«Immagino che lei me lo potra dire.»

«Il suo problema e che non ha mai dovuto lottare per qualcosa, non sa che cosa siano le avversita. Suo padre era benestante e lei ha sempre avuto cio che voleva, ha sempre frequentato le scuole migliori. E nonostante abbia sempre avuto successo nella sua professione, non ha mai avuto realmente bisogno di denaro, aveva la sua eredita. Percio, quando Lenny si ammalo di poliomielite, lei si trovo a non sapere come affrontare quella difficolta, perche la vita non gliene aveva mai dato prima l’occasione. Non era stato vaccinato e non avendo difese lei e stato colpito da una grave crisi di disperazione.»

Markwell sollevo la testa, sbatte gli occhi per riacquistare una visione chiara, poi mormoro: «Non ci posso credere».

«Tutta questa sofferenza le ha insegnato qualcosa, Markwell, e se si terra lontano dall’alcol quanto basta per riuscire a ragionare lucidamente, potra anche ritornare in carreggiata. Ha ancora una piccola possibilita di redimersi.»

«Ma forse io non voglio redimermi.»

«Certo, anche questo potrebbe essere vero. Io credo che lei abbia una paura fottuta di morire, ma non so se ha abbastanza fegato per continuare a vivere.»

Il dottore aveva un alito pesante, che puzzava di menta e di whisky, la bocca impastata e secca e la lingua gonfia. Avrebbe dato qualsiasi cosa per un bicchierino.

Saggio debolmente le funi che lo tenevano legato alla sedia poi, disgustato dal tono lamentevole della sua voce, ma incapace di recuperare la propria dignita, chiese: «Che cosa vuole da me?»

«Voglio impedirle di andare all’ospedale questa notte. Voglio essere matematicamente sicuro che il bambino di Janet Shane nasca senza il suo aiuto. E diventato un macellaio, un potenziale assassino. Questa volta deve essere fermato.»

Markwell si inumidi le labbra secche. «Non so ancora chi e lei.»

«E non lo sapra mai, dottore. Mai.»

Bob Shane non aveva mai avuto tanta paura. Ricaccio indietro le lacrime, perche aveva il presentimento che rivelando apertamente i suoi timori avrebbe in qualche modo dato una spinta al fato provocando la morte di Janet e del bambino.

Rimase seduto sulla sedia, si sporse un po’ in avanti, chino la testa e prego in silenzio: Signore, Janet avrebbe potuto avere molto di piu. Lei e cosi bella mentre io… Non sono che un droghiere e il mio negozietto non fruttera mai grandi profitti; ma lei mi ama. Signore, lei e buona, onesta, umile… non merita proprio di morire. Ma forse tu vuoi prenderla perche e tanto buona da meritare il Paradiso. Io invece non sono ancora abbastanza buono e ho bisogno di lei che mi aiuti a diventare un uomo migliore.

Una delle porte della saletta si apri.

Bob alzo lo sguardo.

Entrarono in camice verde i dottori Carlson e Yamatta.

Il loro arrivo spavento Bob, che si alzo lentamente.

Gli occhi di Yamatta erano piu tristi che mai.

Il dottor Carlson era un uomo alto, corpulento, che riusciva ad avere un aspetto dignitoso anche in quella circostanza. «Signor Shane… sono desolato. Sono veramente desolato, ma sua moglie e morta durante il parto.»

Bob rimase in piedi, rigido come un palo, come se quella tremenda notizia avesse trasformato le sue carni in pietra. Udi solo in parte cio che Carlson gli stava dicendo.

«… una grave ostruzione uterina… una di quelle donne non adatte alla maternita. Non avrebbe mai dovuto iniziare una gravidanza. Mi dispiace… sono cosi desolato… abbiamo fatto tutto il possibile… una forte emorragia… ma la bambina…»

La parola «bambina» fece riemergere Bob dallo stato di trance in cui si trovava. Avanzo esitante verso Carlson. «Che cos’ha detto? La bambina?»

«Si, e padre di una femmina», disse Carlson. «Perfettamente sana.»

Bob aveva pensato che tutto fosse perduto. Adesso invece fissava Carlson, pensando che in fondo una parte di Janet non era morta e che lui, dopotutto, non era completamente solo al mondo. «Dice sul serio? Una bambina?»

«Si», disse Carlson. «E una bambina straordinariamente bella, con tanti capelli castani.»

Guardando Yamatta, Bob mormoro: «La mia bambina si e salvata».

«Si», disse Yamatta e il suo volto intenso si illumino per un attimo di un dolce sorriso. «E deve ringraziare il dottor Carlson. Purtroppo la signora Shane non aveva speranze. In mani meno esperte anche il bambino sarebbe potuto morire.»

Bob si rivolse a Carlson, ancora incredulo. «Mia… figlia si e salvata e di questo almeno devo esservi grato, non e cosi?»

Il silenzio del dottore tradiva un certo imbarazzo. Poi Yamatta mise una mano sulla spalla di Bob Shane, consapevole che forse quel contatto lo avrebbe confortato.

Sebbene Bob fosse di una spanna piu alto e piu grosso del piccolo dottore, si appoggio a Yamatta. Sopraffatto dal dolore pianse e Yamatta lo sostenne.

Lo sconosciuto rimase con Markwell per un’altra ora, ma non parlo piu e non rispose ad alcuna delle domande che Markwell gli rivolgeva. Era coricato sul letto, lo sguardo fisso al soffitto, cosi immerso nei suoi pensieri che raramente si muoveva.

Gli effetti dell’alcol stavano svanendo e il dottore comincio a essere tormentato da un tremendo mal di testa. Solitamente dopo i postumi della sbornia si sentiva quanto mai incline all’autocommiserazione.

Alla fine lo sconosciuto guardo l’orologio. «Undici e mezzo. Devo andare ora.» Salto giu dal letto, si avvicino alla sedia e tiro di nuovo fuori da sotto il giaccone il suo coltello.

Markwell si irrigidi.

«Tagliero uri po’ queste funi, dottore. Se si da da fare, in una mezz’oretta sara libero. E io avro il tempo sufficiente per allontanarmi da qui.»

Quando l’uomo si abbasso dietro la sedia, Markwell penso che gli avrebbe affondato la lama fra le costole.

Ma qualche attimo dopo lo sconosciuto mise via il coltello e si avvicino alla porta della camera. «Ha una possibilita di redimersi, dottore. Io credo che lei sia troppo debole per farlo, ma spero di sbagliarmi.»

Poi usci.

Dopo dieci minuti, mentre lottava per liberarsi, Markwell senti dei rumori provenire dal piano di sotto. Evidentemente l’intruso stava cercando degli oggetti di valore. Per quanto misterioso, forse non era che un ladro con uno stranissimo e singolare modus operandi.

Finalmente, a mezzanotte e venticinque, Markwell riusci a liberarsi delle funi che lo imprigionavano. I suoi polsi recavano profondi segni e sanguinavano. Sebbene nell’ultima mezz’ora non avesse udito alcun suono provenire dal primo piano, prese la pistola dal cassetto del comodino e scese le scale con cautela.

Si reco subito nell’ambulatorio, dove si aspettava che fossero state prelevate delle medicine, ma nessuna delle due alte vetrinette era stata manomessa.

Si precipito nello studio, convinto che la cassaforte a muro fosse stata aperta.

Ma scopri che anche quella era intatta.

Sconcertato, si volto per andarsene quando, nel lavandino del bar, vide ammonticchiate bottiglie vuote di whisky, gin, tequila e wodka. Lo sconosciuto si era fermato soltanto per cercare la scorta dei liquori e poi svuotarli nello scarico del lavandino.

Sullo specchio del bar era stato appeso un biglietto: un messaggio a chiare lettere in stampatello:

SE NON SMETTE DI BERE, SE NON IMPARA AD ACCETTARE LA MORTE DI LENNY, TEMPO UN ANNO E SI INFILERA LA CANNA DI UNA PISTOLA IN BOCCA PER FARSI SALTARE LE CERVELLA. QUESTA NON E UNA PROFEZIA. QUESTO E UN DATO DI FATTO.

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