Mastro Uvetta si gratto la testa, secondo il solito, e borbotto qualcosa, ma non si pote capire cosa. Intanto, da tutte le parti la gente veniva a vedere la casetta di Zucchina. Venne anche una schiera di monelli e il piu piccolo salto sul tetto della Casina, e comincio a ballare il girotondo:

Nella casa del sor Zucchina

la mano destra sta in cucina

la mano sinistra sta in cantina,

le gambe in camera da letto

e la testa esce dal tetto.

— Per carita, ragazzi, — si raccomandava Zucchina, — fate piano altrimenti mi crolla la casa. E' tanto delicata.

Per rabbonirli si cavo di tasca tre o quattro bei confetti rossi e verdi che ci stavano chissa da quanti anni e li offerse ai ragazzi: i quali si tuffarono strillando sulla mano e si azzuffarono per spartirsi il bottino.

Da quel giorno Zucchina, appena gli cresceva in tasca qualche spicciolo, comprava dei confetti e li metteva sul davanzale della finestra per i bambini, come si mettono le briciole per i passeri. Cosi se li fece amici.

Qualche volta li lasciava entrare a turno nella casetta e lui stava fuori a guardare che non facessero disastri.

* * *

Zucchina stava appunto raccontando a Cipollino tutte queste cose, quando una nuvola di polvere si levo in fondo al villaggio e subito si senti uno sbattere precipitoso di porte e di finestre. Si vide la moglie di Mastro Uvetta abbassare con gran furia la saracinesca. La gente si tappava in casa come se stesse per scoppiare il ciclone. Perfino le galline, i gatti ed i cani si diedero a scappare di qua e di la in cerca di un rifugio.

Cipollino non fece in tempo a informarsi di quel che stava succedendo: la nuvola di polvere, con un frastuono orribile, aveva gia attraversato il villaggio e si fermo proprio davanti alla casetta del sor Zucchina.

Tra la polvere comparve una carrozza tirata da quattro cavalli, che poi erano piuttosto quattro cetrioli, perche in quel paese, come avrete gia capito, erano tutti imparentati con qualche verdura. Dalla carrozza balzo a terra un personaggio imponente, vestito di verde, con una faccia rossa e tondo come un pomodoro troppo maturo che pareva sul punto di scoppiare.

Quel personaggio era difatti il Cavalier Pomodoro, Gran Maggiordomo e Amministratore del Castello delle Contesse del Ciliegio. Cipollino penso che doveva essere un poco di buono, se tutti scappavano a vederlo arrivare, e ad ogni buon conto si tiro in disparte.

Per intanto pero il Cavalier Pomodoro non faceva nulla di terribile. Cosa faceva? Fissava il sor Zucchina, lo fissava e lo fissava, crollando la testa minacciosamente, senza dire una parola.

Il povero sor Zucchina avrebbe voluto sprofondare, lui e la sua casetta.

Il sudore gli scendeva a ruscelli dalla fronte e gli entrava in bocca, ma lui non aveva nemmeno il coraggio di alzare una mano per asciugarselo e lo mandava giu: era salato ed amaro.

Il sor Zucchina chiuse gli occhi e penso: 'Ecco, Pomodoro non c'e piu. Io e la mia casetta siamo un marinaio e la sua barchetta in mezzo all'Oceano Pacifico, e l'acqua del mare e azzurra e calma e ci culla dolcemente. O come ci culla dolcemente, di qua e di la… di qua e di la…'

Macche Oceano Pacifico, macche Oceano Atlantico era il Cavalier Pomodoro che, afferrato il cucuzzolo del tetto, lo scrollava di qua e di la con tutta la sua forza, facendone cadere i tegoli.

Il sor Zucchina riapri gli occhi, mentre Pomodoro lanciava un ruggito spaventoso, che fece chiudere le finestre del villaggio anche piu strette di prima: e chi aveva dato un solo giro di chiave alla porta ne diede subito un secondo.

— Ladrone! — gridava Pomodoro. — Brigante! Tu hai costruito un palazzo sul terreno che appartiene alle Contesse del Ciliegio e pensi di passarci il resto dei tuoi giorni, oziando e ridendo alle spalle delle due povere vecchie! Ma te la faro vedere e signore, vedove e orfane di padre e di madre.

— Eccellenza! — pregava Zucchina. — Vi assicuro che il permesso di costruirmi qui la mia casetta mi e stato dato dal signor Conte Ciliegione!

Il Conte Ciliegione e morto da trentanni, pace al suo nocciolo. La terra e delle Contesse, e tu mi farai il piacere di andartene su due piedi. Del resto te lo dira l'avvocato. Avvocato! Avvocato!

Il sor Pisello, che era l'avvocato del paese, doveva essere stato tutto il tempo dietro la porta, pronto alla chiamata, perche schizzo fuori proprio come un pisello dal suo baccello. Ogni volta che Pomodoro scendeva al villaggio chiamava sempre l'avvocato per farsi dar ragione.

— Eccomi, Eccellenza! Ai Vostri ordini, — biascico Pisello, inchinandosi.

Ma era cosi piccolo che l'inchino non si vide: per paura di sembrare maleducato il sor Pisello fece addirittura una capriola, e ando a finire a gambe all'aria.

— Dite a quest'uomo che se ne deve andare subito, in nome della legge. E fate sapere a tutti quanti che le Contesse del Ciliegio hanno intenzione di mettere in questo canile un feroce mastino per tenere a bada i monelli, che da qualche tempo si dimostrano poco rispettosi.

— Ecco, io, veramente… — comincio a farfugliare il sor Pisello, diventando sempre piu verde per la paura.

— Che veramente e non veramente: siete avvocato si o no?

— Sissignore, Eccellenza Illustrissima: mi sono laureato in diritto civile, penale e penoso all'Universita di Salamanca.

— Basta cosi, allora. Se siete avvocato, ho ragione io. Potete andare.

— Sissignore, signor Cavaliere. — E il sor Pisello, senza farselo ripetere, scomparve piu svelto della coda di un topo.

— Hai sentito che cos'ha detto l'avvocato? — domando Pomodoro al sor Zucchina.

— L'avvocato non ha detto proprio niente.

— E osi anche rispondere, prepotentaccio?

— Eccellenza, io non ho aperto bocca, — balbetto Zucchina.

— Chi ha parlato, allora?

Pomodoro si guardo in giro minacciosamente.

— Birbante! Briccone! — disse ancora la voce.

— Chi ha parlato? Sara stato certo quel poco di buono di Mastro Uvetta, — concluse Pomodoro, e direttosi verso la bottega del ciabattino picchio con la sua mazza sulla saracinesca, dicendo:

— Lo so, lo so, Mastro Uvetta, che nella vostra bottega si fanno discorsi proibiti contro di me e contro le nobili Contesse del Ciliegio. Non avete alcun rispetto per quelle due poverine, vedove, orfane di padre e di madre e senza neanche uno zio. Ma verra anche la vostra volta. E allora vedremo chi ridera.

— Verra anche la tua volta, Pomodoro, e allora scoppierai, — disse di nuovo la voce.

E il padrone della voce, ossia Cipollino, si avvicino con le mani in tasca al terribile Cavaliere, il quale non sospetto nemmeno per un minuto che fosse stato quel ragazzotto a dirgli il fatto suo.

— Di dove sbuchi tu? Perche non sei al lavoro?

— Io non lavoro, — disse Cipollino, — io studio.

— E che cosa studi? Dove sono i libri?

— Studio i furfanti, Eccellenza. Giusto adesso me n'e capitato uno sotto il naso, e non voglio perdere l'occasione di studiarlo per vedere com'e fatto.

— Un furfante? Qui tutti dal piu al meno sono furfanti. Ma se ne hai trovato uno che non conosco, fammelo vedere.

— Certo, Eccellenza, — rispose Cipollino, strizzandogli l'occhio. Affondo ancora di piu la mano nella tasca sinistra e ne trasse uno specchietto che adoperava per andare a caccia di allodole. Ando a mettersi davanti al muso di Pomodoro e gli ficco lo specchio sotto il naso.

— Eccolo, Eccellenza: se lo guardi con comodo.

Pomodoro guardo con curiosita nello specchio. Chissa cosa credeva di vederci! Naturalmente, invece, ci vide la sua faccia, rossa di fuoco, con gli occhietti piccoli, con la bocca cattiva.

Finalmente capi che Cipollino lo stava prendendo per il naso: allora divenne addirittura furibondo. Lo afferro per i capelli a due mani e comincio a tirare.

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