sudore e di aceto, di crauti e di vestiti non lavati. Si senti nudo e brutto, come fissato da qualcuno che, per parte sua, non rivelava nulla di se. Era come se il bambino penetrasse con l’olfatto anche attraverso la sua pelle, fin nel suo intimo piu profondo. I suoi sentimenti piu teneri, i suoi pensieri piu turpi erano nudi davanti a quel piccolo, avido naso, che non era ancora un vero e proprio naso, bensi soltanto un accenno, un minuscolo organo con buchi che si arricciava, si gonfiava e vibrava di continuo. Terrier rabbrividi. Si sentiva nauseato. Per parte sua storse il naso come di fronte a qualcosa di maleodorante, con cui non voleva aver nulla a che fare. Sparita l’idea familiare che si trattasse della propria carne e sangue. Svanito l’idillio sentimentale di padre e figlio e madre calda di odori. Come strappato quel velo di penseri piacevolmente avvolgenti fantasticati attorno al bambino e a se stesso: sulle sue ginocchia giaceva un essere estraneo, freddo, un animale ostile, e se lui non avesse avuto un carattere cosi posato e governato dal timor di Dio e da un giudizio razionale, in un accesso di disgusto l’avrebbe scagliato lontano da se come un ragno.
Di colpo Terrier si alzo e depose il canestro sul tavolo. Voleva liberarsi della cosa, il piu in fretta possibile, ora, subito.
E in quel momento il bambino comincio a urlare. Strinse gli occhi, spalanco la sua gola rossa e diede uno strillo cosi acuto e ripugnante che a Terrier si gelo il sangue nelle vene. Scosse il canestro con il braccio teso e grido «cicci cicci» per far smettere il bambino, ma quello urlo ancora piu forte e divento tutto blu in faccia, e sembrava che stesse per scoppiare dalle urla.
Via! penso Terrier, bisogna mandar via all’istante questo… stava per dire «demonio» e fece uno sforzo, e si freno… via questo mostro, questo bambino insopportabile! Ma dove? Conosceva dozzine di balie e di orfanotrofi nel quartiere, ma erano tutti troppo vicini a lui, erano giusto a un passo, bisognava mandare quella cosa piu lontano, cosi lontano da non sentirne piu parlare, cosi lontano che non potessero riportarla ogni momento davanti alla porta, se possibile in un altro distretto, sull’altra riva ancora meglio, e meglio di tutto
E sollevo la sua sottana, afferro il canestro urlante e corse via, corse attraverso il labirinto di vicoli fino a Rue du Faubourg Saint-Antoine, risali la Senna verso est, fuori della citta, sempre piu fuori, percorse Rue de Charonne sino alla fine, dove, nei pressi del monastero di Madeleine de Trenelle, aveva l’indirizzo di una certa Madame Gaillard, la quale accettava bambini a pensione di qualsiasi eta e di qualsiasi specie finche c’era qualcuno che pagasse per loro, e la consegno il neonato sempre urlante versando l’anticipo di un anno e poi volo di nuovo verso la citta, e, arrivato al convento, getto a terra i propri vestiti come se fossero sudici, si lavo dalla testa ai piedi e s’infilo a letto nella sua stanza dove si fece ripetutamente il segno della croce, prego a lungo e infine, sollevato, si addormento.
4
Madame Gaillard, sebbene non avesse neppure trent’anni, aveva gia vissuto la propria vita. Esteriormente dimostrava l’eta che in realta aveva, e nello stesso tempo due, tre, cento volte di piu, proprio come la mummia di una ragazza; ma interiormente era gia morta da tempo. Quando era bambina suo padre le aveva dato un colpo sulla fronte con l’attizzatoio, poco piu su della radice del naso, e da allora lei aveva perso l’olfatto e qualsiasi senso di calore umano e di freddezza umana e soprattutto qualsiasi passione. Quell’unico colpo l’aveva resa estranea alla tenerezza come all’avversione, estranea alla gioia come alla disperazione. In seguito, quando ando a letto con un uomo, non provo nulla, e nulla provo quando partori i propri figli. Non porto il lutto per quelli che le morirono e non si rallegro per quelli che le restarono. Quando il marito la picchiava non si scomponeva, e non provo nessun sollievo quando lui mori di colera all’Hotel-Dieu. Le uniche due sensazioni che conosceva erano un lievissimo offuscamento dell’animo quando si avvicinava l’emicrania mensile, e un lievissimo rasserenamento dell’animo quando l’emicrania se ne andava. Per il resto questa donna insensibile non provava nulla.
D’altra parte… e forse proprio a causa della sua totale mancanza di emozioni, Madame Gaillard possedeva un senso spietato dell’ordine e della giustizia. Non prediligeva nessuno dei bambini a lei affidati e non ne trascurava nessuno. Somministrava tre pasti al giorno e non un solo boccone di piu. Cambiava le fasce ai piccoli tre volte al giorno e solo fino a quando compivano due anni. Dopo questo termine, chi continuava a farsela addosso riceveva un ceffone senza alcun rimprovero e un pasto in meno. Madame Gaillard spendeva la meta esatta della retta per i suoi pupilli, e teneva per se l’altra meta esatta. Nei tempi buoni non cercava di aumentare il suo guadagno, ma nei tempi duri non lasciava perdere neppure un soldo, neanche quando si trattava di vita o di morte. Diversamente il mestiere non sarebbe piu stato redditizio. Aveva bisogno di denaro. Aveva fatto i suoi conti con precisione estrema. Da vecchia voleva assicurarsi un vitalizio e inoltre avere abbastanza da potersi permettere di morire in casa, anziche crepare all’Hotel-Dieu come suo marito. Anche la morte di lui non le aveva fatto ne caldo ne freddo. Ma aveva orrore di quella morte pubblica, assieme a centinaia di estranei. Voleva potersi permettere una morte privata, e per questo le occorreva tutto il margine di guadagno proveniente dalla retta. C’era l’inverno, e vero, e in quel periodo su due dozzine di piccoli pensionanti ne morivano tre o quattro. Tuttavia anche cosi se la cavava sempre molto meglio della maggior parte delle altre madri adottive, e il suo reddito superava di gran lunga quello dei grandi brefotrofi statali o religiosi, la cui percentuale di perdite spesso ammontava a nove decimi. Poi c’era anche molto ricambio. Ogni anno Parigi produceva piu di diecimila nuovi trovatelli, bastardi e orfani. In tal modo era possibile consolarsi di piu d’un ammanco.
Per il piccolo Grenouille l’istituto di Madame Gaillard fu una benedizione. Probabilmente non sarebbe riuscito a sopravvivere da nessun’altra parte. Ma li, accanto a quella donna dal cuore sterile, crebbe bene. Era dotato di una costituzione robusta. Chi, come lui, era sopravvissuto alla propria nascita fra i rifiuti non si lasciava piu strappare dal mondo cosi facilmente. Poteva nutrirsi per giorni con zuppe acquose, si sosteneva con il latte piu magro, tollerava la verdura piu appassita e la carne piu guasta. Nel corso della sua infanzia sopravvisse al morbillo, alla dissenteria, alla varicella, al colera, a una caduta di sei metri in un pozzo e a un’ustione al petto con acqua bollente. Ne riporto comunque cicatrici, screpolature e croste e un piede leggermente deforme che lo faceva zoppicare, tuttavia visse. Era tenace come un batterio resistente e parco come una zecca, che se ne sta quieta su un albero e sopravvive con una minuscola goccia di sangue succhiata anni prima. Per il suo corpo aveva bisogno di un minimo di cibo e di abiti. Per la sua anima non aveva bisogno di nulla. Sicurezza, dedizione, tenerezza, amore — o comunque si chiamino tutte quelle cose che si presume occorrano a un bambino — al bambino Grenouille non erano affatto necessari. O piuttosto, ci sembra, lui stesso aveva fatto in modo che non gli fossero necessari per riuscire a vivere, fin dal primo momento. Il grido dopo la sua nascita, il grido emesso sotto il banco da macello, con il quale aveva dato notizia di se e aveva portato sua madre al patibolo, non era stato un grido istintivo di pieta e d’amore. Era stato un grido ben meditato, si potrebbe quasi dire lungamente meditato, con cui il neonato si era pronunciato
Naturalmente non decise come decide un adulto, che per scegliere fra varie opzioni usa la sua piu o meno grande ragionevolezza ed esperienza. Ma decise al modo di un vegetale, cosi come un fagiolo gettato via decide se deve germogliare o se e meglio lasciar perdere.
Oppure come quella zecca sull’albero, cui la vita non ha altro da offrire se non un continuo sopravvivere. La zecca piccola e brutta, che modella il suo corpo grigio-piombo come una palla, per offrire al mondo esterno la minima superficie possibile; che rende la sua pelle compatta e dura per non lasciar fuoriuscire nulla, per non lasciar traspirare nemmeno una minima parte di se. La zecca che diventa piccolissima e insignificante, perche nessuno la veda e la calpesti. La zecca solitaria, che, raccolta in se, sta rannicchiata sul suo albero, cieca, sorda e muta e si limita a fiutare, a fiutare per anni, a distanza di miglia, il sangue di animali di passaggio che con le proprie forze non raggiungera mai. La zecca potrebbe lasciarsi cadere. Potrebbe lasciarsi cadere a terra nel bosco, con le sue sei minuscole zampette potrebbe strisciare qua e la per un paio di millimetri e poi aspettare la