utilizzare?

— Quella? Ma certo — disse Mitzi con disprezzo. — L’ho guardata uscire, sui monitor. Era infuriata. Andra a dire a tutti i suoi amici che la Terra fa ancora piu schifo di quello che credeva quando e scappata. Poi comincera a rodersi. Le daro ancora un paio di giorni, poi la chiamero per… vediamo, per mettere a posto certi conti che ha lasciato in sospeso sulla Terra. Poi le gettero l’amo. Abbocchera.

Sorseggiai il mio whisky. — Potresti aggiungere qualcos’altro — la punzecchiai.

Gli occhi azzurri si strinsero in maniera allarmante, ma si limito a dire: — Hai fatto un buon lavoro, Tenny.

— Magari ancora qualcosa — insistei. — Per esempio: «Hai fatto un buon lavoro con quella disgraziata, Tenny caro. Perche non torniamo insieme?»

A questo punto le si aggrottarono anche le sopracciglia. Era una cosa seria. — Accidenti, Tenny! E stato bello fra te e me, ma adesso e finita. Io ho chiesto di rimanere, e tu torni a casa, e questa e la fine.

Non ebbi il buon senso di rinunciare. — Resto qui ancora una settimana — suggerii, e questa volta lei esplose.

— Vuoi piantarla, accidenti!

Percio la piantai. E imprecai dentro di me. Specialmente imprecai contro Hay Lopez (Jesus Maria Lopez, all’anagrafe) che non era bello come me, e neppure (speravo) cosi bravo a letto, ma aveva un grosso vantaggio su di me: lui restava, e io me ne tornavo a casa. Cosi Mitzi aveva pensato al futuro.

— Certe volte sei proprio una noia, Tenny — disse con aria di disapprovazione. Quando Mitzi aveva quell’espressione non c’era rischio di confondersi. Ancor prima di aggrottare la fronte, mentre la tempesta si addensava all’orizzonte, apparivano le prime nubi: due linee verticali sopra il naso, fra le sopracciglia sottili come tratti di matita. Volevano dire: Attenzione! Temporale in arrivo! Poi gli occhi azzurri si raggelavano, e il lampo scoccava…

Oppure no. Questa volta no. — Tenny — disse lei rilassandosi un poco, — ho un’idea per quella sgraziata. Pensi che potremo farla infiltrare nello spionaggio venusiano?

— E perche? — grugnii. I Venusiani non avevano semplicemente il cervello per essere delle buone spie. Erano i rifiuti della societa. La meta dei Conservazionisti che emigravano su Venere, rimpiangeva di averlo fatto entro i primi sei mesi, e la meta di questi venivano a implorare di poter tornare sulla Terra. Io ero quello incaricato di dir loro che non c’era niente da fare: il mio titolo ufficiale all’ambasciata era Vice Capo dei Servizi Consolari. Mitzi era quella che in seguito li sceglieva e li trasformava in suoi agenti. La sua qualifica era Direttore Associato delle Relazioni Culturali, ma le relazioni culturali principali che aveva con i Venusiani erano una bomba in un armadietto dell’aeroporto, o un incendio in un magazzino. Prima o poi i Venusiani si sarebbero resi conto che non potevano combattere contro un pianeta di quaranta miliardi di abitanti, anche se era lontano nello spazio. Allora si sarebbero gettati in ginocchio, pregando di essere riammessi nella famiglia dell’umanita prospera e civilizzata. Nel frattempo, compito di Mitzi era impedire loro di adattarsi alla fame e al freddo. O meglio, considerato che razza di inferno era il loro pianeta, alla fame e al caldo. Spie? Non c’era proprio da preoccuparsi di spie venusiane! — Come? — dissi, rendendomi conto d’improvviso che stava parlando.

— Stanno preparando qualcosa, Tenny. L’ultima volta che sono stata a Port Kathy mi hanno frugato nella stanza d’albergo.

— Sciocchezze — dissi deciso. — Senti: cosa facciamo nel tempo che mi resta?

I due solchi sopra il suo naso si formarono per un momento, poi sparirono. — Tu cos’hai in mente? — chiese.

— Un viaggetto — proposi. — E arrivata la navetta, e devo andare alla CPP per la trattativa sui prigionieri… Potresti venire anche tu.

— Oh, Tenny — disse lei, — che razza di idea! E perche dovrei venirci? — E vero che la Colonia Polare era la principale attrazione turistica di Venere… ma nella lista non c’era nient’altro, essendo Venere quello che era. — E poi la navetta in seguito fara scalo qui, e avro da fare fin sopra i capelli. Grazie, no. — Ebbe un’esitazione. — Pero e un peccato che tu non abbia visto Venere dal vero.

— Dal vero? — Fui io questa volta a mostrare perplessita. Il calore di Venere dal vero era sufficiente per sciogliere le otturazioni dei denti, se uno le aveva; e anche attorno alle citta, dove c’e stata una sostanziale modifica del clima, la temperatura e spaventosa, e l’atmosfera un gas velenoso. Volete sapere com’e Venere «dal vero»? Guardate una vecchia fornace a carbone, dopo che e stata spenta, ma e ancora troppo calda per toccarla.

— Non intendevo il deserto — disse lei. — Che ne dici delle Colline Russe? Non sei mai andato a vedere la sonda Venera, e ci vuole solo un’ora… sempre che vogliamo passare una giornata assieme.

— Benissimo! — Avevo qualche idea migliore su come passare una giornata assieme, ma ero disposto ad accontentarmi. — Oggi?

— Diavolo, no, Tenny, cosa ti viene in mente? E il giorno del Lutto Planetario. Tutti i divertimenti sono chiusi.

— Allora quando? — chiesi, ma lei alzo le spalle. Non volevo che aggrottasse di nuovo la fronte, cosi cambiai argomento. — Cosa intendi offrirle?

Mitzi parve sorpresa. — A chi? Ah, vuoi dire a quella rinnegata. Il solito, credo. Cinque anni come agente, poi il rimpatrio… ma solo se avra fatto un buon lavoro.

— Forse non e necessario arrivare a tanto — dissi. — L’ho studiata bene. E cotta a puntino. Basta che le offri di poter venire allo spaccio una volta al mese. Se potesse mettere le mani su qualcuno di quei buoni vecchi prodotti terrestri, farebbe qualsiasi cosa le chiedi.

Mitzi fini di bere, e rimise il bicchiere sul vassoio, guardandomi in maniera strana. — Tenny — disse, con un mezzo sorriso e scuotendo la testa, — mi mancherai quando te ne sarai andato. Sai cosa mi viene da pensare certe volte, per esempio quando non riesco ad addormentarmi subito? Penso che forse, da un certo punto di vista, non e giusto trasformare normali cittadini in spie e sabotatori…

— No, un momento… — sbottai. Ci sono certe cose che uno non dice, neanche per scherzo. Ma lei levo una mano.

— Poi guardo te — disse, — e vedo che, da un altro punto di vista, paragonato a te, sono praticamente una santa. E adesso vattene e lasciami lavorare, va bene?

Cosi me ne andai, chiedendomi se avevo vinto o perso in quella piccola discussione. Ma almeno ci eravamo lasciati con una specie di appuntamento, e avevo qualche idea su come renderlo piu interessante.

Il Giorno del Lutto Planetario era una delle piu insopportabili festivita venusiane. Era l’anniversario della morte di quel vecchio bastardo, Mitchell Courtenay. Naturalmente, il personale venusiano dell’ambasciata si prendeva un giorno di vacanza, e io dovetti portarmi da solo il surrogato di caffe fino al salone del secondo piano. Da li si godeva una buona vista della «cerimonia» in corso fuori dall’ambasciata.

Il Venusiano e fondamentalmente un troglodita, cioe un abitatore delle caverne, e cio significa che malgrado i tubi di Hilsch, non sono ancora riusciti a soffiar tutti i gas puzzolenti che impestano la loro aria. Ammetto che hanno fatto dei progressi. Potete uscire con una tuta termica e le bombole dell’ossigeno, se ne avete voglia, almeno nei sobborghi attorno alla citta. Personalmente non ne avevo mai molta voglia. Ma anche li l’aria e velenosa. Percio i Venusiani hanno scelto le valli piu strette e profonde sulla superficie accidentata, e le hanno coperte con tetti. Lunga, stretta, sinuosa, la tipica citta venusiana e, per usare le parole di Mitzi, una «tana d’anguilla». Ma una tipica citta venusiana non si avvicina neppure a una vera citta, naturalmente. La piu grande raggiunge a malapena la penosa cifra di un centinaio di migliaia di abitanti, e questo solo quando si riempie di turisti per una delle loro disgustose feste nazionali. Ve l’immaginate: commemorare il traditore Mitch Courtenay! Naturalmente i Venusiani non conoscono la vera storia di Courtenay come me. Il padre di mia nonna era Hamilton Harns, uno dei vice-presidenti anziani della Fowler Schocken Associates, la stessa Agenzia che Courtenay aveva tradito e disonorato. Quando ero piccolo, la nonna mi raccontava come suo nonno si era accorto subito che Courtenay era un piantagrane. E Courtenay l’aveva perfino licenziato, insieme a molti altri dirigenti della filiale di San Diego, timorati dalle vendite, per coprire le sue malefatte. Ma naturalmente i Venusiani sono cosi pazzi che questa la chiamano una vittoria del diritto e della giustizia.

L’ambasciata e situata lungo la strada principale, l’O’Shea Boulevard, e naturalmente in una giornata come quella i Venusiani erano intenti al loro sport favorito: le dimostrazioni. C’erano cartelli che dicevano Abbasso la pubblicita! e altri che dicevano Terrestri go home!

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