trattava piu della marmocchia viziata delle mie reminiscenze. Era cresciuta, era diventata cordiale, comprensiva e affettuosa.
Abbiamo parlato. E stato ironico conversare con mia sorella, parlare insieme di nostra madre, la quale si trovava nella stessa stanza, come se non fosse stata presente. Ogni volta che Norma accennava alla loro vita in comune io guardavo per vedere se Rose stesse ascoltando, ma era profondamente immersa in un mondo tutto suo e sembrava che non capisse la nostra lingua o che tutto cio non la riguardasse piu. Si aggirava per la cucina come un fantasma, prendendo oggetti, riordinando, senza mai venirci tra i piedi. Era spaventoso.
Sono stato a guardare mentre Norma dava da mangiare al cane. «Sicche, finalmente sei riuscita ad averlo. Nappie… e l’abbreviativo di Napoleone, vero?»
Lei si e raddrizzata accigliandosi. «Come lo sai?»
Le ho parlato delle mie reminiscenze: di quella volta che aveva portato a casa la prova d’esame scritta sperando di avere il cane, che invece le era stato negato da Matt. Man mano che gliene parlavo, il cipiglio diventava sempre piu accentuato.
«Non me ne ricordo affatto. Oh, Charlie, fui cosi meschina con te?»
«C’e un ricordo che mi incuriosisce. Non so bene, a dire il vero, se sia un autentico ricordo o un sogno, o se mi sono limitato a immaginare ogni cosa. Fu l’ultima volta che giocammo insieme in buona armonia. Ci trovavamo nello scantinato e ci divertivamo con paralumi in testa, fingendo di essere
Norma era affascinata dalla mia descrizione del ricordo come se avesse destato immagini assopite. «E tutto cosi vago. Sai, credevo di averlo sognato. Rammento che ci eravamo messi in testa paralumi e saltavamo su e giu dai materassi.» Ha guardato fuori della finestra.
«Ti odiavo perche con te facevano sempre un mucchio di storie. Non ti sculacciavano mai per non aver fatto bene il compito o per non aver preso i voti migliori. Tu marinavi quasi sempre la scuola e non facevi che giocare, mentre per me la scuola diventava sempre piu difficile. Oh, come ti odiavo. A scuola gli altri bambini scribacchiavano parole e tracciavano disegni sulla lavagna. Un ragazzo con un berretto d’asino in testa e sotto
«Non rimproverarti. Doveva essere difficile tener testa agli altri bambini. Per me questa cucina era il mio mondo… insieme a quella stanza laggiu. Tutto il resto non aveva importanza, purche qui mi sentissi al sicuro. Tu invece dovevi affrontare il resto del mondo.»
«Perche ti mandarono via, Charlie? Non avresti potuto restare qui e vivere con noi? Me lo sono sempre domandata. Ogni volta che ne ho parlato con lei ha detto sempre che fu per il tuo bene.»
«In un certo senso ha ragione.»
Ha scosso la testa. «Non ti volle piu a causa
Non sapevo come risponderle. Avrei voluto poterle dire che, come la famiglia di Atreo o come Cadmo, scontavamo i peccati dei nostri padri o realizzavamo le predizioni di un antico oracolo greco.
Ma non v’era alcuna risposta che potessi dare a lei o a me stesso.
«Ora e tutto finito», ho detto. «Sono contento di averti rivista. Rende la situazione un po’ piu facile.»
A un tratto mi ha afferrato il braccio. «Charlie, tu non sai che cosa ho passato in tutti questi anni con lei. L’appartamento, questa strada, il mio lavoro. E stato tutto un incubo, tornare a casa ogni giorno domandandomi, ci sara ancora? avra fatto del male a se stessa? e sentendomi colpevole perche pensavo cose simili.»
Mi sono alzato e ho lasciato che appoggiasse il capo alla mia spalla e piangesse. «Oh, Charlie, sono contenta che tu sia tornato, adesso. Avevamo bisogno di qualcuno. Sono cosi stanca…»
Avevo sognato un momento come questo, ma adesso ch’era giunto, a che cosa serviva? Non avrei potuto dirle quanto stava per accadermi. Ne, d’altro canto, potevo accettare il suo affetto con la frode. Perche illudermi? Se fossi stato ancora il Charlie di un tempo, debole di mente e indifeso, non mi avrebbe parlato in questo stesso modo. E allora che diritto avevo di sentirmi parlare cosi adesso? La maschera mi sarebbe stata presto strappata.
«Non piangere, Norma. Tutto tornera ad andare nel migliore dei modi.» Mi sono sentito pronunziare banalita rassicuranti. «Cerchero di provvedere a tutte e due. Ho un po’ di soldi da parte, e con lo stipendio che mi corrisponde la Fondazione potro mandarvi denaro con regolarita… per qualche tempo almeno.»
«Ma non vorrai andartene! Devi restare con noi, adesso…»
«Devo viaggiare ancora, compiere alcune ricerche, tenere qualche conferenza, ma cerchero di tornare a trovarvi. Abbi cura di lei. Ha molto sofferto. Ti aiutero finche mi sara possibile.»
«Charlie! No, non andartene!» Si e avvinghiata a me. «Ho paura!»
La parte era quella che avevo sempre voluto interpretare… quella del fratello maggiore.
In quel momento ho sentito che Rose, seduta silenziosa in un angolo, ci stava fissando. Vi era qualcosa di mutato nel suo viso. Aveva gli occhi spalancati e si sporgeva in avanti dall’orlo della sedia. Il primo paragone che mi e venuto in mente e stato quello di un falco pronto a piombare sulla preda.
Ho spinto Nonna lontano da me, ma prima che fossi riuscito a dire qualcosa Rose era in piedi. Aveva afferrato sul tavolo il coltello da cucina e lo stava puntando contro di me.
«Che cosa le stai facendo? Vattene lontano da lei! Te l’ho detto che cosa ti avrei fatto se ti avessi sorpreso di nuovo a toccare tua sorella! Sporcaccione! Non fai parte delle persone normali!»
Siamo balzati indietro entrambi e per qualche folle ragione mi sono sentito colpevole, come se fossi stato sorpreso a fare qualcosa di male; sapevo che anche Norma provava la stessa sensazione. Era come se l’accusa di mia madre si fosse tramutata in verita e noi avessimo fatto qualcosa di osceno.
Norma le ha gridato: «Mamma! Posa quel coltello!»
Il vedere Rose li in piedi con il coltello ha fatto si che ricordassi la notte in cui aveva costretto Matt a portarmi via. Stava rivivendo quel momento. Io non riuscivo a parlare ne a muovermi. La nausea mi pervadeva, insieme alla tensione soffocante e al ronzio nelle orecchie, e lo stomaco mi si torceva come se avesse voluto strapparsi dal mio corpo.
Rose aveva un coltello e Alice aveva un coltello e mio padre aveva un coltello e anche il dottor Strauss…
Per fortuna Norma ha avuto la presenza di spirito di togliere il coltello dalla mano di nostra madre, ma non ha potuto cancellare la paura dagli occhi di Rose che gridava:
«Portalo via di qui! Non ha il diritto di guardare sua sorella pensando al sesso!»
Rose ha seguitato a gridare, poi e ricaduta sulla sedia piangendo.
Non sapevo che cosa dire e non lo sapeva neppure Norma. Eravamo entrambi imbarazzati. Ormai ella sapeva perche ero stato allontanato.
Mi domandavo se avessi mai fatto qualcosa che giustificasse la paura di mia madre. Non avevo ricordi del genere, ma come potevo essere certo che non vi fossero pensieri orribili repressi dietro le barriere della mia coscienza torturata? Nei chiusi corridoi, dietro i vicoli ciechi che io non avrei mai veduto. Forse non lo sapro mai. Qualunque sia la verita, non devo odiare Rose per aver protetto Norma. Devo capire la situazione come la vedeva lei. A meno che non le perdoni, non avro nulla.
Norma stava tremando. «Non te la prendere», ho detto. «Non sa quello che fa. Non stava infuriando contro di me; ce l’aveva con il Charlie di una volta. Temeva quello che
Non mi stava ascoltando. Aveva sul viso un’espressione sognante. «Ho appena fatto una di quelle strane esperienze in cui accade qualcosa e provi la sensazione di sapere quel che sta per succedere, come se tutto fosse