Fino a quando saro in grado di scrivere, continuero a esporre i miei pensieri e le mie idee in questi rapporti sui progressi. E uno dei miei pochi piaceri solitari ed e senz’altro necessario al completamento di questa ricerca.
Tuttavia, stando a tutti gli indizi, il mio deterioramento mentale sara rapidissimo.
Ho controllato e ricontrollato i dati una dozzina di volte nella speranza di trovare un errore, ma mi spiace dire che i risultati restano validi. Eppure sono lieto del poco che qui aggiungo alla conoscenza del funzionamento della mente umana e delle leggi che governano l’accrescimento artificiale dell’intelligenza umana.
L’altra sera il dottor Strauss diceva che un insuccesso sperimentale, la confutazione di una teoria, sono importanti per il progredire della scienza quanto lo sarebbe un successo. Ora so che questo e vero. Mi spiace, tuttavia, che il mio contributo in questo settore debba poggiare sulle ceneri dell’opera di lei e dei suoi collaboratori, e in particolare di coloro che tanto hanno fatto per me.
Suo, sinceramente
CHARLES GORDON
Allegato: 1 rapporto
copie: per il dottor Strauss
per la fondazione Welberg
Stamane Nemur ha fatto portare da Burt il mio rapporto e i dati statistici all’universita Hallston, affinche alcuni degli specialisti piu eminenti verifichino i risultati che ho ottenuto e l’applicazione delle mie formule. Per tutta la scorsa settimana Burt ha riveduto i miei esperimenti e i diagrammi metodologici. In realta non dovrei adontarmi per le loro precauzioni.
In fin dei conti non sono che Charlie, l’ultimo venuto, e a Nemur riesce difficile convincersi che il mio lavoro potrebbe essere superiore al suo. Aveva finito con il credere nel mito della sua autorita, e in fin dei conti io sono un estraneo.
A dire il vero non m’importa piu nulla di quello che pensa ne di quello che pensano tutti gli altri, del resto. Non ne ho il tempo. Il lavoro e svolto, i dati sono stati raccolti e ormai non rimane altro che accertare se mi sono servito senza errori della curva dei dati di Algernon per prevedere quel che accadra a me. Alice ha pianto quando le ho comunicato la notizia. Poi e corsa fuori. Devo farle capire che non ha motivo di ritenersi responsabile.
Voglio ripetere quel che ho gia detto al dottor Strauss. Nessuno ha colpa, in alcun modo, di quanto e accaduto. Questo esperimento e stato preparato con cura, messo abbondantemente alla prova con animali e convalidato statisticamente. Quando decisero di scegliere me come primo soggetto umano, erano ragionevolmente sicuri che la cosa non implicasse alcun pericolo fisico. Non esisteva la possibilita di prevedere i trabocchetti psicologici. Voglio che nessuno soffra a causa di quanto mi sta accadendo.
L’interrogativo ormai e uno solo: per quanto tempo ancora potro resistere?
Sento che per avere maggiori probabilita di successo le ricerche dovranno essere orientate verso lo studio degli squilibri degli enzimi. Come in tanti altri campi, il fattore chiave e il tempo: rapidita nell’individuare la carenza e fulmineita nel somministrare i sostituti degli ormoni. Vorrei rendermi utile in questo settore delle ricerche e nella ricerca di radioisotopi utilizzabili per il controllo corticale locale, ma so che me ne manchera il tempo.
Algernon e morto due giorni fa. L’ho trovato alle quattro e mezzo del mattino, quando sono rientrato in laboratorio dopo aver vagabondato lungo il fronte del porto; era coricato sul fianco in un angolo della gabbia. Come se stesse correndo nel sonno.
La dissezione dimostra che le mie previsioni erano giuste. Paragonato a un cervello normale, quello di Algernon era diminuito di peso e risultava uno spianamento generale delle circonvoluzioni cerebrali nonche un approfondimento e un ampliamento delle pieghe.
E spaventoso pensare che la stessa cosa potrebbe accadere anche a me in questo momento. Averla constatata in Algernon la rende reale. Per la prima volta ho paura del futuro.
Ho messo Algernon in una scatoletta metallica e l’ho portato a casa con me. Non voglio che lo gettino nel forno per rifiuti; e una cosa sciocca e sentimentale, ma ieri sera tardi l’ho seppellito nel cortile. Ho pianto mentre deponevo sulla tomba un mazzo di fiori di campo.
Sono andato a trovare Rose tre giorni fa. Alla fine ho imposto a me stesso di chiedere nuovamente in prestito la macchina di Burt. Avevo paura, eppure sapevo di dover andare.
A tutta prima, una volta arrivato in Marks Street, mi son detto che forse avevo sbagliato. Non era piu affatto come la ricordavo. Era una strada sudicia. Terreni da costruzione la dove molte delle case erano state demolite. Sul marciapiede un frigorifero abbandonato il cui sportello era stato tolto, e nel rigagnolo un vecchio materasso dal cui ventre sporgevano gli intestini. Alcune case avevano le finestre chiuse con assi e altre sembravano piu tuguri riparati alla meglio che abitazioni decenti. Ho lasciato la macchina a un isolato di distanza da casa mia e ho proseguito a piedi.
Non c’erano bambini intenti a giocare in Marks Street… non era affatto come l’immagine mentale che avevo conservato in me di fanciulli intenti a giocare dappertutto e di Charlie che stava a guardarli dalla finestra della facciata (strano che quasi tutti i miei ricordi di questa strada siano incorniciati dalla finestra e che io sia sempre dentro a guardare gli altri bambini che giocano). Adesso c’erano soltanto vecchi in piedi all’ombra di verande sbilenche.
Quando mi sono avvicinato alla casa mi aspettava una seconda sorpresa. Mia madre si trovava sulla veranda, con un vecchio maglione marrone, e stava lavando dall’esterno le finestre al pianterreno sebbene facesse freddo e tirasse vento. Sempre al lavoro per dimostrare ai vicini fino a che punto sapeva essere una buona moglie e una buona madre.
La cosa piu importante era sempre stata per lei quello che pensavano gli altri… le apparenze, prima di se stessa o della sua famiglia. E si sentiva virtuosa per questo. Piu e piu volte Matt insisteva nel dire che quanto pensavano gli altri non era la sola cosa a contare nella vita. Ma invano. Norma doveva vestirsi bene; la casa