continuo, «Se sono stato licenziato, basta che me lo diciate, ma questo far finta che io non sia qui…»

A quel punto Garry sorrise e disse, «Salve. Si, sono Garry Perunu. Posso esserle di aiuto?»

«Non penso proprio» rispose Richard con freddezza, e se ne ando dall’ufficio, lasciando la valigetta dietro di se.

L’ufficio di Richard si trovava al terzo piano di un grande edificio piuttosto vecchio e pieno di correnti d’aria, a pochi passi dallo Strand.

Jessica lavorava circa a meta altezza di una grande struttura di specchi e cristallo nella City di Londra, quindici minuti a piedi in fondo alla strada.

Richard cammino fino in fondo alla strada.

Arrivo al palazzo Stockton in dieci minuti, supero di slancio le guardie di sicurezza in uniforme di servizio al piano terra, entro in ascensore e sali.

L’interno dell’ascensore era pieno di specchi, e mentre saliva osservo la propria immagine riflessa. Aveva la cravatta mezza slacciata e di sghimbescio, il soprabito strappato e i pantaloni bucati, e i capelli erano un informe ammasso sudaticcio… Signore, aveva un aspetto tremendo.

Si udi un suono flautato e la porta dell’ascensore si apri.

Il piano del palazzo Stockton dove lavorava Jessica era decisamente opulento, in una sorta di stile minimalista.

Accanto all’ascensore c’era una receptionist, una creatura posata ed elegante il cui stipendio netto aveva tutta l’aria di superare alla grande quello di Richard. Stava leggendo Cosmopolitan. All’avvicinarsi di Richard non sollevo neppure lo sguardo.

«Ho bisogno di parlare con Jessica Bartram» disse Richard. «E importante. Le devo parlare.»

La receptionist lo ignoro.

Segui il corridoio fino a raggiungere l’ufficio di Jessica. Apri la porta ed entro. Era in piedi davanti a tre grandi manifesti, che pubblicizzavano «Angeli sull’Inghilterra — Una mostra itinerante» e recavano ognuno una diversa immagine di angeli. Mentre lui entrava si volto e gli sorrise con calore.

«Jessica. Grazie a Dio! Senti, credo di stare impazzendo o qualcosa di simile. E iniziato tutto stamattina quando non riuscivo a prendere il taxi, poi l’ufficio e la metropolitana e…» Le mostro la manica strappata. «E come se fossi diventato una specie di nonpersona.»

Lei gli sorrise di nuovo, con aria rassicurante.

«Senti» disse Richard. «Mi dispiace per l’altra sera. Cioe, non per quello che ho fatto ma per averti causato dei fastidi e… guarda, mi dispiace tanto, e roba da matti e onestamente non so proprio cosa fare.»

E Jessica annui, continuando a sorridere, poi disse, «Lei pensera che sono una persona orribile, ma ho davvero una pessima memoria per le facce. Mi dia un secondo e ci arrivo.»

A quel punto Richard ebbe la conferma che era tutto vero. Che qualunque pazzia si stesse verificando quel giorno stava accadendo sul serio.

«Non importa» disse. «Lascia perdere.»

E se ne ando, fuori dalla porta e lungo il corridoio. Era quasi arrivato all’ascensore quando si senti chiamare.

«Richard!»

Si volto. Ma allora era uno scherzo. Una specie di meschina vendetta. Qualcosa di spiegabile.

«Richard… Maybury?» Pareva orgogliosa di se per essersi ricordata tanto.

«Mayhew» disse Richard, e si infilo in ascensore, le cui porte cantarono un triste trillo di flauto mentre si chiudevano dietro di lui.

Richard ritorno a casa a piedi, sconvolto, confuso e arrabbiato. Qualche volta aveva provato a fare cenno a un taxi, ma senza la concreta speranza che si fermasse e, infatti, nessuno lo fece.

Gli facevano male i piedi e gli bruciavano gli occhi, e sapeva che presto si sarebbe risvegliato da quell’oggi e che un lunedi come si deve, un lunedi sensato, un rispettabile, onesto lunedi qualunque sarebbe finalmente cominciato.

Riempi la vasca di acqua calda, abbandono i vestiti sul letto e entro nel bagno.

Si era quasi assopito quando udi una chiave girare nella toppa, una porta aprirsi e richiudersi, e una armoniosa voce maschile che diceva:

«Naturalmente siete i primi a vederlo oggi, ma ho una lista di persone interessate lunga come il mio braccio.»

«Non e grande come mi aspettavo dalla descrizione» disse una donna.

«Si, e compatto. Ma mi piace pensare che sia un pregio.»

Richard non si era preoccupato di chiudere a chiave la porta del bagno. Dopo tutto era l’unico abitante dell’appartamento.

Un’altra voce maschile piu roca e sgarbata borbotto, «Credevo avesse detto che l’appartamento era vuoto. A me questo pare piuttosto ammobiliato.»

«L’affittuario precedente deve avere lasciato qui parte del suo equipaggiamento. Non ero a conoscenza della cosa.»

Richard si alzo in piedi nella vasca. Poi, dato che era nudo e quelle persone potevano entrare in qualunque momento, si rimise a sedere. Quindi, quasi in preda alla disperazione, si guardo intorno alla ricerca di un asciugamano.

«Oh, guarda, George» disse la donna nel corridoio. «Qualcuno ha lasciato un asciugamano su questa sedia.»

Richard prese in considerazione, e respinse, come modesti sostituti di un asciugamano una spugna loofah, una bottiglia di shampo mezza vuota e una paperella di plastica gialla.

«Com’e il bagno?» chiese la donna.

Richard afferro la pezzuola per lavarsi il viso e se la drappeggio davanti all’inguine. Quindi si alzo, la schiena appoggiata contro il muro, preparandosi a sentirsi ignominosamente imbarazzato.

La porta venne spalancata, e i tre entrarono nel bagno: un giovane con cappotto di pelo di cammello e una coppia di mezza eta. Richard si chiese se fossero imbarazzati quanto lui.

«E un po’ piccolo» disse la donna.

«Compatto» corresse il cappotto di pelo di cammello, con tono suadente. «Comodo da tenere in ordine.»

La donna passo il dito lungo il bordo del lavandino e arriccio il naso.

«Credo che abbiamo visto quello che c’era da vedere» disse l’uomo di mezza eta.

Uscirono dal bagno.

«Sarebbe molto pratico per tutto» disse la donna. La conversazione prosegui a voce piu bassa.

Richard scavalco il bordo della vasca e avanzo lentamente fino alla porta. Individuo l’asciugamano sulla sedia in corridoio, allungo un braccio e lo afferro.

«Lo prendiamo» disse la donna.

«Lo prendete?» disse il cappotto di pelo di cammello.

«E proprio quello che vogliamo» spiego lei. «O lo sara, dopo che lo avremo fatto diventare accogliente. Sara pronto per mercoledi?»

«Naturalmente. Faremo portare via tutta questa robaccia domani, nessun problema.»

Dalla soglia del bagno, Richard, infreddolito, sgocciolante e avvolto nell’asciugamano, lancio uno sguardo furioso.

«Non e robaccia» disse. «Sono le mie cose.»

«Allora passeremo a prendere le chiavi nel vostro ufficio.»

«Scusatemi» disse Richard. «Qui ci abito io.»

Mentre si dirigevano verso la porta d’ingresso, superarono Richard con uno spintone.

«Non mi… nessuno di voi mi sente? Questo e il mio appartamento. Io vivo qui.»

«Se mi puo spedire il contratto via fax in ufficio per i dettagli…» disse l’uomo scortese, poi la porta si chiuse con forza dietro di loro, e Richard si ritrovo nel corridoio di quello che era il suo appartamento a tremare, nel silenzio, per il freddo.

«Questo» annuncio al mondo, in aperto contrasto con le prove fornite dai suoi sensi, «non sta accadendo.»

Il Bat-telefono squillo e i fari lampeggiarono. Richard sollevo il ricevitore con circospezione.

«Pronto?»

La linea era disturbata, piena di sibili e di crepitii come se la chiamata provenisse da molto, molto lontano. La voce all’altro capo del filo non aveva un tono familiare.

«Signor Mayhew?» disse. «Il signor Richard Mayhew?»

«Si» rispose. E poi, felicissimo, «Riesce a sentirmi! Oh, grazie al cielo. Chi parla?»

«Il mio socio e io ci siamo incontrati con lei sabato, signor Mayhew. Stavo chiedendo informazioni riguardo al luogo dove si trovava una certa giovane signora. Si ricorda?» L’inflessione era untuosa, sgradevole, volpina.

«Oh. Si. E lei.»

«Signor Mayhew. Ci ha detto che Porta non era con lei. Abbiamo ragione di credere che stesse imbellettando la verita probabilmente piu del dovuto.»

«Be’, lei ha detto di essere suo fratello.»

«Tutti gli uomini sono fratelli, signor Mayhew.»

«Non e piu qui. E non so dove sia.»

«Lo sappiamo, signor Mayhew. Siamo perfettamente a conoscenza di entrambi questi fatti. E per essere eminentemente sincero, signor Mayhew — e sono certo che lei desidera che io sia sincero, giusto? — se fossi in lei non mi preoccuperei piu della giovane signora. I suoi giorni sono contati, e il numero in questione non e neppure in doppia cifra.»

«Senta, perche mi ha chiamato?»

«Signor Mayhew,» disse mister Croup con aria servizievole «sa che sapore ha il suo stesso fegato?»

Richard non rispose.

«Perche mister Vandemar mi ha promesso che glielo strappera lui personalmente e glielo infilera in bocca prima di tagliarle la sua piccola gola triste. Cosi potra scoprirlo, non le pare?»

«Chiamo la polizia. Non potete minacciarmi a questo modo.»

«Signor Mayhew. Lei puo chiamare chi crede. Ma odio l’idea che possa pensare che la stiamo minacciando. Ne io ne mister Vandemar facciamo minacce, non e vero mister Vandemar?»

«No? E allora cosa diavolo state facendo?»

«Stiamo facendo una promessa» disse mister Croup in mezzo alle scariche elettrostatiche, all’eco e ai sibili. «E sappiamo dove abita.»

Detto questo riaggancio.

Richard teneva stretto in mano il Bat-telefono, lo guardo, poi premette violentemente il pulsante del numero nove per tre volte.

«Servizio emergenze. Come posso aiutarla?»

«Puo passarmi la polizia, per favore? Un uomo ha appena minacciato di uccidermi, e non credo stesse scherzando.»

Segui una pausa. Spero di essere stato messo in contatto con la polizia. Dopo qualche istante la voce disse, «Servizio emergenze. Pronto? C’e nessuno in linea? Pronto?»

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