– Dev'essere un altro dottor Zugsmith – osservai. – E il vostro nome?
– Non so ancora se ve lo diro.
– State solo dando un'occhiata alle vetrine, eh?
– Suppongo che si possa dire cosi. Se devo raccontare i miei affari di famiglia a un perfetto estraneo avro per lo meno il diritto di decidere se e una persona di cui mi possa fidare.
– Ve l'ha mai detto nessuno che siete una pupetta in gamba?
– Voglio sperare di no.
Presi una pipa e cominciai a riempirla.
– 'Sperare' non e il termine esatto – affermai. – Buttate via quel cappellino e compratevi un paio di occhiali con la montatura colorata. Sapete, quelli obliqui, che fanno tanto orientale…
– Il dottor Zugsmith non mi permetterebbe mai una cosa del genere – disse lei, in tono frettoloso. Poi soggiunse: – Credete davvero? – e arrossi, impercettibilmente.
Accesi la pipa e soffiai una boccata di fumo di fronte a me. La ragazza sbatte le palpebre.
– Se mi assumete – le dissi – io sono l'uomo che assumete. Io. Cosi come sono. Se pensate di poter trovare dei fabbricieri di parrocchia, nel mio ramo, siete pazza. Ho appeso il telefono senza lasciarvi finire, ma siete venuta su ugualmente. Quindi avete bisogno di aiuto. Come vi chiamate e in che grana siete?
Lei si limito a guardarmi fisso.
– Datemi retta – ripresi. – Voi venite da Manhattan, Kansas. L'ultima volta che ho studiato l'Almanacco del Mondo era una cittadina poco distante da Topeka. Popolazione dodicimila abitanti circa. Voi lavorate per il dottor Alfred Zugsmith e state cercando una persona che si chiama Orrin.
Manhattan e molto piccola. Dev'esserlo, per forza. Solo una mezza dozzina di citta, nel Kansas, non lo sono. Ho gia in mano abbastanza informazioni su di voi da poter scoprire tutta la storia della vostra famiglia.
– Ma perche dovreste farlo?
– Io? Non ne ho la minima voglia. Sono stufo marcio della gente che viene a raccontarmi storie. Me ne sto seduto qui perche non so dove andare. Non ho voglia di lavorare. Non ho voglia di niente.
– Parlate troppo.
– Si – ammisi – parlo troppo. Sempre, i solitari parlano troppo. Oppure non parlano affatto. Non ci conviene occuparci d'affari? Non mi sembrate il tipo che si rivolge a un investigatore privato, soprattutto a un investigatore privato che non conosce.
– Lo so – rispose lei, quietamente. – E se Orrin lo sapesse, diverrebbe livido di bile. Anche mamma andrebbe su tutte le furie. Ho scelto il vostro nome, sulla guida dei telefoni…
– In base a quale principio? – m'informai. – E tenevate gli occhi aperti o chiusi?
La ragazza mi fisso, per qualche secondo, come se fossi stato un fenomeno vivente.
– Sette e tredici – rispose con calma.
– Che?
– Marlowe ha sette lettere, e Philip Marlowe ne ha tredici. Sette piu tredici fa…
– Come vi chiamate? – domandai, quasi con un ruggito.
– Orfamay Quest. – Strizzo gli occhi, come se stesse per piangere. E mi spiego come si scriveva il suo nome. – Vivo con mia madre – riprese poi, parlando piu in fretta, come se il mio tempo le costasse danaro. – Mio padre e morto quattr'anni fa. Era medico. Mio fratello Orrin avrebbe dovuto diventare chirurgo, ma e passato a ingegneria dopo due anni di medicina. Poi, un anno fa, Orrin e venuto qui a lavorare per la Societa Aerea Cal-Western. Non ne aveva veramente bisogno. Aveva un buon impiego a Wichita. Credo che, piu che altro, ci tenesse a vedere la California. Quasi tutti ci tengono.
– Pressoche tutti – corressi. – Se insistete a portare gli occhiali senza montatura dovete almeno cercare di esprimervi secondo il vostro tipo.
Lei diede una risatina soffocata, da scolaretta, e traccio una riga attraverso la scrivania, con un dito, tenendo gli occhi bassi. – Volete dire quegli occhiali obliqui, che danno un'aria un po' orientale?
– Precisamente. Ma torniamo a Orrin. L'abbiamo trasferito in California e gli abbiamo fatto prendere alloggio a Bay City. E ora? Che ne facciamo di lui?
La visitatrice ci penso sopra un momento, corrugando la fronte. Poi studio il mio viso, come per decidersi. Finalmente le parole sgorgarono come il getto di una fontana.
– Non era nel carattere di Orrin, non scrivere regolarmente a casa. Viceversa negli ultimi sei mesi ha scritto solo due volte a mamma e tre a me.
Noi abbiamo cominciato a preoccuparci. Cosi quando mi son toccate le vacanze sono venuta a trovarlo. Non avevo mai lasciato il Kansas, prima d'ora. – S'interruppe. – Non prendete appunti? – domando.
Feci un versaccio.
– Credevo che gli investigatori annotassero sempre ogni cosa su un taccuino piccolo piccolo.
– Le barzellette le diro io. Voi raccontate la storia. Dunque siete venuta qui, approfittando delle vacanze. E poi?
– Avevo scritto a Orrin, annunziandogli il mio arrivo, ma non ha risposto. Gli ho mandato un telegramma da Salt Lake City, ma non ha risposto nemmeno a quello. Cosi, non ho potuto fare altro che andare dove abitava.
E stato un tragitto orribilmente lungo. Orrin stava a Bay City, Idaho Street,
449.
Si interruppe di nuovo, ripete l'indirizzo, e di nuovo io non ne presi nota.
Mi limitai a starmene seduto, osservando i suoi occhiali, i capelli lisci, castani, lo stupido cappellino sguernito, le unghie senza colore, la bocca senza rossetto e la punta della piccola lingua che andava e veniva, tra le labbra pallide.
– Forse non conoscete Bay City, signor Marlowe..
– Oh – sospirai, – di Bay City so solo che, ogni volta che ci vado, devo comprarmi un cranio nuovo. Volete che termini la storia per voi?
– Cooosa?
Gli occhi si spalancarono tanto che, dietro gli occhiali, fecero l'effetto di pesci d'acqua profonda.
– Orrin ha cambiato casa – dissi. – Voi non sapete dove si e trasferito. E avete paura che viva una vita di peccato in un lussuoso attico dei quartieri alti in compagnia d'una creatura con una lunga pelliccia di visone e un profumo travolgente.
– Oh, per l'amor del cielo!
– Sono volgare?
– Vi prego, signor Marlowe – fece la ragazza dopo un po'. – Io non penso niente di simile, nei riguardi di Orrin. E se Orrin vi sentisse vi farebbe pentire. Sa essere tremendamente cattivo, a volte. Ma io son certa che dev'essere accaduto qualcosa. Era una pensione di infimo ordine, e il direttore non mi e piaciuto affatto. E un uomo disgustoso. Ha detto che Orrin se ne era andato due settimane fa, che lui non sapeva dove, e non gli importava affatto di saperlo, e tutto quel che voleva era un bel cicchettone di gin. Non capisco proprio perche Orrin si sia adattato a vivere in un posto simile.
– Avete detto 'cicchettone di gin'?
La ragazza arrossi.
– Cosi ha detto il direttore. Io sto solo riferendovi.
– D'accordo. Continuate.
– Be', allora sono andata al posto in cui lavora. La Societa Aerea CalWestern, sapete. Li m'han detto che mio fratello era stato licenziato, insieme a moltissimi altri, e questo era tutto quel che ne sapevano. Cosi sono stata all'Ufficio postale, per sentire se Orrin aveva notificato un cambiamento d'indirizzo, e m'hanno risposto che non potevano darmi nessuna informazione. Era contro il regolamento. Ho spiegato chi ero e l'impiegato ha detto che se ero la sorella sarebbe andato a dare un'occhiata. Ci e andato, infatti, e quando e tornato mi ha detto di no. Orrin non aveva notificato nessun cambiamento d'indirizzo. Allora ho cominciato ad avere un po' di paura. Puo essergli accaduto un incidente, o qualcosa di simile.