se ne accorse, e credette bene di elogiare gli ergastolani:
— Cosi, cosi, — grido, — fuori il petto, dentro la pancia, indietro quelle spalle… Uno… due… uno… due…
Non sembrava piu la passeggiata di un gruppo di detenuti, ma la marcia di un plotone di soldati.
Quando Cipollino giunse al punto in cui aveva udito la voce della Talpa rallento.
— La galleria e pronta. L'imboccatura si trova un passo a sinistra dei tuoi piedi. Non hai che da saltare e la terra sprofondera, perche ne abbiamo lasciata solo una crosta sottilissima.
— Cominceremo al prossimo giro, — rispose Cipollino.
La Talpa disse ancora qualcosa, ma Cipollino era gia passato oltre.
Urto di nuovo col piede il detenuto che gli camminava davanti e bisbiglio:
— Al prossimo giro, quando ti urto col piede, gettati un passo a sinistra e salta battendo forte per terra.
Il prigioniero avrebbe voluto fare delle domande, ma in quel momento il Limonaccio che suonava il tamburo guardava proprio dalla sua parte.
Bisognava fare qualcosa per distrarlo. Subito un prigioniero grido.
— Ahi!
— Che cosa succede? — strepito il Limonaccio voltandosi di scatto.
— Mi hanno pestato un callo.
Mentre il Limonaccio scrutava minacciosamente la fila per cercare il colpevole, alle sue spalle Cipollino diede il segnale: il detenuto balzo fuori della fila, picchio i piedi in terra e sprofondo. Rimase un'apertura abbastanza larga perche ci potesse passare un uomo e Cipollino fece correre la voce:
— Ad ogni giro fuggira un prigioniero, quello che io urtero col piede.
Cosi fu. Ad ogni giro un prigioniero balzava a sinistra, saltava nel buco e scompariva. Per prevenire il pericolo che il Limonaccio se ne accorgesse, dall'altra parte c'era sempre qualcuno che strillava forte forte:
— Ahi! Ahi!
— Che succede? — tuonava il Limonaccio.
— Mi hanno pestato un callo! — rispondeva una voce lamentosa.
— Questa mattina non fate altro che darvi pedate. State piu attenti.
Dopo cinque o sei giri, il Limonaccio comincio a sentirsi piuttosto inquieto. Guardava il cerchio dei prigionieri che gli facevano intorno il solito girotondo e pensava:
— Strano, giurerei che la fila si e accorciata.
Poi trovava che la sua era proprio una stupida fissazione. Ma subito dopo ripeteva:
— Eppure, eppure mi sembrano di meno.
Per convincersi che la sua impressione era sbagliata comincio a contare i prigionieri; ma siccome questi giravano in tondo, gli capito di non ricordarsi da quale aveva cominciato a contare e li conto due volte.
Cosi il conto non tornava, perche il totale era aumentato.
— Com'e possibile? Che stupida cosa l'aritmetica.
Avrete gia capito che il povero Limonaccio non era troppo forte in quella materia. Ricomincio il conto da capo, ed ogni volta che li contava i prigionieri crescevano di numero. Infine decise di non contarli piu, per non confondersi le idee. Guardo la fila, si frego gli occhi: i prigionieri si erano ridotti alla meta!
Alzo gli occhi al cielo per vedere se qualche prigioniero veleggiasse tra le nuvole e proprio in quel momento un altro ergastolano salto nella galleria e scomparve.
Cipollino non aveva cessato tutto il tempo di pensare a suo padre. Ogni volta che un prigioniero, davanti a lui, saltava a sinistra e si infilava nella galleria, gli si stringeva il cuore:
— Oh, se fosse il mio babbo!
Ma Cipollone era chiuso nella sua cella e non c'era da pensare a liberarlo. Cipollino decise in cuor suo che avrebbe fatto fuggire tutti i prigionieri e lui sarebbe rimasto con il padre. Non voleva la liberta, se non poteva goderne anche il vecchio Cipollone.
Ecco, ora non restavano che quindici prigionieri, dieci, nove, otto, sette…
Il Limonaccio, sbalordito, continuava meccanicamente a suonare il tamburo.
— Qui il diavolo ci ha messo la coda, — pensava sgomento fra se, — ad ogni giro ne scompare uno. Che devo fare? Mancano ancora sette minuti a finire la passeggiata. Il regolamento e regolamento. E se prima della passeggiata sono scomparsi tutti? Ecco, ora ne restano solo sei. Ma che dico? Ne restano solo cinque.
Cipollino aveva la morte nel cuore. Provo a chiamare la Talpa ma non ottenne risposta: avrebbe voluto salutarla, dirle perche non poteva fuggire.
In quel momento, il Limonaccio, finalmente deciso a porre termine all'incantesimo che gli aveva fatto sparire sotto il naso tutti i prigionieri grido:
— Alt!
Restavano quattro prigionieri e Cipollino.
Si fermarono sull'attenti e si guardarono in faccia.
— Via presto, — grido Cipollino, — prima che il Limonaccio dia l'allarme.
I prigionieri non se lo fecero ridire: uno dopo l'altro si tuffarono nella galleria. Cipollino non si muoveva, ma ad un tratto si senti afferrare per le gambe. I suoi compagni avevano indovinato il suo pensiero e senza tanti complimenti lo tirarono giu nella galleria.
— Non fare lo stupido, — gridavano, — fuori di prigione potrai essere piu utile al tuo babbo che dentro. Vieni via, presto!
— Aspettatemi, aspettatemi! — supplicava piangendo il Limonaccio, che aveva finalmente scoperto il trucco, — vengo anch'io. Non abbandonatemi! Il Principe mi farebbe impiccare. Fatemi venire con voi.
— Aspettiamolo, — ordino Cipollino, — dobbiamo anche alla sua scarsa conoscenza dell'aritmetica se siamo riusciti a fuggire.
— Pero facciamo presto, — esorto una voce nasale al suo fianco, — qui c'e tanta luce che non vorrei prendermi un'insolazione.
— Vecchia Talpa, — esclamo Cipollino, — non possiamo fuggire. Il mio babbo e malato e chiuso nella sua cella.
La Talpa si gratto la testa.
— Ho visto dov'e la sua cella, — disse poi, — ho studiato molto bene la pianta del carcere che mi hai mandata. Ma faremo in tempo? Avresti dovuto avvisarmi prima.
Lancio un richiamo, e in meno che non si dica un centinaio di talpe si radunarono zampettando davanti a Cipollino.
— Dobbiamo scavare un'altra piccola galleria, — annuncio la Vecchia Talpa. — Questione di un quarto d'ora.
Le talpe non stettero nemmeno a pensarci, e si lanciarono nella direzione indicata. In pochi minuti la cella di Cipollone fu raggiunta. Cipollino vi balzo dentro per il primo; il suo babbo era la, sdraiato sul tavolaccio e delirava.
Fecero appena in tempo a farlo scendere nella galleria, mentre nelle celle irrompevano le guardie che stavano facendo il giro del carcere per cercare i prigionieri, non riuscendo a spiegarsi la loro scomparsa.
Quando si resero conto che i prigionieri erano fuggiti, pensarono spaventati alle terribili punizioni che avrebbero ricevute dal Principe e tutti d'accordo gettarono le armi e si infilarono a loro volta nella galleria scavata dalle talpe.
Giunti in aperta campagna, entrarono nelle case dei contadini, si spogliarono delle divise e indossarono abiti da lavoro.
Gettarono via anche i campanelli che avevano sul berretto: raccogliamoli noi, e diamoli ai bambini da giocare.
Come dite? Cipollino?
Ah, la Talpa e Cipollino, credendosi inseguiti dalle guardie, si erano allontanati per un'altra galleria, abbandonando il condotto che portava in campagna. Ecco perche le guardie non li avevano raggiunti.
«Ma adesso dove si trovano?». Pazienza, lo saprete.