incontrata. Sapevi benissimo che non aveva nessuna esperienza, ma l’hai assunta lo stesso.»
«Non voglio parlare di queste cose al cellulare. Per quanto sicuri possano essere quelli che usiamo noi.»
«Hai ragione. Comunque dovresti parlarne allo strizzacervelli.» E cosi che chiama Benton Wesley. «Davvero, secondo me dovresti raccontargli tutta la storia: chissa che non gli venga qualche idea. Gli mando l’articolo via e- mail, avvertilo. Le impronte dimostrano che a metterti una bomba nella cassetta delle lettere e stato lo stesso pazzoide che ha disegnato l’occhio.»
«Lo sapevo anche prima. Non potevano essere due persone diverse. E con lo strizzacervelli ho gia parlato» aggiunge poi. «Mi aiutera nella prossima operazione.»
«Buona idea. A proposito, quasi dimenticavo. Ho trovato un capello nel nastro isolante della molotov.»
«Descrivimelo.»
«Lungo una quindicina di centimetri, scuro, ondulato. Ti racconto meglio dopo, dal fisso. Adesso ho da fare» taglia corto. «Se riuscissi a farti dire qualcosa dalla tua amica… Magari lei sa qualcosa. Sempre che non ti riempia di balle come al solito.»
«Ti ho detto di non chiamarla “la mia amica”» protesta Lucy. «Rudy, cerchiamo di non litigare.»
39
Vedendo entrare Kay Scarpetta con Pete Marino, che si sforza di camminare normalmente, Bruce si alza dalla sua postazione alla reception con la faccia sconsolata.
«Il capo mi ha ordinato di non far entrare nessuno» dice, senza guardarli negli occhi. «Ma forse non si riferiva a voi. Avete appuntamento?»
«No, non abbiamo nessun appuntamento» risponde Kay Scarpetta disinvolta. Ormai niente la sorprende piu. «Probabilmente si riferiva proprio a me, invece.»
«Mi dispiace, dottoressa.» Bruce e in imbarazzo. E arrossito. «Come va, Pete?»
Marino si appoggia al tavolo della reception con le gambe larghe e i pantaloni con il cavallo piu basso del solito. «Diciamo che sono stato meglio» risponde. «Dunque il grande capo non ci vuol far entrare. E cosi, Bruce?»
«E un bordello…» comincia lui, ma non finisce la frase, per paura di perdere il posto di lavoro. Ha una bella divisa blu di prussia, una pistola, lavora in un ufficio prestigioso… Gli conviene mordersi la lingua, far finta di niente e non dire quanto gli sta antipatico il dottor Marcus.
«Be’, non vorrei dargli un dispiacere, ma in realta non siamo venuti qui per lui» continua Marino. «Dobbiamo lasciare dei campioni in laboratorio, a Eise. Senti, Bruce, che cosa ti ha detto precisamente? Mi ripeti le parole esatte?»
«E un bordello…» ripete Bruce. Scuote la testa, ma poi si morde di nuovo la lingua: quel lavoro gli piace.
«Non importa» interviene Kay Scarpetta. «Ho ricevuto il messaggio forte e chiaro. Grazie di avermelo detto. Dovevo pur saperlo.»
«Avrebbe dovuto dirglielo lui.» Bruce si rende conto di aver parlato troppo e si zittisce, guardandosi intorno. «Comunque sappia che siamo stati tutti contenti di vederla, dottoressa.»
«Proprio tutti no, mi pare.» Sorride. «Non c’e problema. Vogliamo dire a Eise che siamo qui? Ci aspettava» aggiunge.
«Si, certo» risponde Bruce, lievemente sollevato. Prende il telefono, chiama l’interno di Eise e riferisce il messaggio.
Kay Scarpetta e Marino aspettano davanti all’ascensore, che si attiva solo con il tesserino magnetico del personale autorizzato a utilizzarlo. Eise lo manda al pianoterra, Kay Scarpetta e Marino vi salgono e premono il pulsante numero 3.
«Quel bastardo vuole fare a meno di te, dunque» dice Marino appena si chiudono le porte.
«Gia» replica Kay, con la borsa di nylon nera a tracolla.
«Che cosa intendi fare? Non puo mica chiederti una consulenza, farti venire a Richmond e poi trattarti come una merda! Non capisco perche non l’abbiano gia mandato via a calci nel culo.»
«Vedrai che, se continua cosi, prima o poi succedera. E comunque io ho altro da fare» risponde. Junius Eise li aspetta davanti all’ascensore, in un corridoio bianco.
«Grazie, Junius» dice Kay Scarpetta, stringendogli la mano. «E un piacere rivederla.»
«Si figuri, dottoressa. Piacere mio» replica, un po’ in imbarazzo.
E un uomo strano, con gli occhi chiarissimi e la tipica cicatrice sortile fra il labbro superiore e il naso di chi e nato con il labbro leporino quando la chirurgia plastica non era ancora ai livelli di adesso. Ma Eise ha qualcosa di strano indipendentemente dall’aspetto, Kay Scarpetta l’ha sempre pensato. Quando dirigeva lei l’istituto a volte lo incontrava per i corridoi e ogni tanto discutevano qualche caso. Era infatti gentile e rispettosa con i dipendenti, benche fosse sempre un po’ sulle sue e non desse confidenza a nessuno.
Segue Eise lungo una serie di corridoi bianchi e vede dalle porte a vetro i tecnici al lavoro. Sa di incutere soggezione al prossimo. Sa che, quando dirigeva l’istituto, era piu rispettata che amata. Questo le dispiaceva, ma lo accettava perche era meglio cosi. Adesso pero non dirige piu l’istituto, e severita e durezza non sono piu necessarie.
«Come va la vita, Junius?» domanda al tecnico. «Ho saputo che l’altra sera avete fatto baldoria, lei e Marino. Spero che questa storia delle tracce identiche su due cadaveri diversi non la stressi eccessivamente. Sono certa che scoprira che cosa e successo.»
Eise la guarda scettico. «Speriamo» dice, a disagio. «L’unica cosa di cui sono certo e che non ho fatto confusione fra i campioni. Su questo potrei mettere la mano sul fuoco.»
«So che e un uomo molto preciso» replica Kay Scarpetta.
«Grazie. Detto da lei, e un vero complimento.» Passa il tesserino magnetico su un sensore alla parete, facendo scattare la serratura della porta del laboratorio. «Comunque non sono io a dover far luce sulla vicenda» continua. «Posso dire solo che non ho scambiato etichette o fatto altre sviste di questo genere. In tanti anni che lavoro qui, non e mai successo. Quando ho rischiato di commettere un errore, me ne sono sempre accorto in tempo.»
«Certo.»
«Ricorda Kit?» domanda poi Eise. «Purtroppo e in malattia perche si e buscata l’influenza. Che roba! C’e mezzo mondo a casa con la febbre. Be’, e proprio un peccato che non ci sia, perche aveva voglia di vederla e di salutarla. Sentiamo tutti la sua mancanza.»
«Grazie. Dispiace anche a me non averla rivista» replica Kay Scarpetta. Sono davanti al lungo bancone nero dove lavora di solito Eise.
«C’e un posticino tranquillo con un telefono, da queste parti?» chiede Marino.
«Si, certo. La stanza del capo sezione, qui dietro l’angolo. Oggi la dottoressa non c’e, e in tribunale. Vai pure, non credo che le dara fastidio se usi il suo telefono.»
«Vi lascio, allora» dice Marino, avviandosi a passi lenti, con l’andatura di un cowboy reduce da una lunga cavalcata.
Eise copre il bancone con carta bianca e Kay Scarpetta ci posa sopra i campioni che estrae dalla borsa nera. Prende una seggiola e si siede accanto al tecnico, davanti al microscopio. Eise le porge un paio di guanti di lattice e si mette all’opera. Prende una spatolina di acciaio, la infila in un sacchetto, raccoglie una quantita minuscola di terra rossa e sabbiosa e la spalma su un vetrino pulito, che poi sistema sul microscopio. Si avvicina all’oculare, regola la messa a fuoco e sposta leggermente il vetrino. Poi lo toglie dal microscopio, lo mette da una parte e ripete l’operazione con un altro campione di terra.
Trova qualcosa di interessante soltanto alla seconda bustina.
«Se non ce l’avessi sotto gli occhi, non ci crederei» dice, allontanandosi dall’oculare per farle posto. «Guardi.»
Kay Scarpetta si avvicina e guarda sul vetrino un campione della terra che ha raccolto nel cantiere in cui e morto Ted Whitby. Fra particelle di silice e altri minerali, frammenti di insetti, di piante e di tabacco, ci sono anche