facilmente la strada del solaio e li fu accolto con molte feste da Ragno Cugino, a cui narro tutte le sue avventure. Insieme recapitarono i messaggi a Ciliegino, che viveva sempre in soffitta per castigo. Poi Ragno Cugino propose a Sette e mezzo di passare tutta l'estate al Castello e il vecchio chiacchierone accetto volentieri: la strada del ritorno gli metteva troppa paura.
Capitolo XXVI
Alla fine, poveracci, scappano pure i Limonacci
Una mattina il Limonaccio che portava a Cipollino la zuppa di pane e acqua, dopo aver deposto per terra la ciotola, si assicuro che la porta della cella fosse ben chiusa e che nessuno potesse ascoltare, e alla fine bisbiglio:
— Tuo padre sta male. E' molto ammalato.
Cipollino avrebbe voluto saperne qualcosa di piu, fare delle domande. Ma il Limonaccio aggiunse solo che Cipollone non si poteva muovere dalla sua cella. E concluse:
— Bada bene di non dire a nessuno che te l'ho fatto sapere. Potrei perdere il posto, e ho una famiglia da mantenere.
Cipollino non rifiato. Evidentemente non bastava la divisa a fare un Limonaccio. Il carceriere, in fondo, era solo un padre di famiglia che non aveva trovato un mestiere migliore per mantenere i suoi figli.
Piu tardi i prigionieri uscirono in cortile per la passeggiata e cominciarono come al solito a girare in tondo in tondo, mentre un Limonaccio segnava il passo battendo il tamburo:
— Uno… due… uno… due…
— Uno… — pensava Cipollino, — il Ragno postino e scomparso senza dar notizie di se. Sono passati dieci giorni dalla sua partenza e ormai e certo che non ritornera piu. Non ha consegnato il messaggio, altrimenti la Talpa sarebbe gia arrivata. Uno… due… Il babbo e malato e non c'e da pensare a farlo fuggire. Come trasportarlo? Come curarlo? Chissa per quanto tempo ci toccherebbe vivere alla macchia, senza medici e senza medicine. Caro Cipollino, lascia ogni speranza e rassegnati a passare il resto della tua vita in prigione. — E a restarci anche dopo morto, — aggiunse mentalmente, dando un'occhiata al cimitero della prigione di cui si vedevano i cipressi spuntare dal muro del cortile.
Quel giorno la passeggiata sembrava anche piu triste del solito. I detenuti, nelle loro divise a strisce bianche e nere, camminavano con le spalle curve, e nessuno tentava nemmeno di attaccare col vicino, sottovoce, le solite conversazioni. Come per accompagnare la tristezza generale comincio anche a piovere, ma i prigionieri non potevano mettersi al riparo perche la passeggiata si doveva fare con qualunque tempo.
A un tratto Cipollino si senti chiamare per nome da una ben nota voce nasale.
— La Talpa! — penso, mentre il sangue gli dava un tuffo per la gioia.
— Al prossimo giro, rallenta, — aggiunse la voce.
Cara, vecchia Talpa, ce l'hai fatta.
Cipollino affretto il passo e urto col piede il detenuto che gli camminava davanti. Questi si volse e protesto:
— Mi hai preso per un pallone?
— Passa la voce, — bisbiglio Cipollino, — tra un quarto d'ora saremo tutti fuori della prigione.
— Ma sei matto?
— Fa come ti dico. State pronti. Si fugge durante la passeggiata. Fidati di me.
Il detenuto penso che a fidarsi non ci perdeva nulla. Prima che il giro fosse terminato, il passo dei prigionieri era diventato piu energico, piu vivace. Le spalle si erano raddrizzate. Perfino il Limonaccio che suonava il tamburo se ne accorse, e credette bene di elogiare gli ergastolani:
— Cosi, cosi, — grido, — fuori il petto, dentro la pancia, indietro quelle spalle… Uno… due… uno… due…
Non sembrava piu la passeggiata di un gruppo di detenuti, ma la marcia di un plotone di soldati.
Quando Cipollino giunse al punto in cui aveva udito la voce della Talpa rallento.
— La galleria e pronta. L'imboccatura si trova un passo a sinistra dei tuoi piedi. Non hai che da saltare e la terra sprofondera, perche ne abbiamo lasciata solo una crosta sottilissima.
— Cominceremo al prossimo giro, — rispose Cipollino.
La Talpa disse ancora qualcosa, ma Cipollino era gia passato oltre.
Urto di nuovo col piede il detenuto che gli camminava davanti e bisbiglio:
— Al prossimo giro, quando ti urto col piede, gettati un passo a sinistra e salta battendo forte per terra.
Il prigioniero avrebbe voluto fare delle domande, ma in quel momento il Limonaccio che suonava il tamburo guardava proprio dalla sua parte.
Bisognava fare qualcosa per distrarlo. Subito un prigioniero grido.
— Ahi!
— Che cosa succede? — strepito il Limonaccio voltandosi di scatto.
— Mi hanno pestato un callo.
Mentre il Limonaccio scrutava minacciosamente la fila per cercare il colpevole, alle sue spalle Cipollino diede il segnale: il detenuto balzo fuori della fila, picchio i piedi in terra e sprofondo. Rimase un'apertura abbastanza larga perche ci potesse passare un uomo e Cipollino fece correre la voce:
— Ad ogni giro fuggira un prigioniero, quello che io urtero col piede.
Cosi fu. Ad ogni giro un prigioniero balzava a sinistra, saltava nel buco e scompariva. Per prevenire il pericolo che il Limonaccio se ne accorgesse, dall'altra parte c'era sempre qualcuno che strillava forte forte:
— Ahi! Ahi!
— Che succede? — tuonava il Limonaccio.
— Mi hanno pestato un callo! — rispondeva una voce lamentosa.
— Questa mattina non fate altro che darvi pedate. State piu attenti.
Dopo cinque o sei giri, il Limonaccio comincio a sentirsi piuttosto inquieto. Guardava il cerchio dei prigionieri che gli facevano intorno il solito girotondo e pensava:
— Strano, giurerei che la fila si e accorciata.
Poi trovava che la sua era proprio una stupida fissazione. Ma subito dopo ripeteva:
— Eppure, eppure mi sembrano di meno.
Per convincersi che la sua impressione era sbagliata comincio a contare i prigionieri; ma siccome questi giravano in tondo, gli capito di non ricordarsi da quale aveva cominciato a contare e li conto due volte.
Cosi il conto non tornava, perche il totale era aumentato.
— Com'e possibile? Che stupida cosa l'aritmetica.
Avrete gia capito che il povero Limonaccio non era troppo forte in quella materia. Ricomincio il conto da capo, ed ogni volta che li contava i prigionieri crescevano di numero. Infine decise di non contarli piu, per non confondersi le idee. Guardo la fila, si frego gli occhi: i prigionieri si erano ridotti alla meta!
Alzo gli occhi al cielo per vedere se qualche prigioniero veleggiasse tra le nuvole e proprio in quel momento un altro ergastolano salto nella galleria e scomparve.
Cipollino non aveva cessato tutto il tempo di pensare a suo padre. Ogni volta che un prigioniero, davanti a lui, saltava a sinistra e si infilava nella galleria, gli si stringeva il cuore:
— Oh, se fosse il mio babbo!
Ma Cipollone era chiuso nella sua cella e non c'era da pensare a liberarlo. Cipollino decise in cuor suo che avrebbe fatto fuggire tutti i prigionieri e lui sarebbe rimasto con il padre. Non voleva la liberta, se non poteva goderne anche il vecchio Cipollone.
Ecco, ora non restavano che quindici prigionieri, dieci, nove, otto, sette…