piu, aerospaziale — e molto piccolo. Forse che i Settentrionali…? No, era assurdo. Un veicolo del genere era perfettamente inutile per le brevi distanze delle Tre Isole, e poi non avrebbero certo potuto progettarlo e costruirlo all’insaputa di tutti.

Aveva la forma di una punta di freccia molto allargata. Doveva essere atterrato verticalmente perche l’erba tutt’intorno era intatta. La luce proveniva da un alloggiamento di forma aerodinamica posto sopra la fusoliera, sopra il quale brillava a intermittenza una luce rossa piu piccola.

Nel complesso dava l’impressione rassicurante — anzi, un po’ deludente — di una macchina normalissima. Non era certamente in grado di percorrere i dodici anni luce che separavano Thalassa dalla colonia piu vicina.

D’un tratto la luce si spense, e per qualche tempo il gruppetto non vide piu nulla. Quando si fu riabituato all’oscurita, Brant vide che nel muso dell’apparecchio si aprivano dei finestrini da cui filtrava una debole luce.

Ma… sembrava quasi un apparecchio con equipaggio umano, e non il veicolo robot che tutti si aspettavano!

La Waldron era giunta alla stessa stupefacente conclusione.

«Non e un aereo robot… c’e dentro della gente! Non perdiamo altro tempo. Illuminami con la torcia elettrica Brant, cosi che mi possano vedere.»

«Helga!» protesto il consigliere Simmons.

«Non fare il cretino, Charlie. Andiamo, Brant.»

Cosa aveva detto il primo uomo che aveva messo piede sulla Luna, quasi duemila anni prima? «Un piccolo passo…» Solo dopo una ventina di passi un portello si apri nella fiancata del veicolo, una scaletta a doppio snodo si estese fino a terra e due figure umanoidi si fecero loro incontro.

Questa fu la prima impressione di Brant. Poi si rese conto che il colore della pelle — quel po’ di pelle che si poteva vedere sotto la pellicola trasparente e flessibile che li ricopriva da capo a piedi — l’aveva ingannato.

Non erano umanoidi. Erano umani. Ma sbiancati come se non avessero mai visto il sole.

La Waldron levo in alto le braccia, le mani a palma avanti, nel gesto universale vecchio quanto la storia umana per dire: «Guarda! Non ho armi».

«Non credo che possiate capirmi» disse. «Comunque, vi do il benvenuto su Thalassa.»

I due sorrisero. Il piu anziano, un bell’uomo dai capelli grigi tra i sessanta e i settant’anni, levo anche lui in alto le braccia.

«Al contrario» rispose con la voce piu profonda e meglio modulata che Brant avesse mai sentito. «La capiamo perfettamente. Siamo molto lieti di fare la vostra conoscenza.»

Per un istante la Waldron e gli altri del gruppo rimasero senza parole per la sorpresa. Ma perche sorpresa? si chiese Brant. In fin dei conti anche loro capivano perfettamente i discorsi di uomini vissuti duemila anni prima. L’invenzione della riproduzione dei suoni aveva congelato la struttura fonematica fondamentale di tutte le lingue. Il lessico poteva cambiare, le regole sintattiche e grammaticali modificarsi, ma la pronuncia sarebbe rimasta immutata per millenni.

La Waldron fu la prima a riprendersi.

«Bene, questo ci risparmia senz’altro un mucchio di fastidi» disse alquanto debolmente. «Ma da dove venite? Purtroppo abbiamo perso i contatti con i nostri vicini, mettiamola cosi, da quando la nostra antenna per le comunicazioni interstellari e andata distrutta.»

L’uomo piu anziano getto un’occhiata al suo compagno, che era molto piu alto di lui, e un messaggio silenzioso corse tra i due. Quindi torno a rivolgersi al sindaco in attesa.

Vi era una inequivocabile nota di tristezza nella sua bella voce quando diede la stupefacente risposta.

«Capisco che vi sembrera incredibile» disse «ma noi non veniamo da una colonia. Veniamo dalla Terra.»

II. LA MAGELLANO

6. Approdo planetario

Anche prima di aprire gli occhi, Loren sapeva esattamente dove si trovava, e cio lo sorprese molto. Dopo aver dormito per duecento anni sarebbe stato piu che comprensibile avere un po’ di confusione in testa; invece gli sembrava di aver fatto solo il giorno prima l’ultima annotazione sul libro di bordo. E non pareva nemmeno di aver sognato. Ringrazio il cielo per questo.

Continuando a tenere gli occhi chiusi si concentro sugli altri organi di senso, uno alla volta. Sentiva un mormorio sommesso di voci, un suono sereno e rassicurante. C’era il sussurro familiare degli scambiatori d’aria, e infatti percepiva una debole corrente d’aria dal gradevole profumo di disinfettante sfiorargli il volto.

L’unica sensazione che non percepiva era quella del peso. Alzo il braccio destro senza il minimo sforzo, e il braccio rimase sospeso nell’aria in attesa di ulteriori ordini.

«Salve, signor Lorenson» disse una voce scherzosamente sfottente.

«Finalmente si e degnato di unirsi a noi. Come si sente?»

Loren apri gli occhi e cerco di metterli a fuoco sulla vaga forma che fluttuava accanto al suo letto.

«Salve… dottore. Mi sento bene. E ho fame.»

«Buon segno. Si puo rivestire. Non faccia movimenti bruschi, per qualche tempo. In seguito decidera se si vuol tenere quella barba o se preferisce tagliarsela.»

Loren sposto il braccio ancora sospeso a mezz’aria e si tocco il mento; la barba era parecchio lunga, e cio lo sorprese. Come la maggior parte degli uomini, non aveva voluto saperne della depilazione permanente — gli psicologi avevano scritto libri interi sull’argomento. Forse era arrivato il momento di decidersi. Era strano che gli venisse da pensare a queste sciocchezze in un momento come quello.

«Siamo arrivati? E tutto a posto?»

«Certo. Altrimenti starebbe ancora dormendo. Tutto e andato come previsto. La nave ha cominciato a svegliarci un mese fa. Ora siamo in orbita attorno a Thalassa. Gli addetti alla manutenzione hanno controllato tutti i sistemi; adesso tocca a lei. E c’e anche una piccola sorpresa.»

«Piacevole, spero.»

«Lo speriamo tutti. Il capitano Bey ha convocato una riunione tra due ore. Se ancora non se la sente di muoversi puo guardare da qui.»

«Verro anch’io. Voglio rivedere tutti quanti. Posso fare colazione, prima? E passato tanto tempo…»

Il capitano Sirdar Bey aveva l’aria stanca ma soddisfatta quando accolse le quindici persone appena risvegliate e le presento alla trentina di uomini che al momento formavano l’equipaggio A e B. Secondo il regolamento di bordo l’equipaggio C avrebbe dovuto essere in branda, ma molte figure se ne stavano in fondo alla sala cercando di non farsi notare.

«Benvenuti tra noi» disse il capitano ai nuovi arrivati. «Fa piacere vedere in giro qualche faccia nuova. E da ancora piu soddisfazione vedere un pianeta sotto di noi e sapere che la nave ha svolto per duecento anni la prima fase della sua missione senza nessuna anomalia. Ecco Thalassa, in orario perfetto.»

Tutti si volsero verso il grande schermo che occupava gran parte di una parete. Parte di esso riportava i dati relativi alle condizioni della nave, ma la sezione centrale pareva una finestra aperta sullo spazio. Vi appariva l’immagine, bella da lasciar senza fiato, di un globo bianco e blu quasi completamente illuminato. Probabilmente tutti si erano accorti con un tuffo al cuore che assomigliava moltissimo alla Terra vista da sopra il Pacifico: quasi tutto mare, con poche terre emerse molto distanziate tra loro.

E c’era un arcipelago: tre isole molto vicine, in parte nascoste dalle nubi.

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