Il Limonaccio, sbalordito, continuava meccanicamente a suonare il tamburo.

— Qui il diavolo ci ha messo la coda, — pensava sgomento fra se, — ad ogni giro ne scompare uno. Che devo fare? Mancano ancora sette minuti a finire la passeggiata. Il regolamento e regolamento. E se prima della passeggiata sono scomparsi tutti? Ecco, ora ne restano solo sei. Ma che dico? Ne restano solo cinque.

Cipollino aveva la morte nel cuore. Provo a chiamare la Talpa ma non ottenne risposta: avrebbe voluto salutarla, dirle perche non poteva fuggire.

In quel momento, il Limonaccio, finalmente deciso a porre termine all'incantesimo che gli aveva fatto sparire sotto il naso tutti i prigionieri grido:

— Alt!

Restavano quattro prigionieri e Cipollino.

Si fermarono sull'attenti e si guardarono in faccia.

— Via presto, — grido Cipollino, — prima che il Limonaccio dia l'allarme.

I prigionieri non se lo fecero ridire: uno dopo l'altro si tuffarono nella galleria. Cipollino non si muoveva, ma ad un tratto si senti afferrare per le gambe. I suoi compagni avevano indovinato il suo pensiero e senza tanti complimenti lo tirarono giu nella galleria.

— Non fare lo stupido, — gridavano, — fuori di prigione potrai essere piu utile al tuo babbo che dentro. Vieni via, presto!

— Aspettatemi, aspettatemi! — supplicava piangendo il Limonaccio, che aveva finalmente scoperto il trucco, — vengo anch'io. Non abbandonatemi! Il Principe mi farebbe impiccare. Fatemi venire con voi.

— Aspettiamolo, — ordino Cipollino, — dobbiamo anche alla sua scarsa conoscenza dell'aritmetica se siamo riusciti a fuggire.

— Pero facciamo presto, — esorto una voce nasale al suo fianco, — qui c'e tanta luce che non vorrei prendermi un'insolazione.

— Vecchia Talpa, — esclamo Cipollino, — non possiamo fuggire. Il mio babbo e malato e chiuso nella sua cella.

La Talpa si gratto la testa.

— Ho visto dov'e la sua cella, — disse poi, — ho studiato molto bene la pianta del carcere che mi hai mandata. Ma faremo in tempo? Avresti dovuto avvisarmi prima.

Lancio un richiamo, e in meno che non si dica un centinaio di talpe si radunarono zampettando davanti a Cipollino.

— Dobbiamo scavare un'altra piccola galleria, — annuncio la Vecchia Talpa. — Questione di un quarto d'ora.

Le talpe non stettero nemmeno a pensarci, e si lanciarono nella direzione indicata. In pochi minuti la cella di Cipollone fu raggiunta. Cipollino vi balzo dentro per il primo; il suo babbo era la, sdraiato sul tavolaccio e delirava.

Fecero appena in tempo a farlo scendere nella galleria, mentre nelle celle irrompevano le guardie che stavano facendo il giro del carcere per cercare i prigionieri, non riuscendo a spiegarsi la loro scomparsa.

Quando si resero conto che i prigionieri erano fuggiti, pensarono spaventati alle terribili punizioni che avrebbero ricevute dal Principe e tutti d'accordo gettarono le armi e si infilarono a loro volta nella galleria scavata dalle talpe.

Giunti in aperta campagna, entrarono nelle case dei contadini, si spogliarono delle divise e indossarono abiti da lavoro.

Gettarono via anche i campanelli che avevano sul berretto: raccogliamoli noi, e diamoli ai bambini da giocare.

Come dite? Cipollino?

Ah, la Talpa e Cipollino, credendosi inseguiti dalle guardie, si erano allontanati per un'altra galleria, abbandonando il condotto che portava in campagna. Ecco perche le guardie non li avevano raggiunti.

«Ma adesso dove si trovano?». Pazienza, lo saprete.

Capitolo XXVII

Prima corrono i cavalli poi corre Limone per monti e per valli

Il Principe Limone aveva dato una grande festa.

— Bisogna che i miei sudditi si divertano, — diceva il Principe Limone, — cosi non avranno tempo di pensare ai loro guai.

Aveva organizzato una grande corsa di cavalli, a cui partecipavano tutti i Limoni di corte, di primo, di secondo e di terzo grado, naturalmente nella parte di cavalieri, non in quella di cavalli.

La specialita di quella corsa era che i cavalli dovevano correre tirando dei carri frenati. Prima della partenza i Limoni applicarono alle ruote certi freni pesantissimi e il Principe passo lui stesso l'ispezione per vedere se funzionavano.

Quando il Principe diede il via, i cavalli puntarono gli zoccoli, inarcarono le zampe e cominciarono a tirare con tutta la loro forza, i perdendo bava dalla bocca. Ma i carri non si muovevano di un palmo. Allora i Limoni misero in azione le loro lussuosissime fruste, battendoli ferocemente.

Qualche carro si mosse di pochi centimetri, e il Principe, soddisfatto, batte le mani. Poi scese lui stesso nell'arena e comincio a frustare i cavalli a destra e a sinistra, divertendosi un mondo.

— Frustate il mio, Altezza! — gridavano i Limoni per fargli piacere.

Il Principe frustava a piu non posso.

I cavalli, impazziti dal terrore, piegavano le zampe che pareva si dovessero spezzare.

Quel gioco crudele era stato inventato dal Principe, perche, diceva lui:

— Tutti i cavalli sono capaci di correre se gli sciogliete la briglia! Io voglio vedere quello che sono capaci di fare se li tenete fermi.

In verita, gli piaceva frustare i cavalli, e organizzava quelle feste per sfogarsi.

La gente inorridiva, ma era costretta ad assistere al feroce spettacolo, perche se il Principe aveva deciso che la gente si divertisse, la gente doveva divertirsi per forza.

A un tratto rimase con la frusta alzata, mentre gli occhi gli uscivano dalla testa. Le gambe cominciarono a tremargli, il suo viso divenne piu giallo che mai, e sotto il berretto giallo i capelli si rizzarono, tanto che il campanello d'oro squillo disperatamente.

II povero Principe aveva visto la terra aprirsi davanti ai suoi piedi.

Prima si era formata una crepa, poi un'altra, poi era apparsa una gobba in mezzo al selciato, una gobba di terriccio come quelle che in campagna le talpe innalzano in un batter d'occhio. In fine la gobba si spacco, la spaccatura si allargo, comparve una testa, due spalle, e un piccolo vivace personaggio balzo fuori dalla terra, aiutandosi con i gomiti e con i ginocchi: Cipollino!

Si udi la voce nasale della Talpa che gridava spaventata:

— Cipollino, torna indietro, abbiamo sbagliato strada!

Ma Cipollino non l'udiva nemmeno. A trovarsi davanti la faccia sudata e spaventata del Principe Limone, che brandiva la frusta col braccio alzato, immobile come una statua di sale, il cuore gli aveva dato un balzo.

Senza riflettere a quel che faceva, si avvicino al Governatore e gli strappo di mano la frusta. La brandi e la fece schioccare per aria un paio di volte, come per provarla, poi l'abbasso con violenza sulle spalle del Principe Limone, che era troppo atterrito per scansarsi, e si prese la frustata sulla schiena.

— Ahi! — grido il Governatore.

Cipollino alzo la frusta e l'abbasso di nuovo. Allora il Governatore si volto e fuggi via a gambe levate.

Quello fu il segnale. Dietro a Cipollino comparvero come per incanto i prigionieri fuggiti dall'ergastolo e la folla li riconobbe uno dopo l'altro con grida di gioia. Il padre riconosceva il figlio, la sposa riconosceva il

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