stordimento… tutto e intenso… ma il mio corpo e gelido e intorpidito…»
«Continua.» Era eccitato. «Che altro?»
«Non sento piu il mio corpo. Sono intorpidito. Ho la sensazione che Charlie sia vicino. Ho gli occhi aperti… ne sono sicuro… non e cosi?»
«Si, spalancati.»
«Eppure vedo un bagliore bianco-bluastro scaturire dalle pareti e dal soffitto e raccogliersi in una sfera baluginante. Ora e sospeso a mezz’aria. Luce… che mi penetra a forza negli occhi… e nel cervello… Tutto nella stanza arde… ho la sensazione di galleggiare… o piuttosto di
E un’allucinazione, questa?
«Charlie, ti senti bene?»
O si tratta delle cose descritte dai mistici?
Odo la sua voce ma non voglio rispondergli. Mi irrita il fatto che sia qui. Devo ignorarlo. Essere passivo e lasciare che questo… qualunque cosa sia… mi riempia di luce e mi assorba in se stesso.
«Che cosa vedi, Charlie? Che cosa c’e?»
Verso l’alto, muovendomi, come una foglia in una corrente ascendente d’aria calda. Dilatandomi, gli atomi del mio corpo si scaraventano lontani gli uni dagli altri. Divento piu leggero, meno denso e piu grande, piu vasto… sempre piu vasto… esplodendo all’esterno nel sole. Sono un universo in espansione che sta nuotando all’insu in un mare silenzioso. Dapprima piccolo, sto ora includendo nel mio corpo la stanza, il palazzo, la citta, il paese, finche so che, guardando in basso, vedro la mia ombra cancellare il mondo.
Leggero e senza sensazioni. Andando alla deriva ed espandendomi nel tempo e nello spazio.
E poi, mentre so che sto per perforare la crosta dell’esistenza, mi sento tirare dal basso.
Questo mi irrita. Voglio liberarmi dalla stretta. Mentre sto per fondermi con l’universo odo i bisbigli intorno agli orli della consapevolezza. E quella trazione lievissima mi trattiene al mondo finito.
Lentamente, come indietreggiano le onde, il mio spirito in espansione ritorna alle dimensioni terrene… non volontariamente, poiche preferirei perdermi, ma sono trascinato dal basso di nuovo a quello che ero, in me stesso, per cui, soltanto per un attimo, sono di nuovo sul divano e adatto le dita della coscienza al guanto della carne. E so di poter muovere questo dito e strizzare quell’occhio… se voglio. Ma non voglio muovermi.
Aspetto e mi lascio aperto, passivo a qualsiasi cosa possa significare questa esperienza. Charlie non vuole che perfori il sipario superiore della mente. Charlie non vuole sapere che cosa si trova al di la.
Ha paura di vedere Dio? O di non vedere nulla?
Mentre giaccio li in attesa, passa il momento durante il quale
Nel nucleo vedo di nuovo la luce, un’apertura nella piu tenebrosa delle caverne, ora minuscola e remota, veduta attraverso un telescopio capovolto, brillante, accecante, scintillante, e una volta di piu il fiore dai molti petali (loto vorticoso… che galleggia accanto all’imboccatura dell’inconscio). All’imboccatura di quella caverna trovero la risposta, se osero tornare indietro e tuffarmi attraverso a essa nella grotta di luce al di la. Non ancora!
Ho paura. Non della vita o della morte o del nulla, ma di sprecare la vita come se non fossi mai esistito. E mentre mi avvio attraverso il varco, sento la pressione intorno a me che mi spinge con moti violenti, simili a onde verso l’imboccatura della caverna.
E troppo piccola! Non posso passare!
E improvvisamente sono scaraventato contro le pareti, ancora e ancora, e costretto attraverso il varco dove la luce minaccia di bruciarmi gli occhi. Di nuovo, so che perforero la crosta per emergere in quella sacra luce. E piu di quanto possa sopportare. Dolore come non l’ho provato mai, e gelo, e nausea, e il gran ronzio che batte sopra il mio capo come migliaia d’ali. Apro gli occhi, accecato dalla luce intensa. E flagello l’aria, e tremo e grido.
Sono emerso dalla cosa in seguito all’insistenza di una mano che mi scrollava energicamente. La mano del dottor Strauss.
«Dio sia ringraziato», ha detto quando l’ho guardato negli occhi. «Mi avevi preoccupato.»
Ho scosso la testa. «Sto benissimo.»
«Credo che per oggi possa bastare.»
Mi sono alzato e ho barcollato mentre ritrovavo la prospettiva. La stanza sembrava piccolissima. «Non soltanto per oggi», ho detto. «Secondo me non dovrei venire ad altre sedute. Non voglio vedere altro.»
Era turbato, ma non ha cercato di dissuadermi. Ho preso cappello e cappotto e me ne sono andato.
E ora… le parole di Platone mi scherniscono:
«…gli uomini della caverna direbbero di lui che in alto e salito e in basso e disceso senza gli occhi…»
Il professor Nemur mi ha mandato di nuovo a chiamare stamane. Mi voleva al laboratorio per alcuni test, quelli che facevo un tempo. A tutta prima mi son detto ch’era giusto, perche continuano a pagarmi ed e importante che la documentazione sia completa, ma quando sono arrivato alla Beekman e ho cominciato a sottopormi alle prove con Burt, mi sono reso conto che sarebbe stato troppo per me.
Anzitutto si e trattato del labirinto con il foglio di carta e la matita. Ricordavo come andavano le cose quando avevo imparato a percorrerlo rapidamente e quando gareggiavo con Algernon. Mi sono reso subito conto che adesso mi occorreva molto piu tempo per percorrere il labirinto. Burt aveva gia teso la mano per ritirare il foglio, ma io l’ho strappato, invece, e ho gettato i pezzi nel cestino della carta straccia.
«Basta. Sono stufo di percorrere il labirinto. Mi trovo in un vicolo cieco, e non c’e altro da dire.»
Temeva che me ne andassi, e allora mi ha calmato. «D’accordo, Charlie. Soltanto, sta’ tranquillo.»
«Che significa ’sta’ tranquillo? Lei non lo sa.»
«No, ma posso immaginarlo. Siamo tutti molto turbati.»
«Se la tenga, la sua comprensione. Mi lasci in pace e basta.»
Era imbarazzato, e allora mi sono reso conto che la colpa non era sua e che mi stavo comportando malissimo nei suoi riguardi. «Mi scusi lo scatto», ho detto. «Come le vanno le cose? Ha terminato la tesi?»
Ha annuito. «La sto facendo ribattere a macchina. Mi laureero in febbraio.»
«Bravo.» Gli ho battuto la mano sulla spalla per dimostrargli che non ce l’avevo con lui. «Insista. Non c’e niente che possa paragonarsi alla cultura. Senta, dimentichi quello che ho detto prima. Faro tutto quello che vuole; soltanto, non piu labirinti, ecco.»
«Be’, Nemur vuole una prova di Rorschach.»
«Per sapere che cosa sta accadendo nel profondo? Che cosa si aspetta di trovare?»
Dovevo avere l’aria sconvolta perche ha cominciato a fare marcia indietro.
«Non e indispensabile. Ti trovi qui volontariamente. Se non vuoi…»
«Va bene, va bene. Faccia pure. Distribuisca le schede. Ma non mi dica che cosa accertera.»
Non era necessario.
Conoscevo abbastanza la prova di Rorschach per sapere che non contava quel che si vedeva nelle schede ma il modo di reagire a esse.