«Mi arrendo» dice Eise.

«Anch’io, almeno per il momento» gli fa eco Kay Scarpetta.

«Sono ossa umane?»

«Sara difficile accertarlo, a meno che non siano recenti.»

«Che cosa intende per “recenti”?»

«Di qualche anno, non decenni» risponde lei. «Possiamo controllare se ci sono impronte digitali ed effettuare un’analisi dei marcatori STR e del DNA mitocondriale, se il campione non e troppo vecchio o deteriorato. Per la prova del DNA, piu che la quantita, e importante la qualita del reperto, ma sono pessimista. Sui resti di cremazione possiamo scordarcela. Quanto alle particelle non bruciate, non posso dirlo con certezza, ma mi sembra materiale vecchio ed eroso. Si puo provare a mandarlo al Bode e vedere se riescono a ricavarci qualcosa, ma siccome la quantita e minima, rischiamo di usarla tutta. Potremmo non trovare niente e non avere piu materiale su cui effettuare eventualmente altre prove.»

«Vorrei occuparmi di DNA. Avrei molti piu finanziamenti.»

«Rifletteteci e valutate che cosa vi conviene fare» dichiara Kay Scarpetta alzandosi dalla sedia. «Personalmente, conserverei i campioni nel caso dovessero servire in un secondo tempo. La cosa piu importante mi sembra che queste particelle di osso sono presenti su due cadaveri che non hanno nessun legame fra loro.»

«Sono d’accordo.»

«Lascio a lei l’onore di riferire la scoperta al dottor Marcus» dice ironica Kay Scarpetta.

«Sara lieto di ricevere un’altra e-mail da parte mia» scherza Eise. «Vorrei poterle dare buone notizie, dottoressa, ma per controllare tutti i campioni che ha raccolto mi ci vorra un po’ di tempo. Qualche giorno, direi. Devo preparare i vetrini, lasciarli asciugare, separare le particelle… E un lavoraccio, perche non ho un agitatore automatico. Ne ho richiesto l’acquisto, ma mi hanno detto che, siccome costa seimila dollari, me lo posso scordare. Solo asciugatura e setacciatura, quindi, richiederanno giorni. Poi devo controllare tutto io, con questo microscopio, quello elettronico a scansione e cos’altro ci vorra. A proposito, le ho mai regalato uno dei miei attrezzi? Li fabbrico personalmente per i miei collaboratori. Li trovo utilissimi.»

Esamina alcuni filamenti di tungsteno e ne sceglie uno particolarmente appuntito e diritto. Lo mostra orgoglioso a Kay Scarpetta e si china per porgerglielo come se fosse una rosa rossa.

«Grazie, Junius» dice lei. «Molto gentile.»

40

Non riuscendo ad affrontare il problema in maniera costruttiva, Kay Scarpetta smette di pensare all’alluminio verniciato e alla polvere di osso. Se continua a spaccarsi la testa su quelle particelle di vernice bianca, rossa e blu mischiate alla polvere di osso, diventera matta.

Il cielo e grigio e l’aria pesante: sta per scoppiare un altro temporale. Scende dall’auto con Marino e chiude la portiera. Non vedendo luci accese nella casa di mattoni con il tetto di ardesia malconcio dietro alla casa di Suzanna Paulsson, si sente prendere dallo scoramento.

«Sei sicuro che verra?» domanda a Marino.

«Me l’ha assicurato. In ogni caso, mi ha anche detto dov’e la chiave. Voleva che potessimo fare a meno di lui, ne deduco.»

«Se mi stai dicendo che vuoi entrare in quella casa anche senza l’agente immobiliare, ti avviso che non se ne parla» ribatte Kay Scarpetta guardando la porta di ingresso di legno rinforzato e le finestre buie. La casa e piccola e vecchia, e ha l’aria trascurata. Nel giardino ci sono alberi di magnolia spogli, arbusti che sembrano non essere stati potati da anni, alcuni grossi pini e aghi e pigne dappertutto.

«Io non ti sto dicendo niente» replica Marino guardando la strada deserta. «Ti informo solo che l’agente immobiliare mi ha spiegato dove posso trovare la chiave e mi ha avvertito che non c’e antifurto. Secondo te, perche lo ha fatto?»

«Non importa quello che ti ha detto o non ti ha detto» ribatte Kay Scarpetta, pur sapendo che non e vero. Intuisce gia come andra a finire.

L’agente immobiliare non aveva voglia di muoversi, oppure non vuole immischiarsi, e quindi ha dato loro l’opportunita di andare a vedere la casa in sua assenza. Kay si infila le mani nelle tasche del cappotto. Porta a tracolla la borsa di nylon nera con tutto l’occorrente per raccogliere prove e indizi. E molto piu leggera, senza i campioni di terra che ha lasciato a Eise.

«Almeno un’occhiata dalla finestra la posso dare?» dice Marino, avviandosi lentamente, con le gambe larghe, attento a dove mette i piedi. «Tu resti in macchina o mi segui?» domanda, senza neppure voltarsi.

Ha fatto una ricerca sull’elenco telefonico, e ha trovato l’agenzia immobiliare a cui e stata affidata la casa. L’uomo con il quale ha parlato gli ha detto che da un anno nessuno chiede di visitarla e non sembrava per niente interessato a venderla. La proprietaria e una certa Bernice Towle, che abita nel South Carolina e si rifiuta sia di mettere a posto l’immobile sia di scendere di prezzo, per cui la vendita risulta impossibile. Secondo l’agente immobiliare, non ci abita nessuno, anche se di tanto in tanto la signora Towle vi ospita alcuni conoscenti. Purtroppo non gli ha saputo dire ne quando, ne per quanto tempo. La polizia di Richmond se ne e disinteressata perche a tutti gli effetti la casa risulta disabitata e quindi irrilevante ai fini delle indagini sulla morte di Gilly Paulsson. Per gli stessi motivi, anche l’FBI ha ritenuto di non svolgere controlli. Pete Marino e Kay Scarpetta, invece, vogliono indagare, perche in un caso di omicidio non va trascurato nessun dettaglio.

Kay Scarpetta si incammina sul vialetto, che dopo la pioggia e sdrucciolevole, e pensa che se fosse suo lo laverebbe con la candeggina. Raggiunge Marino, che sta sbirciando dalla finestra.

«Se vogliamo fare i guardoni, tanto vale che entriamo» gli dice Kay. «Dov’e la chiave?»

«Sotto quel vaso, credo.» Indica una pianta di bosso, talmente grande che il vaso e nascosto dalle foglie.

Kay Scarpetta si avvicina, infila le mani fra i rami e vede che nel vaso ci sono due o tre dita di acqua verdognola puzzolente. Sposta il bosso e trova un quadrato di carta stagnola, sporco e pieno di ragnatele, dentro cui c’e una chiave di ottone brunito, che deve giacere li inutilizzata da mesi. La porge a Marino: non vuole essere lei ad aprire.

In casa c’e odore di chiuso e fa freddo. Kay Scarpetta sente anche odore di sigaro. Marino cerca l’interruttore, lo trova e prova invano ad accendere la luce.

«Tieni» dice Kay porgendogli un paio di guanti di cotone. «Combinazione, ne ho un paio anche della tua misura.»

«Pero.» Se li infila. Anche lei ne indossa un paio.

Vicino al muro c’e un tavolo con una lampada sopra. Kay Scarpetta prova ad accenderla e ci riesce. «Be’, la corrente non e staccata» dice. «Chissa se funziona anche il telefono.»

Solleva la cornetta di un vecchio apparecchio nero e la avvicina all’orecchio. Silenzio assoluto. «No, il telefono e staccato» dichiara. «Tu non senti odore di sigaro?»

«Se stacchi la corrente, gela l’acqua nei tubi» dice Marino. Annusa l’aria e si guarda intorno. Il salotto sembra piu piccolo, con lui dentro. «No, io non sento nessun odore di sigaro. Solo di polvere e muffa. Ma tu hai l’olfatto migliore del mio.»

Kay Scarpetta resta vicino alla lampada e osserva la stanzetta piccola e buia, con un divano rivestito di stoffa a motivi floreali sotto la finestra e una poltroncina in un angolo. Vede un tavolino di legno scuro, basso, con diverse pile di riviste sopra e si avvicina a dare un’occhiata. «Questo proprio non me l’aspettavo» dichiara, sfogliando un numero di “Variety”.

«Che cosa?» domanda Marino avvicinandosi.

«E un settimanale specializzato per operatori dello spettacolo» spiega lei. «Questo e del novembre scorso. Strano» dice, leggendo la data. «A meno che la signora Towle non faccia l’attrice.»

«Forse ama semplicemente tenersi aggiornata sui VIP, come la maggioranza della popolazione» dice Marino, poco interessato.

«La maggioranza della popolazione legge “People”, “Entertainment Weekly” e roba del genere, non “Variety”. Questa e una pubblicazione per specialisti» ribadisce. Guarda le altre riviste. «“Hollywood Reporter”,

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