chiedere informazioni. La percorse, guardando attentamente ogni ombra. La casa che cercava era d'angolo. Era un piccolo edificio a due piani. Non c'erano luci accese alle finestre. Fenner spalanco il cancello e prese il sentiero, leggermente in salita. Con gli occhi scrutava le finestre scure, cercando un segno di vita. Non si fermo davanti all'ingresso principale, ma fece il giro della casa. Non c'erano luci accese nemmeno sul retro. Trovo una finestra che era abbassata di appena pochi centimetri e fece lampeggiare la torcia nella stanza. Era completamente vuota. Vedeva la polvere sul pavimento. In pochi minuti, apri del tutto la finestra ed entro. Stava attento a non fare alcun rumore e camminava sulle assi del pavimento con circospezione.
Silenziosamente provo la maniglia della porta, l'apri e si trovo in un piccolo ingresso. La luce della torcia illumino un tappeto e un grande armadio. Di fronte c'erano le scale. Fenner rimase in ascolto, ma non gli giunse alcun rumore, eccetto il vago ronzio del traffico della strada.
Sali le scale con la 38 in mano. Aveva la bocca tirata verso il basso, e i muscoli della faccia tesi. Sul corridoio si fermo un'altra volta, in ascolto.
C'era una strana puzza che gli era vagamente familiare. Arriccio il naso, chiedendosi cosa poteva essere.
Aveva tre porte di fronte. Scelse quella centrale. Giro la maniglia dolcemente e apri. La puzza era piu forte ora. Gli ricordava l'odore che c'e in una macelleria. Quando ebbe aperto la porta a meta, si fermo e tese l'orecchio, poi entro e si chiuse la porta alle spalle. Con la torcia, trovo l'interruttore e lo premette.
Guardo la camera da letto bene ammobiliata, con il dito che fremeva sul grilletto della pistola. Non c'era nessuno. Si volto e giro la chiave nella serratura. Non voleva correre rischi. Poi contemplo la stanza, pensoso.
Era la camera di una donna. Sulla toeletta, le solite cianfrusaglie. Il letto era piccolo, e un porta-camicia-da notte a forma di bambola dai capelli bianchi, giaceva sul cuscino.
Fenner ando al guardaroba e vi guardo dentro. C'era un solo abito appeso. Nient'altro: era l'abito che Marian Daley indossava quando era andata da lui.
Fenner lo tocco, assorto, mentre cercava di ricordare Marian Daley. Tolse l'abito dal guardaroba e lo butto sul letto. C'era piu slancio nelle sue gambe, mentre si accostava alla cassettiera. Nel primo cassetto c'era un grazioso cappellino. Butto anche quello sul letto. In un altro cassetto trovo un mucchietto di biancheria intima, un reggicalze, un paio di calze e un paio di scarpe. Butto tutto sul letto. Poi ando alla toeletta e apri il cassettino sotto lo specchio. Ficcata dentro, c'era la borsetta. La tiro fuori a fatica, e con quella in mano si porto in mezzo alla stanza. Si sedette sul letto, picchiando la borsetta contro il palmo della mano aperta e fissando il tappeto con rabbia. Non gli piaceva tutta questa storia.
Apri la borsetta e ne rovescio il contenuto sul letto. Le solite cose che porta con se una ragazza si rovesciarono in un piccolo, quasi patetico, mucchietto. Smosse il mucchietto con le dita, e poi guardo ancora nella borsetta. Non c'era nient'altro ma ficco ugualmente dentro due dita e strappo la fodera. Spiegazzato sul fondo, nascosto o magari soltanto scivolato attraverso la fodera, c'era un pezzo di carta. L'apri e lo lesse. Era un biglietto scritto con una grafia trasandata e larga.
'Key West
'Cara Marian, non preoccuparti. Noolen ha promesso di aiutarmi. Pio non sa ancora niente. Vedrai che tutto si aggiustera, ora.'
Fenner piego il pezzo di carta con cura e l'infilo nel portasigarette. Si sedette sul letto, pensando. Key West era in Florida… i due erano cubani. I conti cominciavano a quadrare. Si rialzo e compi una perquisizione sistematica della stanza, ma non trovo altro. Poi fece scattare la serratura della porta, spense la luce e passo nel corridoio.
Ando verso l'uscio a sinistra: C'era una stanza da bagno, piuttosto grande. Assicuratosi che la tapparella della finestra fosse abbassata, cerco l'interruttore. La puzza che stagnava li dentro gli dava la nausea. Sapeva che cos'era, ma si fece forza e accese la luce.
La stanza sembrava un mattatoio dopo una giornata di pieno lavoro. La vasca accanto al muro era coperta di lenzuola bagnate di sangue. La parete aveva ovunque macchie rosse. Il pavimento, accanto alla vasca, era pure rosso. Si avvicino e sposto le lenzuola.
Fenner era un duro. Aveva lavorato nell'ambiente giornalistico per anni, e una morte violenta non lo impressionava molto. Si era abituato all'idea che la violenza significasse semplicemente una testata diversa del giornale, ma questa volta ne fu scosso. Ne fu scosso perche conosceva la vittima.
Era la sua cliente, e soltanto poche ore prima quella era stata una ragazza giovane, piena di vita.
Non c'era da sbagliarsi su quello che vedeva nella vasca. I segni bluastri ancora deturpavano il suo corpo.
Fenner fece ricadere il lenzuolo e usci dalla stanza. Chiuse la porta gentilmente e ci si appoggio. Avrebbe dato chissa che cosa per un whisky.
Rimase immobile, la mente vuota, finche la prima impressione non fu passata. Poi si asciugo il viso con un fazzoletto e si diresse verso le scale.
Grosset doveva essere avvertito subito. Bisognava metter le mani sui due cubani al piu presto. Si fermo, meditabondo. Il cadavere era stato fatto a pezzi. Mancavano le gambe e un braccio. Mancava anche la testa. Due uomini potevano portare i pezzi in una valigia senza destare sospetti. Ecco!
La stavano scaricando da qualche parte e presto sarebbero stati di ritorno a ritirare il resto del corpo.
Gli occhi di Fenner si rimpicciolirono. Tutto quello che gli restava da fare, era di aspettarli, e poi fargliela pagare.
Prima che avesse il tempo di decidere se era meglio cercare un telefono e mettersi in contatto con Grosset, o semplicemente aspettare e cavarsela da solo, senti che una macchina si accostava al marciapiede e si fermava; una portiera venne sbattuta.
Rientro silenziosamente nella camera da letto, mentre la rivoltella gli scivolava in mano. Lascio la porta aperta di pochi centimetri.
Udi la porta dell'ingresso principale che veniva aperta e poi richiusa.
Una luce venne accesa nell'ingresso. Usci dalla stanza e sbircio dalla ringhiera. Erano i due cubani. Stavano sul chi va la, in ascolto. Fenner resto dov'era, senza battere ciglio. Portavano entrambi una grossa valigia. Li vide scambiarsi un'occhiata. Poi il piu basso mormoro qualcosa all'altro, che appoggio la valigia per terra e infilo di corsa le scale. Sali cosi in fretta che Fenner non ebbe il tempo di tirarsi indietro.
Il cubano lo vide mentre passava da una rampa all'altra e infilo la mano nella giacca. Fenner scopri i denti in un sorriso crudele e gli sparo tre volte nel ventre. I colpi parevano tre esplosioni, nella casa silenziosa. Il cubano trattenne il fiato in un rantolo e si piego su se stesso, cadendo. Fenner balzo in avanti, lo tolse di mezzo, spostandolo, e si precipito giu per le scale come se stesse tuffandosi in una piscina.
Il cubano piu basso non ebbe il tempo di tagliare la corda. L'improvviso tuono della rivoltella lo aveva paralizzato sul posto, e sebbene la sua mano fosse inconsciamente scesa ai fianchi, non gli riusci di muovere un dito.
Gli ottantotto chili di Fenner gli piombarono addosso come una granata.
Caddero entrambi sul pavimento. Il cubano si era messo a urlare terrorizzato, vedendo qualche cosa precipitare su di lui, e poi si era trovato Fenner addosso.
Il volo sul pavimento fece girar la testa a Fenner, che per un istante rimase talmente intontito da restar immobile sopra il cubano. La rivoltella gli era sfuggita di mano e mentre lottava con le ginocchia, si rese vagamente conto di un acuto dolore al braccio.
Il cubano non si muoveva. Cautamente, Fenner si rialzo in piedi e lo mosse con il piede. La strana angolatura della testa del cubano gli rivelo cio che voleva sapere. Si era rotto l'osso del collo.
Si piego sulle ginocchia e gli frugo le tasche, ma non trovo niente.
Guardo dentro una valigia, ma era vuota. La puzza di sangue che impregnava la fodera confermo la sua ipotesi: stavano portando via il corpo a pezzi.
Raccolse la rivoltella e sali le scale con circospezione per dare un'occhiata all'altro cubano. Era morto stecchito anche lui. Stava raggomitolato in un angolo, la bocca tirata, i denti scoperti. Fenner penso che sembrava un cane rabbioso. Una frettolosa perquisizione non rivelo niente, e Fenner scese le scale di nuovo. Voleva squagliarsela al piu presto. Spense la luce nell'ingresso, apri la porta e usci nella notte.
Fuori, la macchina stava ancora aspettando. Non c'era nessuno dentro, ma Fenner la lascio li. Percorse la strada tenendosi in ombra, e solo quando ebbe raggiunto la folla di Fulton Street, si rilasso.