credergli e lo kzin, in futuro, si sarebbe mostrato piu cortese… adesso era troppo tardi per fare marcia indietro. Louis ebbe un attimo di esitazione prima di dire: — E quale sarebbe l’usanza?
— Dobbiamo batterci a mani nude… dopo che tu mi avrai lanciato la sfida. Oppure uno di noi due deve porgere le sue scuse.
Louis si alzo. Era un suicidio, ma conosceva le usanze maledettamente bene. — Ti sfido a duello — disse. — Dente per dente, unghia per unghia, visto che non siamo capaci di dividerci un universo in pace.
Senza alzare la testa, lo kzin chiamato Hroth disse ad alta voce: — Faccio io le scuse per il mio compagno Speaker-agli-Animali.
— Che? — esclamo Louis.
— E il mio compito — spiego lo kzin con le strisce gialle. — Data la sua indole, e naturale per uno kzin trovarsi nella condizione di battersi o di chiedere scusa. Sappiamo che cosa accade quando ci battiamo. Al giorno d’oggi la popolazione kzinti e un ottavo di meno di quanto non fosse quando abbiamo conosciuto gli uomini. I nostri mondi coloniali sono passati a voi, ogni specie da noi asservita e stata emancipata e ha imparato l’etica e la tecnologia umana. Quando uno di noi deve scegliere tra il combattimento e le scuse, io ho l’incarico di porgere le scuse per lui.
Louis si risedette. Non era ancora giunta la sua ora. — Non mi piacerebbe per niente avere un incarico come il tuo — osservo.
— Lo credo bene, visto che volevi batterti disarmato con uno kzin. Ma il Patriarca mi considera inabile a qualsiasi altro lavoro. Non sono molto intelligente e la mia salute e malferma; la mia capacita organizzativa e terribile. In che altro modo potrei conservarmi un nome?
Louis inghiotti un sorso di tequila sperando che qualcuno cambiasse argomento. Si sentiva imbarazzato di fronte all’umilta dello kzin.
— Mangiamo — propose Speaker. — A meno che la nostra missione non sia urgente, Nessus.
— Niente affatto. Il nostro equipaggio non e ancora al completo. I miei colleghi mi chiameranno non appena avranno individuato un quarto membro qualificato. Ma certo! Mangiamo.
Speaker-agli-Animali aggiunse qualcosa prima di rigirarsi verso il suo tavolo. — Louis Wu, la tua sfida era prolissa. Per sfidare uno kzin basta un urlo di rabbia. Urla e scatta.
— Urla e scatta — fece Louis. — Magnifico.
E IL SUO EQUIPAGGIO ETEROGENEO
Louis Wu conosceva diverse persone che, quando si servivano delle cabine-transfert, chiudevano gli occhi. Il salto improvviso nella scena della vita procurava loro un senso di vertigine. Secondo Louis erano tutte sciocchezze; aveva qualche amico ancora
Tenne gli occhi ben aperti e compose il numero. Gli alien che lo stavano osservando scomparvero. Qualcuno grido: — Ehi! E ritornato!
La folla si accalco alla porta. Louis dovette spingere con forza per aprirla. — Maledetti pazzi, tutti quanti! Nessuno se n’e andato a casa? — Allargo le braccia, e li spinse con forza per farsi strada, come uno spazzaneve. — Sgomberate, cafoni! Stanno arrivando altri ospiti!
— Magnifico! — gli strepito una voce negli orecchi. Mani anomime cercarono di afferrare la sua infilandogli tra le dita un bicchiere a bulbo. Louis abbraccio sette o otto invitati sorridendo al loro benvenuto.
Louis Wu. Visto da lontano aveva l’aspetto di un orientale dalla pelle gialla e i capelli bianchi. Il ricco mantello blu era drappeggiato con una tale noncuranza che sembrava ostacolargli i movimenti.
Ma da vicino era tutto un trucco. La pelle non era bruno giallastra, ma aveva un caldo colore giallo cromo, il colore di un fumetto Fu Manchu. Il codino era troppo grosso, non canuto per l’eta, ma di un bianco purissimo con un tocco sublimale di blu, il colore di una stella nana. Come usavano tutti i cittadini di quel mondo uniforme, anche Louis Wu si truccava con i colori cosmetici.
Uno della massa. Lo si vedeva a prima vista. I suoi lineamenti non erano ne caucasici ne negroidi e neppure mongoloidi, pur conservando le tracce di tutte e tre le razze: una semplice mescolanza di quelle caratteristiche acquisita col passare dei secoli. Afferro il bicchiere a bulbo sorridendo ai suoi ospiti. Il suo sguardo incontro un paio di occhi d’argento a pochi centimetri dai suoi.
Una certa Teela Brown gli era finita, non si sa come, naso contro naso, petto contro petto. La sua pelle azzurra era ricoperta da una reticella di fili argentei; l’ondeggiante acconciatura lanciava fiamme come un falo. Le sue pupille erano specchi convessi. Aveva vent’anni. Louis aveva gia chiacchierato con lei; era una conservatrice superficiale, piena di cliches e facile agli entusiasmi. Pero, molto carina.
— Volevo chiederti — gli disse, — come sei riuscito a fare venire qui un
— Non dirmi che e ancora qui.
— No. E stato costretto a ritornare a casa perche gli si stava esaurendo l’aria.
— Una bugiola innocente — l’informo Louis. — I generatori d’aria dei Trinocs durano per settimane. Be’, se vuoi saperlo, una volta questo Trinoc e stato mio ospite e mio prigioniero per un paio di settimane. La sua nave, insieme a tutto l’equipaggio, era andata distrutta al limite dello spazio conosciuto, e io sono stato costretto a portarlo a Margravia e a installare per lui un abitacolo alle sue condizioni ambientali.
Gli occhi della ragazza esprimevano una stupita ammirazione. Louis fu piacevolmente sorpreso nel notare che si trovavano alla stessa altezza dei suoi: la fragile bellezza di Teela Brown la faceva apparire piu piccola di quanto non fosse. Gli occhi di lei scivolarono dietro le spalle di Louis e si sgranarono ancora di piu. Louis si volto e sogghigno.
Nessus, il burattinaio, stava trotterellando fuori della cabina-transfert.
Louis ci aveva pensato nello stesso momento in cui avevano lasciato il Krushenko. Aveva tentato di persuadere Nessus a dire qualcosa sulla destinazione. Ma il burattinaio temeva l’interferenza di eventuali spie.
— Allora vieni a casa mia — aveva suggerito Louis.
— E i tuoi ospiti?
— Non sono certo nel mio ufficio. E il mio ufficio e assolutamente a prova di micro-spie. E poi, pensa alla sensazione che farai al party.
L’effetto fu proprio come Louis aveva desiderato. Di colpo, nel salone, non si senti alcun rumore al di fuori del tuc-tuc-tuc degli zoccoli del burattinaio. Dietro di lui balzo nella realta Speaker-agli-Animali. Lo kzin si mise ad osservare la marea di visi umani che circondavano la cabina. Poi, lentamente, sfodero i denti.
Qualcuno verso meta del suo whisky nel vaso di una palma. Magnifico gesto. Da un ramo, una orchieda- vivente Gummidgy si agito, stizzita. Gli ospiti sgattaiolarono lontano dalla cabina-transfert. I commenti erano: «Si, ti senti bene. Li vedo anch’io.» «Pillole antisbornia? Fammi dare un’occhiata nella borsa.» «E un party ben riuscito, vero?» «Caro vecchio Louis.» «Come ha chiamato quella cosa?»
Non sapevano cosa farsene, di Nessus. I piu fingevano di ignorarne la presenza, e non osavano fare commenti temendo di fare la figura dei pazzi. La loro reazione di fronte a Speaker fu ancora piu singolare. Lo kzin, che una volta era considerato il nemico piu pericoloso del genere umano, veniva trattato con lo stesso timore reverenziale con il quale ci si rivolge agli eroi.
— Vieni con me — disse Louis Wu al burattinaio. Con un briciolo di fortuna lo kzin sarebbe riuscito a seguirli. — Scusateci — urlo energicamente facendosi strada in mezzo alla ressa. In risposta alle domande eccitate o imbarazzate, si limito a sogghignare tra se.
Louis sbarro la porta dell’ufficio, e mise in funzione il dispositivo anti-microspie. — Perfetto. Chi vuole da bere?
— Se vuoi scaldare il bourbon, io lo berrei — disse lo kzin. — Altrimenti posso berlo ugualmente.
— Nessus, tu?
— Un succo di verdura mi va bene. Hai del succo di carota caldo?
— Puah! — fece Louis. Ma diede istruzioni al bar che servi un bulbo colmo di succo di carota bollente.