio contro, con il respiro affannoso.

Dentro regnava la tranquillita. C’era Duefiori che dormiva pacifico sul letto basso. E li, ai piedi del letto, c’era il Bagaglio.

Scuotivento fece qualche passo in avanti, spinto dalla cupidigia, come se scivolasse sulle rotelle. La cassa era aperta. Dentro c’erano delle borse e in una il mago scorse lo scintillio dell’oro. Per un momento l’avidita ebbe la meglio sulla prudenza e lui allungo la mano guardingo… ma a che scopo? Non sarebbe mai vissuto tanto da

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