— Nei Laboratori Daley — disse pazientemente. — Cosa cercava?

— Non so di cosa sta parlando — ansimai.

Quella non era la risposta che l’Agente Christophe desiderava sentire. — Oh, merda, Dominic — brontolo. — Speravo che fosse piu ragionevole su questi particolari. Vuol darmi a bere che non ha mai sentito parlare dei Laboratori Daley?

— Naturalmente no. — Tutti sapevano cos’erano i Laboratori Daley, o almeno sapevano che si trattava di un posto top secret per ricerche militari, nel sudovest di Chicago. C’ero passato accanto dozzine di volte. — Pero, signora Christophe…

— Agente Christophe.

— Agente Christophe, sul serio non capisco cosa intende dire. Non sono mai andato ai Laboratori Daley. E sono sicurissimo di non aver mai cercato di penetrarci con lo scasso.

— Oh, dolce Fatima! — gemette lei, togliendosi per la prima volta le mani da dietro la schiena. Quella fu una sorpresa. L’Agente Capo Christophe avrebbe avuto qualche difficolta a giurare nel modo prescritto, se qualcuno gliel’avesse chiesto. Non aveva i pollici.

Era tutt’altro che insolito vedere gente senza pollici, naturalmente. Era una sentenza standard per cose come ad esempio il furto recidivo, il borseggio, e talvolta l’adulterio o un incidente stradale colposo che fosse causa di morte. Ma era abbastanza eccezionale, pensai, incontrare un agente dell’FBI coi pollici amputati.

Dovetti fare uno sforzo per distrarmi dalle mani a quattro dita della donna, ma m’ero accorto che le corde mi facevano male ai polsi. — Agente Christophe — dissi. Cominciavo a sentirmi indignato. — Non so chi le abbia dato questa notizia, ma e semplicemente fuori discussione. Non c’e nessuna possibilita che io sia stato visto intorno ai Laboratori Daley, da un mese a questa parte o forse piu.

Lei getto un’occhiata ai due tipi forzuti, poi torno a fissare me. — Nessuna possibilita — ripete pensosamente.

— La benche minima possibilita — dissi con fermezza.

— La benche minima possibilita — mi fece eco. Tese una mano di lato.

Uno degli scagnozzi fu svelto a poggiarle sul palmo un fascicolo. Il primo dei documenti allegati era una fotografia. Lei controllo con un’occhiata che non fosse capovolta, poi la protese in modo che potessi vederla chiaramente. Raffigurava un uomo, davanti alla porta di un edificio.

L’uomo ero io.

Ero io si, anche se indossavo un abito che non avevo mai posseduto, una sorta di tuta a un pezzo unico tipo quella che Winston Churchill rese famosa nella seconda guerra mondiale. Ma costui ero io, certo. — Questa e stata scattata — disse la voce piatta della Christophe, — da una macchina fotografica della sorveglianza ai Laboratori Daley, tre notti fa. E anche queste altre. — Me le sciorino davanti rapidamente. Non tutte erano state fatte dalla stessa macchina, poiche gli sfondi erano diversi. Ma in primo piano c’era sempre la faccia che io conoscevo grazie allo specchio, e l’abito che non conoscevo affatto. — E queste — disse, tirando fuori dal fascicolo una larga scheda, — sono le sue impronte digitali, prelevate dall’ufficio investigativo del Northwestern College quando lei frequentava i corsi. Le altre, sotto, sono state trovate ai Laboratori.

Sotto la fila delle dieci impronte-campione ce n’erano soltanto quattro, le uniche, supposi, che avessero rilevato sulla scena del crimine. Ma non c’era bisogno della lente per constatare che le spirali e i solchi del medio e del pollice destro, e di ambedue gli indici, corrispondevano abbastanza bene con quelli delle impronte di riferimento.

— Ma deve trattarsi di un falso! — ansimai.

— Questo significa che insiste nella sua dichiarazione? — chiese la Christophe, incredula.

— Certo che insisto! Non sono mai stato la! Mai, le dico!

— Oh, all’inferno, Dominic — sospiro lei. — Credevo che avesse un po’ piu di buonsenso. — Intreccio le sue mani senza pollici e lascio vagare lo sguardo sul pavimento. Non diede alcun segnale ai suoi aiutanti. Non ne aveva bisogno. I due scagnozzi sapevano benissimo quel che sarebbe accaduto adesso, mentre si muovevano verso di me. Lo sapevo anch’io.

Non mi picchiarono eccessivamente. Avrete sentito le voci che circolano su come vengono interrogati i sospetti, di regola. E rispetto alla regola si puo dire che non mi misero un dito addosso. Penso che non si tratti di voci esagerate, d’altronde, perche una volta stesi un’ipoteca per un barista che in seguito venne arrestato in base al sospetto d’aver venduto superalcolici a un uomo al di sotto dei trentacinque anni. Non ebbe piu bisogno d’ipotecare niente dopo quella faccenda. Cio che la vedova mi sussurro circa le condizioni del corpo che le era stato restituito, al funerale, basto per rovinarmi la digestione.

Io non ebbi un trattamento di quel genere.

Sbattei nelle pareti, rotolai qua e la. Una cosa dolorosa. Ed e dolorosa il doppio quando vi hanno legato perche non possiate restituire i colpi — be’, non li restituireste comunque, non se sapeste quel che e meglio per voi — ne possiate tentare di parare con le braccia i pugni che vi arrivano nell’occipite. Ero completamente suonato ancor prima che avessero finito, anche se si tratto per lo piu di colpi dati a mano aperta o studiati per non lasciare lividi o graffi visibili. Dopo un po’ fecero pausa e mi tirarono in piedi davanti all’Agente Christophe.

— Questo nella fotografia e lei, Dominic, e cosi?

— E come faccio a saperlo? Lui… ouch!… sembra me, forse.

— E le impronte digitali?

— Non so un accidenti di quelle impronte digitali.

— Oh, all’inferno, continuate, ragazzi.

Da li a qualche minuto si stancarono del mio occipite, o forse s’accorsero che cominciavo ad avere qualche difficolta nel capire la Christophe. Comunque, presero a lavorarmi al plesso solare e alla colonna vertebrale. Dato che indossavo soltanto un costume da bagno non c’era nulla ad ammortizzare i colpi. Facevano male. Ma picchiarmi nelle vertebre doveva far male anche alle loro nocche, perche smisero di sogghignare con entusiasmo. Fecero un’altra pausa per estrarmi da sotto la scrivania.

— Vuole modificare la sua deposizione, Dominic?

— Non c’e niente da modificare, dannazione!

Il pugno che mi arrivo nello stomaco fu molto doloroso e mi fece schizzar fuori l’aria dai polmoni. Accecato dalle lacrime e piegato in due, non riuscii neppure a sentire quel che l’Agente Christophe stava dicendo.

A stento, quindi, decifrai la frase successiva: — … e nega ancora d’essere entrato nei Laboratori Daley, sabato tredici Agosto?

Rantolai: — No, aspettate… — Naturalmente non aspettarono. Venni colpito da un gancio al fegato e da un altro alla milza. — No, per favore! — gemetti, e la Christophe li fermo. Cercai di tirare un po’ d’aria nei polmoni. Quando ne ebbi il fiato, chiesi: — Vuole dire sabato scorso? Il tredici?

— Proprio sabato, Dominic. La notte in cui e penetrato nei Laboratori Daley.

Mi lasciai cadere sulla sedia. — Ma non posso esser stato io, Agente Christophe — dissi, — perche sabato scorso ero a New York, per il weekend. La mia fidanzata era con me. Lei potra testimoniare. Onestamente, Agente Christophe! Non so chi sia quell’uomo, ma so che non posso essere io!

Be’, non m’illudevo che mi avrebbero ascoltato. Andai a sbattere nel muro un altro paio di volte prima che cominciassero a esser convinti… o meglio, piu che convinti direi confusi. Tirarono giu dal letto Greta per metterla davanti alla mia dichiarazione, e quando lei disse che tutti quanti i membri del suo equipaggio si sarebbero ricordati di me non esitarono a telefonare anche a loro. Confermarono senza esitazioni. Non mi capitava spesso di andare a New York con Greta, e i suoi colleghi non avevano dubbi sulla data esatta.

Mi slegarono e mi lasciarono alzare. Uno di loro giunse perfino a prestarmi un vecchio impermeabile, da indossare sul costume da bagno per andare a casa nell’alba nebbiosa. Non posso dire che esibissero modi aggraziati, comunque. L’Agente Christophe, china sul fascicolo e intenta a masticarsi furiosamente le labbra, non si prese la briga di dirmi un’altra parola. Fu uno dei pugili a informarmi che potevo andarmene:

— Ma non lasci la citta, DeSota. Niente viaggi a New York, capito? Resti dove la si possa trovare, se ce ne sara bisogno.

— Ma ho provato la mia innocenza.

— DeSota — ringhio. — Non ha provato niente. Noi abbiamo tutte le prove che ci servono. Foto della sorveglianza e impronte digitali. Piu che abbastanza per sbatterla al fresco per cent’anni.

— Salvo il fatto che io non ero la — dissi, ma non aggiunsi altro, perche Nyla Christophe aveva rialzato gli

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