Quando Linda torno dall'area di riposo, l'atmosfera era tran­quilla ma tesa. Ognuno bado al proprio lavoro: Jill si occupava della colonia di alghe sullo scaffale sopra il bancone di biologia; Kinsman estraeva le pellicole dalle macchine fotografiche in pre­visione del ritorno a terra e le ricaricava; Linda aveva cura di sta­re alla larga da tutti e due.

Il controllo a terra chiamo per sapere come andavano le cose. Sia Linda che Jill lanciarono un'occhiata penetrante a Kinsman. Lui si limito a rispondere:

— Seguiamo il programma della missione. Tutti i sistemi so­no sul verde.

Consumarono un pasto a base di cibo spremuto da tubetti di plastica, rimanendo per lo piu in silenzio, e poi venne il turno di riposo di Kinsman. Ma non prima che avesse controllato il piano di volo. La prossima e Jill, e per quattro ore saremo soli, com­preso un passaggio sull'Oceano Indiano.

Quando Jill si fu ritirata, Kinsman chiamo Linda al banco di controllo con il pretesto di mostrarle l'immagine radar di un sa­tellite russo.

— Ci stiamo avvicinando, adesso. — Si strinsero fianco a fianco per sbirciare lo schermo arancione del radar, abbastanza vicini perche Kinsman riuscisse a cogliere un soffio di profumo molto femminile. — Solo mille chilometri di distanza.

— Perche non fai lampeggiare le luci?

— Non c'e equipaggio.

— Oh.

— E un po' come la prima guerra mondiale quassu — si rese conto Kinsman rialzandosi. — Il solo fatto di essere qui e piu im­portante della nazione di appartenenza.

— Anche i russi la pensano allo stesso modo?

Kinsman accenno con il capo: — Penso di si.

Linda era in piedi di fronte a lui, tanto vicina che quasi si po­tevano toccare.

— Sai — disse Kinsman, — la prima volta che ti ho visto ho pensato che tu fossi una modella… non una fotografa.

Scostandosi leggermente da lui, lei rispose: — Ho cominciato come modella… — la sua voce si spense.

— Non fermarti. Cosa stavi per dire?

Qualcosa in lei era cambiato, noto Kinsman. Era sempre freddamente amichevole, ma ora stava in guardia, era cauta e… triste?

Scrollando le spalle, lei rispose: — Essere una fotomodella e una strada senza uscita. Alla fine mi resi conto che c'era molto piu futuro dall'altra parte della macchina fotografica.

— Eri troppo intelligente per fare la modella.

— Non adularmi.

— Perche mai dovrei adularti?

— Qui non siamo sulla Terra.

— Touche.

Lei galleggio verso la cambusa. Kinsman la segui.

— Da quanto tempo sei dall'altra parte della macchina?

Voltandosi verso di lui lei disse: — Suppongo che sia io a do­ver raccontare la tua storia e non viceversa.

— Okay… fammi delle domande.

— In quanti sanno che tu dovresti portarmi a letto quassu?

Kinsman si lascio sfuggire un sorriso, un riflesso automatico per guadagnare tempo. Ma che diavolo,penso. Ad alta voce ri­spose: — Non lo so. E cominciato come uno scherzo fra qualcu­no dei ragazzi… evidentemente la voce si e sparsa.

— E quanto denaro c'e in gioco se vinci o perdi? — Lei non sorrideva.

— Denaro? — Kinsman era davvero sorpreso. — Il denaro non c'entra.

— Ah, no?

— No, non per me — insistette lui.

La tensione del corpo di lei sembro attenuarsi un poco. — Al­lora perche… voglio dire… che cos'e questa storia?

Kinsman fece riapparire il sorriso e scivolo nella sedia piu vi­cina. — Perche no? Tu sei maledettamente carina, nessuno di noi ha dei legami, nessuno ci ha mai provato a gravita zero… Diami­ne, perche no?

— Ma perche io dovrei farlo?

— Questa e la domanda fondamentale. E questo che lo rende un'avventura.

Lei lo guardo pensierosa appoggiando il corpo alto al pannel­lo della cambusa. — Proprio cosi. Un'avventura. Non c'e nient'altro?

— Dipende — rispose Kinsman. — E difficile dirlo prima.

— Tu vivi in un mondo molto semplice, Chet.

— Cerco di farlo. Tu no?

Lei scosse la testa. — No, il mio mondo e molto complesso.

— Ma include il sesso.

Lei sorrise, ma senza allegria. — Davvero?

— Vuoi dire mai? — La voce di Kinsman suono incredula al­le sue stesse orecchie. Lei non rispose.

— Proprio mai? Non posso crederci…

— No, — rispose lei, — non esattamente. Mai per… per un'avventura. Per la sicurezza dell'impiego, si. Per avere gli inca­richi migliori. Per farmi insegnare ad usare una macchina fotografica, in primo luogo. Ma mai per divertimento… almeno, e da molto, molto tempo che non lo faccio per divertimento.

Kinsman guardo quegli occhi azzurro ghiaccio e vide che era­no perfettamente asciutti e fissi su di lui. Tese una mano verso la ragazza, ma lei non mosse un muscolo.

— Questo… questo e un modo maledettamente solitario di vivere — disse lui.

— Si, lo e. — La sua voce era come una lama d'acciaio, sen­za alcuna traccia di autocompatimento.

— Ma com'e successo… perche…

Lei riappoggio la schiena alla paratia della cambusa, lo sguardo lontano, nel passato. — Ebbi una bambina. Lui non la voleva. Dovetti darla in adozione… o quello, o abortire. La piccola dovrebbe avere cinque anni, adesso. Non so dov'e. — Si raddrizzo e guardo di nuovo Kinsman. — Ma ho scoperto che il sesso serve a fare bambini o a fare carriera. Mai a diver­tirsi.

Kinsman sedeva immobile, come se avesse appena ricevuto un pugno nello stomaco. L'unico suono era il debole ronzio delle apparecchiature e il sussurro del ventilatore.

Linda fece una smorfia. — Vorrei che tu riuscissi a vedere la tua faccia… Tarzan, l'Uomo-Scimmia che cerca di capire un reattore nucleare.

— L'unico guaio con la gravita zero — borbotto lui, — e che non ti puoi impiccare.

Kinsman ebbe l'impressione che Jill si fosse accorta che qual­cosa non andava. Dal momento in cui usci dall'amaca comincio ad annusare in giro, lanciando sguardi perplessi. Finalmente, quando Linda si ritiro per il suo ultimo periodo di riposo, Jill gli chiese:

— Come va tra voi due?

— Bene.

— Davvero?

— Davvero. Stiamo per aprire qui un Playboy club. Vuoi fa­re la coniglietta?

Lui arriccio il naso. — Di quelle ne hai in abbondanza.

Per piu di un'ora si occuparono delle loro mansioni in silen­zio. Kinsman era intento a ricalibrare il tracciatore radar quando Jill gli allungo una tazza di caffe bollente.

Lui si giro sulla sedia. Jill era in piedi accanto a lui; non mol­to piu alta della sua testa anche da seduto.

— Grazie.

Il viso di lei era molto serio. — C'e qualcosa che ti turba, Chet? Che cosa ti ha fatto?

— Niente.

— Davvero?

— Per amor del cielo, non ricominciare! Niente, non mi ha fatto assolutamente niente. Forse e proprio

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