Il sor Pisello si senti tremare le gambe per la paura e si tocco il collo: gli sembrava gia di sentirsi stringere dalla corda. Ma ormai uveva deciso.
— Impiccatemi pure, — rispose fieramente. — Impiccatemi subito.
Finito di dire queste parole, divento bianco, cosa molto strana per un pisello, e cadde a terra svenuto. Don Prezzemolo scrisse nel verbale.
— L'imputato sviene per la vergogna.
Poi si soffio il naso nel fazzoletto e chiuse il libro: l'interrogatorio era finito.
Capitolo XIII
Sor Pisello, senza volere, salva la vita al Cavaliere
Il sor Pisello si sveglio al buio e credeva di essere gia stato impiccato.
— Sono morto, — penso, — e questo e certamente l'inferno. Mi stupisco solo che ci sia cosi poco fuoco. Anzi, non ce n'e del tutto. Strano inferno.
In quel momento senti girare la chiave nella serratura. Si rannicchio in un angolo, dimenticando che non avrebbe potuto fuggire, e guardo ansiosamente la porta che si apriva, aspettandosi di vedere comparire i Limoncini di guardia e il boia.
I Limoncini comparvero, ma in mezzo a loro, invece del boia, c'era il Cavalier Pomodoro in persona, legato come un salame.
II sor Pisello balzo in piedi e fece per avventarglisi addosso, iiim poi si arresto:
— Come! Siete stato arrestato anche voi?
— Arrestato? Dite pure che sono stato condannato a morte. Saro impiccato domattina all'alba, dopo di voi. Forse non sapete che questa e appunto la Stanza degli Impiccati.
L'avvocato era molto sorpreso.
— Il Principe Limone, — continuo Pomodoro, — e molto irritato perche non gli riesce di trovare il bandolo della matassa. Sapete cos'ha fatto? Mi ha accusato davanti alle Contesse di essere il capo della cospirazione contro il Castello e mi ha fatto condannare a morte.
Il sor Pisello non sapeva se rallegrarsi o compatirlo. Infine esclamo:
— Quand'e cosi, Cavaliere, fatevi coraggio: moriremo insieme.
— Magra consolazione, — osservo il Cavaliere, — permettete comunque che vi domandi scusa se al vostro processo non mi sono molto interessato di voi. Capirete, ne andava della mia vita.
— Oh, ormai e acqua passata, non parliamone piu, — propose gentilmente il sor Pisello. — Siamo compagni di sventura, cerchiamo di aiutarci l'un l'altro.
— Sono anch'io di questo parere, — concluse Pomodoro, evidentemente sollevato. — E sono contento che non mi abbiate serbato rancore.
Trasse di tasca una fetta di torta e la divise fraternamente con il sor Pisello, che davanti a tanta generosita non credeva ai suoi occhi. — E' tutto quello che mi hanno lasciato, — disse Pomodoro, crollando il capo con aria triste.
— Eh, cosi vanno le cose di questo mondo. Fino a ieri eravate praticamente il padrone del Castello e oggi non siete che un prigioniero.
Pomodoro continuo a mangiare la torta senza rispondere.
— Sapete, — disse poi, — sono quasi contento che quel Cipollino mi abbia giocato. In fondo, e un ragazzo furbo, e quel che ha fatto, lo ha fatto per nobilta di cuore, per aiutare i poveri.
— Gia, — approvo il sor Pisello.
— Chissa, — prosegui Pomodoro, — chissa dove si nascondono adesso i prigionieri evasi. Mi piacerebbe poter fare qualcosa per loro.
— Che cosa potreste fare, nelle vostre condizioni?
— Avete ragione. Del resto non so dove sono.
— Nemmeno io lo so, — disse il sor Pisello, che a vedersi trattare da Pomodoro con tanta gentilezza diventava loquace, — pero so dove hanno nascosto la casa del sor Zucchina.
A sentire queste parole, il cuore del Cavaliere cesso di battere.
— Pomodoro, — si disse subito, — fai bene attenzione a cio che dira questo tonto: forse per te c'e ancora una speranza di salvezza.
— Davvero lo sapete? — continuo a voce alta, rivolgendosi all'avvocato.
— Lo so, certo, ma non lo diro mai. Non voglio far del male a quella povera gente.
— Questi sentimenti vi onorano moltissimo, avvocato. Anch'io, se lo sapessi non lo direi: non vorrei che per colpa mia quei poveracci passassero altri guai.
— Quand'e cosi, — disse il sor Pisello, — sono contento di stringervi la mano.
Pomodoro gli tese la mano e se la lascio stringere a lungo. Il sor Pisello ormai era in vena di chiacchierare.
— Sapete, — disse allegramente, — hanno nascosto la casetta a due passi dal Castello e sono stati tutti cosi stupidi da non pensarci.
— E dove l'hanno nascosta? — domando Pomodoro con aria di niente.
— A voi ormai lo posso dire, — rise il sor Pisello, — domani morrete con me e porteremo il segreto nella tomba.
— Certo, sapete benissimo che moriremo all'alba e le nostre ceneri saranno disperse al vento.
A questo punto il sor Pisello si accosto ancora di piu al suo compagno di prigionia e, bisbigliandogli nelle orecchie, gli rivelo che la casa del sor Zucchina si trovava nel bosco, ed era affidata alle cure del sor Mirtillo.
Pomodoro lo lascio finire di parlare, poi gli prese la mano, gliela strinse calorosamente ed esclamo:
— Mio caro amico, vi ringrazio molto di avermi confidato questa importante notizia. Voi mi salvate la vita.
— Io vi salvo la vita? Avete voglia di scherzare?
— Niente affatto, — grido Pomodoro, rialzandosi. Ando alla porta e batte coi pugni fin che i Limoncini di guardia gli vennero ad aprire:
— Portatemi subito alla presenza del Principe Limone, — ordino con il suo solito tono arrogante, — gli devo fare importanti rivelazioni.
Difatti il Cavaliere rivelo ogni cosa al Principe, che non stava nella pelle dalla contentezza. Fu deciso che il mattino seguente, subito dopo l'esecuzione del sor Pisello, sarebbero andati nel bosco a prendere la casa.
Capitolo XIV
Sor Pisello viene impiccato, ma in Paradiso non e arrivato
In mezzo alla piazza del villaggio fu alzata una bella forca, con la sua brava botola che si apriva quando il boia schiacciava il bottone e quando il boia schiacciava il bottone il sor Pisello cadeva nella buca e ci restava finche era morto.
Quando lo andarono a chiamare per impiccarlo il sor Pisello fece di tutto per guadagnare tempo: prima disse che non si era ancora fatta la barba, poi volle lavarsi la testa, poi trovo che gli erano cresciute troppo le