Connie aveva una cotonatura che le faceva una testa tre volte tanto. Portava un maglioncino rosa con collo a V che le fasciava un paio di tette adatte a una donna molto piu grossa e una gonna corta di maglina nera che invece sarebbe andata bene a una donna molto piu piccola.
Connie lavora con Vinnie da quando ha aperto l’agenzia. Ha tenuto duro tutto questo tempo perche, pur avendo ben poca pazienza, quando ci sono delle vere giornatacce si paga da sola una sorta di «indennita di guerra» prendendola dalla cassa per le piccole spese.
Raggrinzi il viso quando vide che avevo in mano una cartellina di documenti. «Non avrai intenzione di andare a cercare Eddie DeChooch, vero?»
«Spero che sia morto.»
Lula era spaparanzata nel divano in similpelle che era stato addossato al muro e serviva da vasca di contenimento per i tizi usciti su cauzione e i loro poveri parenti. Lula e il divano erano piu o meno della stessa tonalita di marrone, a eccezione dei capelli di Lula, quel giorno di un bel rosso ciliegia.
Mi sento sempre un po’ anemica quando sono accanto a Lula. Sono un’americana di terza generazione con antenati italo-ungheresi. Da mia madre ho preso la carnagione chiara, gli occhi azzurri e un buon metabolismo, grazie al quale posso mangiare la torta di compleanno e chiudere (quasi sempre) l’ultimo bottone dei miei Levi’s. Dalla famiglia paterna ho ereditato un cespuglio ingestibile di capelli castani e un debole per i gestacci. Se sono sola, con l’aiuto di una tonnellata di mascara e dieci centimetri di tacco, posso attirare un po’ d’attenzione. Ma accanto a Lula sembro invisibile.
«Ti darei una mano a trascinarlo di nuovo in galera» disse Lula. «Probabilmente ti farebbe comodo l’aiuto di una taglia forte come me. Peccato pero che non mi piacciano i morti. I morti mi fanno accapponare la pelle.»
«Be’, a dire il vero non so ancora se e morto» dissi.
«Per me va bene, allora» disse Lula. «Sono con te. Se e vivo ho l’occasione di prendere a calci in culo un poveraccio, se invece e morto… me la filo.»
Lula fa la dura a parole, ma la verita e che siamo tutte e due piuttosto imbranate quando si tratta di prendere veramente qualcuno a calci nel sedere. Nella sua vita precedente, Lula faceva la prostituta e ora si occupa dell’archivio di Vinnie. Lula era brava a battere quanto lo e ad archiviare… e non e che archivi poi cosi bene.
«Forse dovremmo indossare il giubbotto antiproiettile» dissi.
Lula prese la borsa dall’ultimo cassetto dell’archivio. «Tu fa’ come vuoi, io di certo non metto nessun giubbotto di kevlar. Non ne abbiamo uno grande abbastanza e comunque mi rovinerebbe il look.»
Io portavo un paio di jeans e una T-shirt e non avevo nessun look da rovinare, quindi presi un giubbotto antiproiettile dal ripostiglio.
«Aspetta un attimo» fece Lula quando fummo sul marciapiede «cos’e questa?»
«Ho comprato un’auto nuova.»
«Be’ accidenti, ragazza, bel colpo. Questa si che e una signora macchina.»
Era una Honda CR-V nera, e le rate per pagarla mi stavano uccidendo. Avevo dovuto scegliere tra mangiare e avere un look decente. Avevo rinunciato al look decente. Che diamine, tutto ha un prezzo, no?
«Dove siamo dirette?» chiese Lula, sistemandosi accanto a me. «Dove abita questo tizio?»
«Andiamo al Burg. Eddie DeChooch abita a tre isolati da casa dei miei.»
«Esce davvero con tua nonna?»
«L’ha incontrato due settimane fa a una veglia da Stiva, l’impresa di pompe funebri, dopodiche sono andati a mangiare una pizza insieme.»
«Pensi che abbiano fatto delle porcherie?»
Per poco non finii con l’auto sul marciapiede. «No! Che schifo!»
«Non si puo mai dire» disse Lula.
DeChooch abita in una piccola bifamiliare in mattoni. Angela Margucci, settantenne, e la madre nonagenaria vivono in una meta della casa, mentre DeChooch abita nell’altra. Parcheggiai davanti alla meta di DeChooch, e insieme a Lula ci dirigemmo alla porta principale. Io avevo il giubbotto antiproiettile mentre Lula indossava una maglietta elasticizzata con stampa leopardata e dei pantacollant. Lula e una donna prosperosa e cerca sempre di mettere alla prova la resistenza della lycra.
«Vai avanti tu e vedi se e morto» disse Lula. «Se non e morto, fammi un fischio e io vengo a dargli un calcio in culo.»
«Certo, come no.»
«Uh» fece, sporgendo in fuori il labbro inferiore. «Pensi che non riuscirei a prenderlo a calci in culo?»
«Sara meglio che rimani a lato della porta» suggerii. «Non si sa mai.»
«Buona idea» disse Lula, facendosi da parte. «Non ho paura di niente, ma mi dispiacerebbe proprio se mi si macchiasse di sangue la maglietta.»
Suonai il campanello e rimasi in attesa di risposta. Suonai un’altra volta. «Signor DeChooch?» gridai.
Angela Margucci fece capolino dalla porta di casa sua. Era piu bassa di me di una quindicina di centimetri, con i capelli bianchi e un’ossatura da uccellino, una sigaretta ficcata tra le labbra sottili e occhi semichiusi per il fumo e l’eta. «Cos’e tutto questo chiasso?»
«Sto cercando Eddie.»
Mi guardo piu da vicino e quando mi riconobbe sembro tornarle il buon umore. «Stephanie Plum. Santo cielo, non ti vedo da un bel po’. Si diceva che fossi stata messa incinta da quello sbirro, Joe Morelli.»
«Una malignita.»
«Che mi dice di DeChooch?» chiese Lula ad Angela. «Si e visto in giro?»
«E a casa sua» rispose Angela. «Ormai non va piu da nessuna parte. E depresso. Non parla.»
«Non risponde alla porta.»
«Non risponde neanche al telefono. Entrate pure da sole. Non chiude la porta a chiave. Dice che aspetta che qualcuno venga a sparargli e a dargli il colpo di grazia.»
«Be’, non siamo quel qualcuno» commento Lula. «E anche vero che se fosse disposto a pagare potrei conoscere qualcuno che…»
Aprii con cautela la porta di casa di Eddie ed entrai nell’atrio. «Signor DeChooch?»
«Andate via.»
La voce proveniva dal soggiorno sulla mia destra. Le tende erano tirate e la stanza era buia. Strizzai gli occhi in direzione della voce.
«Sono Stephanie Plum, signor DeChooch. Non si e presentato in tribunale. Vinnie e preoccupato per lei.»
«Non ci vado in tribunale» rispose DeChooch. «Non vado da nessuna parte.»
Feci qualche altro passo avanti nella stanza e vidi che era seduto su una sedia in un angolo. Era un ometto asciutto con i capelli bianchi e arruffati. Indossava una maglietta intima, un paio di boxer e calzini neri con scarpe nere.
«Perche ha su le scarpe?» chiese Lula.
DeChooch guardo giu. «Sentivo freddo ai piedi.»
«Che ne dice di finire di vestirsi e poi la accompagniamo a fissare un’altra udienza?» dissi.
«Cos’e, sei sorda? Ti ho detto che non vado da nessuna parte. Guardami. Sono in depressione.»
«Forse e in depressione perche non ha addosso i pantaloni» disse Lula. «Io mi sentirei di sicuro meglio se non fossi costretta a vedere il suo coso che le penzola dai boxer.»
«Voi non sapete un bel niente» disse DeChooch. «Non sapete come ci si sente a essere vecchi e a non poter fare piu niente.»
«Gia, non potrei proprio saperlo» rispose Lula.
Quello in cui Lula e io eravamo esperte, invece, era sentirsi giovani e fare tutto per il verso sbagliato. Lula e io non facevamo
«Cos’hai addosso?» mi chiese DeChooch. «Cristo, e un giubbotto antiproiettile? Adesso si che mi offendo, cazzo. E come dire che non sono abbastanza bravo da spararti in testa.»
«Ha solo pensato che visto che lei ha fatto fuori quell’asse da stiro, magari non sarebbe stata una cattiva idea prendere qualche precauzione in piu» disse Lula.
«L’asse da stiro! Non si parla che di questo. Uno fa uno sbaglio ed ecco che tutti sanno solo parlare di questo.» Scaccio quel pensiero con la mano. «Al diavolo, chi voglio prendere in giro. Sono un uomo finito. Sapete