sua portata, fino a quando Tom non si rese piu conto di niente e non si preoccupo piu di infilarsi altre pillole in bocca. Sospiro brevemente, poi non fu piu in grado di ricordarsi a cosa stesse pensando. Cercare di seguire i pensieri era come camminare da soli lungo una strada deserta nella quale i negozi stanno chiudendo uno dopo l’altro.

Quando le palpebre cominciarono a battere, cerco di tenerle aperte, senza il minimo senso di disperazione, ma come un bambino che cerca di tenere lontano il sonno che sa di non poter combattere. Quando alla fine si chiusero, senti per un attimo la testa leggera, poi tutto comincio a sfumare in un grigio ardesia. Si aspettava, per quanto potessero rimanere in lui aspettative, che questo processo sarebbe continuato fino a che tutto fosse diventato nero e silenzioso. Un breve momento sognante, come una lenta rotazione all’indietro, e poi nemmeno quello. Addio.

Non si aspettava di svegliarsi nel mezzo della notte, ancora ubriaco, tormentato da brividi in tutto il corpo. Non si aspettava di essere vivo e in preda a ogni sorta di dolore. E certamente non si aspettava di vedere qualcosa stagliarsi al di sopra di lui, qualcosa di enorme, qualcosa che aveva un odore che ricordava la puzza di carne marcia trasportata da un vento gelido.

Capitolo due

Il ristorante era costituito da una grande sala suddivisa in due aree ben differenziate, una parte centrale con dei tavoli, e una serie di separe sui tre lati. All’ingresso di ogni separe pendevano delle piccole lanterne, nessuna delle quali pero funzionava. Le pareti erano coperte da grandi murales stile retro: dominavano i blu accesi, i rosa pallido e linee scarabocchiate in nero. All’ingresso, le alte finestre lasciavano intravedere un parcheggio intristito dalle foglie secche che lo ricoprivano, e osservai mentre un vento freddo giocava con loro. Ero al mio solito posto, uno dei separe sul fondo della sala. Mi piaceva stare li. La panca non era troppo accostata al tavolo, e cosi non ti sentivi troppo stretto. Il menu era infarcito di astuti giochi di parole ed era pieno di roba tipo hamburger, burritos, le buone vecchie insalate dello chef, e chili (alla Cincinnati, alla texana e in mille altri modi): in poche parole, proprio quello che faceva per me.

Tutto sommato era un posto perfetto per mangiare, eccettuato per un particolare: il servizio faceva schifo. Stavo ormai aspettando da un bel pezzo e non era ancora venuto nessuno a darmi il benvenuto, ne ad assicurarmi che ero stato inserito nel meccanismo o a portarmi dell’acqua gelata che non avrei bevuto. E, a dirla tutta, non era solo il personale ai tavoli che batteva la fiacca. Appena arrivato, avevo notato che qualcuno aveva rovesciato la maggior parte delle sedie nella zona centrale della sala, che appariva in disordine. Le avevo risistemate, mettendole diligentemente sotto i tavoli, anche se quello non era mio compito. Non spettava a me nemmeno cambiare le lampadine. Presi in considerazione l’idea di andare in cucina, ma sapevo che non avrebbe portato a nulla. La dentro tutto era ancora piu silenzioso e buio.

Mi chinai sul tavolo riflettendo su cosa diavolo facessi in un posto come quello. Tre giorni sono un periodo di attesa troppo lungo per una ciotola di chili, indipendentemente da quanto sia buono. Mi sentivo perfino pronto a dire addio a Relent, Idaho.

Sapevo molte cose su citta come Relent perche era in posti come quello che avevo passato la maggior parte del mio tempo negli ultimi mesi. Avevo vagato senza meta attraverso centinaia di chilometri di regioni boschive isolate e praterie negli stati meno attraenti del paese. Inizialmente soggiornavo nei motel, poi un giorno ero andato a un bancomat e avevo scoperto di essere al verde. E straordinaria l’influenza che un piccolo rettangolo colorato puo avere sul tuo benessere, sul tuo senso di identita e di appartenenza. Capisci l’importanza delle carte di credito solo quando la macchina te le sputa indietro dicendo «No», e quella parola significa ne ora, ne dopo, ne mai; e in quel momento che ti rendi conto che la tua carta non e mai stata una sorta di bacchetta magica che produceva dell’oro, ma solo un pezzo di plastica che non possedevi nemmeno legalmente. Fu cosi che mi ritrovai in un parcheggio nel New Jersey girandomi la carta tra le mani fino a che una donna con un 4x4 e tre bambini ciccioni mi disse di togliermi dai piedi. Aveva la sua carta pronta ed era sicura che avrebbe fatto il suo dovere. La invidiai per questo, ma non per i figli, che erano brutti come il peccato.

Camminai verso la mia auto e vi entrai. Rimasi seduto per un po’ a fissare fuori dal parabrezza. In tasca avevo diciotto dollari e qualche spicciolo, e meno di mezzo serbatoio di benzina. Nient’altro, zero.

«Allora, Bobby, che cosa facciamo adesso?»

Ma Bobby non poteva rispondermi, perche era morto. Era stato il mio migliore amico, una delle poche persone il cui destino mi sia sempre stato a cuore. Era morto in un posto chiamato The Halls, quando tentammo di catturare uno psicopatico che si faceva chiamare l’Homo Erectus e che, guarda caso, era mio fratello. The Halls era stato distrutto da un’esplosione che aveva polverizzato anche il corpo di Bobby. Da quel momento il mio amico e diventato un imprevedibile interlocutore. A volte mi diceva quello che avevo bisogno di sentirmi dire, frasi come: «Si, Ward, forse questa citta va bene per passarci la notte», oppure: «Si, ho proprio bisogno di un’altra birra» — o ancora mi consolava dicendomi che naturalmente avevamo fatto tutto il possibile per trovare le persone che avevano ucciso i miei genitori e che sarebbe stato inutile da parte mia sentirmi in colpa per qualcosa che era andato storto, compreso il fatto che lui era morto.

Poi se ne restava zitto per un bel po’ di settimane. Non so dove andasse in questi periodi, o meglio cosa cambiasse nella mia mente per far si che io avessi la sensazione di non sentirlo. Perche lo sapevo bene che era solo nella mia testa che lo sentivo. Che in effetti non era realmente presente.

Alla fine uscii dal parcheggio della banca e mi fermai a tre citta di distanza, dove mi trovai un lavoro lavando i piatti e tagliando le patate. Il cuoco ecuadoregno mi permise di dormire sul pavimento per due giorni, dopo i quali ebbi abbastanza contante per prendermi una camera tutta mia, a patto naturalmente che non mi desse fastidio dividerla con scarafaggi, polvere e rumore, e che rinunciassi a mangiare. Lavorare in cucina e un’ottima cosa per persone in una situazione come la mia, benche poi si diventi insofferenti per le catene di ristorazione a basso prezzo. I rapporti tra me e l’ecuadoregno si interruppero una settimana piu tardi, quando cercai di convincerlo a spartire con me il piccolo traffico di cocaina che aveva messo su tra il resto del personale e alcuni abitanti del luogo, giovani e meno giovani, che di tanto in tanto la sera si presentavano dalla porta di servizio. Finii per scappare in fretta e furia dalla citta nel cuore della notte, sanguinando copiosamente e sentendomi un idiota.

Il mattino dopo mi stavo riposando sulla terrazza di un Burger King della parte occidentale della Virginia, ancora sanguinante, anche se meno intensamente, quando sentii nella testa una voce che rispondeva a una mia domanda di nove giorni prima. Mi diedi una ripulita nella toilette del Burger, mi sottoposi al supplizio di una colazione globalizzata a base di materie simil-commestibili e feci una tirata fino in Arizona. Una volta laggiu mi misi alla ricerca di un residence a Flagstaff, il che richiese un po’ di tempo perche c’ero stato solo una volta prima, leggermente ubriaco, e da allora avevo perso l’indirizzo. Osservai il posto attentamente per ventiquattro ore prima di tirar fuori il mio rettangolo di plastica altrimenti inutile e usarlo per entrare.

E fu cosi che per cinque giorni vissi nella casa di Bobby Nygard.

La prima cosa che feci, una volta data un’occhiata approfondita in giro e stabilito che se qualcuno era venuto a ripulire quel posto lo aveva fatto in maniera molto composta e senza farsi tentare dalle decine di migliaia di dollari di valore dei computer e dell’impianto di sorveglianza, fu di connettermi in rete. Era un po’ di tempo che non lo facevo: ero quasi certo che ogni tentativo di trovare informazioni sarebbe stato notato da qualche parte e avrebbe fatto si che qualcuno si mettesse sulle mie tracce. Una delle cose nelle quali Bobby era stato un esperto era l’occultamento delle tracce su Internet. Sapevo che se avessi usato il suo sistema di casa sarei stato al sicuro, almeno per un po’.

La prima tappa furono i miei conti bancari. Scoprii presto che il mio conto principale era stato chiuso e il suo contenuto si era volatilizzato. Non chiuso, ma vuoto, era invece un altro conto in una banca diversa, dove era stato trasferito il denaro proveniente dal patrimonio dei miei genitori. Qualcuno lo aveva ripulito, lasciando un credito di un solo cent.

Uscii dalla rete e mi appoggiai allo schienale, come intontito. Non ero sorpreso, ma si trattava comunque di una pessima notizia e quel deposito residuo di una monetina mi faceva venir voglia di trovare qualcuno e rompergli il muso. Andai in cucina, trovai un piatto da usare come posacenere e rimasi fermo a osservare la strada. E fu

Вы читаете Eredita di sangue
Добавить отзыв
ВСЕ ОТЗЫВЫ О КНИГЕ В ИЗБРАННОЕ

0

Вы можете отметить интересные вам фрагменты текста, которые будут доступны по уникальной ссылке в адресной строке браузера.

Отметить Добавить цитату
×